Teofilo ricordava le esperienze passate nelle quali aveva maturato la sua estetica artistica. Mentre scriveva ricordava il suono dei binari del treno che innumerevoli volte lo avevano accompagnato per i rioni di Roma. La sua memoria era come l’obiettivo di una macchina da presa che ritornava indietro nel tempo per filmare i personaggi con i quali aveva girato dei film. Si ritrovava nei giardini di Piazza Vittorio dove stava realizzando assieme al regista Peter Del Monte (ricordiamo tra i suoi film più noti “Compagna di viaggio” e “La ballata dei lavavetri”) un cortometraggio “Sguardi sulla i”, in cui la cinepresa riprendeva scene di ordinaria quotidianità della piazza: uomini che giocavano in bische clandestine, cinesi intenti a fare tai chi, badanti che fumavano e conversavano fra di loro, bambini che giocavano dentro alle pozzanghere. Poi la macchina da presa si era soffermata su un incontro magico e misterioso. Una ragazza down che incrociava il suo sguardo con una ragazza araba coperta da un velo. Tra le due era nata un’amicizia. La diversità non è qualcosa che divide ma unisce e abbatte qualsiasi tipo di barriera. Teofilo stava imparando tante cose sui valori dell’interculturalità e li stava fissando all’interno delle inquadrature. Sguardi sulle inquadrature che non erano più statiche ma dinamiche e ricche di verità.
Teofilo ed Enzo seguivano Monica che li portava nel cuore della periferia di Corviale. Erano saliti sull’autobus che li portava lungo la Circonvallazione Aurelia. La vista di campagne amene si alternava a spazi urbani e casermoni di svariato tipo. Solenni architetture di chiese si alternavano a forme di lego banale. L’autobus attraversava le zone di Villa Carpegna, Torre Rossa, Poggio Verde e via del Fontanile Arenato. Quest’ultima zona portava Teofilo a ricordare tanti luoghi di periferie senza nome dove era stato, come una fermata sperduta nei pressi di Monte Mario. L’autobus viaggiava lento e pacato sobbalzando ogni tanto sulle buche che costellavano le strade della periferia romana. Prima di arrivare al caratteristico serpentone di Corviale l’attenzione di Teofilo si era soffermata su di una carcassa edilizia isolata in mezzo alla campagna. Una giungla di alveari di cemento dalla quale spuntavano spirali vorticose di ferro arruginito che toccavano il cielo. Il suo sguardo vagava in quegli spazi desolati e tristi. Vicino alla finestra di una di queste palazzine un writer aveva scritto in caratteri neri e sfocati un paio di parole che esprimevano bene lo stato di perenne abbandono e degrado di quel luogo: “SOLO SOLETTO”. Teofilo non si lasciava sconfortare da quella scritta. Il suo sguardo incontrò quello di Monica che nei suoi occhi aveva una luccicanza molto potente. L’artista energetica portò Teofilo a scoprire un altro luogo di quella periferia: “Il Mitreo di Iside di Corviale”. Il cemento non era più freddo e senz’anima. Era un materiale caldo illuminato dalla fede e dal calore della sua arte.
E fu così che i nostri tre personaggi ritornarono sulla scena. Teofilo lo scrittore nomade, Enzo il cantastorie e Monica si muovevano in uno spazio periferico vuoto. Vagavano alla ricerca di saggezza e di spiritualità. Monica l’artista energetica guidava i due uomini verso la conoscenza della periferia. Un sapere che proviene dalla semplicità e dalla povertà. Monica trasformava il vuoto che c’era intorno a loro in un centro per le arti “Il Mitreo di Iside di Corviale”. Un polmone pulsante di cultura e di spiritualità che avvolgeva i tre personaggi in un’aura densa di amore. Il serpentone dei palazzi di Corviale non era più un edificio freddo e inospitale ma un luogo ameno e gioioso dove l’arte poteva germinare in tutte le sue forme. I tre personaggi guardavano con ammirazione il colore che prendeva vita sulla superficie del foglio di carta. L’arte era una sinfonia musicale che portava pace ed armonia nei loro cuori. Ero contento di vedere i miei personaggi che si perdevano nella spiritualità e nella gioia dell’arte. Ero diventato io stesso un cantastorie e iniziai a narrare la mia esperienza della mostra del decennale del Mitreo di Iside di Corviale.
Arte contemporanea spiritualità e artisti emergenti
Compito del curatore d’arte è anche quello di portare avanti gli artisti emergenti per sviluppare al meglio le loro pontezialità e la loro spiritualità. Rigenerare la periferia attraverso la luce dell’arte. La mostra d’arte è un percorso, una grande esperienza, una via nella quale artisti di ogni genere si relazionano fra loro. Il curatore deve essere un pedagogo degli artisti e portarli verso un’armonica cooperazione collettiva. Una buona collaborazione fra artisti porta allo sviluppo di uno spazio museale più ameno ed inclusivo per gli spettatori. L’arte si nutre di relazioni ed esse sono le scintille, le schegge che generano l’estetica artistica. Ogni genere artistico entrando in rapporto con gli altri stili e forme d’arte è portatore di cambiamento e innovazione. Lo spazio del museo quindi non è più statico ma dinamico, in continua metamorfosi, in continuo work in progress. Anche il quadro, la scultura, l’installazione si trasformano all’interno dello spazio. Invitano lo spettatore a riflettere, a pensare, a meditare, a conoscere se stesso e gli altri. L’arte è viva ricca di vitalità e natura. Nel 2017 ho realizzato la mostra per il decennale del Mitreo di Iside di Corviale (2007-2017). Questo percorso artistico da me creato in collaborazione con l’artista e direttrice Monica Melani si snoda fra vari stili artistici e porta lo spettatore ad interrogarsi sul valore di una periferia. Che cos’è una periferia? Solo degrado, povertà, malavita e abbandono? Gli artisti e la gente comune, con la loro sensibilità e umanità ci fanno capire che non possiamo giudicare un luogo solo per ciò che apparentemente sembra, ma dobbiamo entrare dentro l’anima, dentro il cuore e la spiritualità di un quartiere che vuole crescere e cambiare davvero. Allora capiamo che la periferia è spazio di creatività e ingegno. Crogiolo di arti e culture. Spazio nel quale l’arte trova il suo riscatto nelle difficoltà e nella crisi. Gli artisti emergenti ci insegnano tutto questo. Non è solamente un’arte “bella”, ma un’arte che vuole cambiare le cose. Un’arte che ci porta a scoprire la bellezza di un quartiere che ama lo sport, la natura, i sentimenti. Un’energia spirituale che ci porta a scoprire i misteri della materia che ci circonda, una materia spesso nascosta, invisibile ai nostri occhi.

Pittura e architettura si fondono armonicamente nell’opera pittorica “Casa Batlò”(2017), di Alder. In essa notiamo come le forme architettoniche influenzino la creatività poetica e artistica o il benessere quotidiano di chi le vive. Un buon abitare è un bel vedere. In tutto questo il colore diventa determinante perché valorizza la casa, il luogo della nostra vita, dove abitiamo. Il colore crea armonia dentro il nostro essere e negli altri. La ricerca dell’artista è un omaggio alla “Casa Batlò” di Gaudì. L’opera è realizzata miscelando forme tridimensionali, finti mosaici, cristalli, ossidi, acrilici e terre, in un gioco di interscambio tra la parte dipinta e quella in rilievo.

L’opera di Wanda Bettozzi “Verso la luce”(olio su tela), è di profonda spiritualità. La luce è vita, speranza, luce divina. La tela si trasforma in un tripudio di luci e di colori. Un gioco variopinto di colori che ci fa capire quanto la natura che ci circonda sia ricca e varia. L’uomo e la natura sono indissolubilmente legati.
Andrea Bevilacqua nel suo collage di fotografie analogiche e digitali riprende la vitalità e il dinamismo della pittura e dei fotomontaggi futuristi, dadaisti. Gli oggetti, le parole, le immagini hanno sembianze umane, hanno vita propria. Tutto si trasforma e si decostruisce nella velocità e nella mutevolezza della società moderna. L’artista ravviva e rende omaggio alle Avanguardie degli anni 20 che continuano a persistere anche nella post-modernità.

Tommaso Cenci in “Passato, Presente, Futuro”, opera in ceramica, metallo, legno, viti, (2017), rappresenta tre simboli primordiali che escono dal profondo della coscienza collettiva, narrando il più grande dei mostri: “Il tempo”. Il tempo è un tiranno ma bisogna anche saperlo accettare.

Giusy Di Bilio con “La luce della vita”, rappresenta il suo mondo spirituale, esprimendo un’atmosfera suggestiva dove tutto sembra vibrare per una segreta commozione ed un dinamismo interiore. Una pittura che celebra l’intensità dei sentimenti e la gioia di vivere. Dai mosaici agli acquerelli, dagli acrilici agli smalti, dagli oli su tela alle lastre di metallo, la sua estetica artistica è molto variegata. Fiori, paesaggi, figure, animali, nature morte, hanno tutto il sapore delle accumulazioni inconsce. Nella pittura di paesaggio l’artista sa cogliere in profondità il valore mistico che lega l’uomo ai ritmi vitali del cosmo. È la natura la vera protagonista. Gli alberi con le loro maestose architetture, con le loro cupole di rami, i loro tronchi sembrano delle cattedrali naturali. Simboleggiano esseri straordinari, conciliatori del cielo e della terra, dall’interno e dall’esterno. Una pittura che in maniera semplice e pacata va alla scoperta dell’anima delle cose e dell’essenza più intima della realtà.

Lidia Di Donato nel ritratto che rappresenta il viso di un nero evoca vari significati. Da una parte gli occhi pieni di speranza ci vogliono far capire che un mondo più unito è possibile e dall’altra la sofferenza dei migranti. Un popolo che scappa dalle continue atrocità delle guerre, l’ansia, la speranza di raggiungere nuove terre dove poter iniziare una nuova vita. L’artista riesce a rappresentare l’anima di questa persona, le sue sofferenze, le sue speranze. È la geografia di un volto dalla forte carica espressiva.

Gabriella Di Trani nella sua arte riprende tematiche psico-sociali. Ha seguito un percorso artistico all’interno dell’Ospedale Santa Maria della Pietà. Per capire meglio l’estetica artistica di Gabriella Di Trani riprendo la descrizione che il critico Carlo Emilio Villa fa nel catalogo “Il Beato Creatore”: “L’artista è un occhio che scava e fruga nei magazzini strapieni e sciatti di emblemi ingenui aggrumante svago neofreudiano (Junghiano, più), squarcio a revisione istintiva di un modello morbido di ambiente di repressività fatto di amuleti, strumenti abbandonati, di allusioni e illusioni alchemiche, di schemi standard, di allusioni genocide, di assurdità e sordità culturali deposte nel loro deposito. Cerca di mettere in evidenza i contrasti, le discrepanze del nostro quotidiano vivere, entrare nelle cose, con un richiamo ai simboli del tempo e alle sue componenti allegoriche, lungo un filo di teatralità dove non ha perso di vista l’indicazione della pop art che certo, qui, diviene “altro”. Sono segni, segnali, suoni, richiami, giochi da eroi da fumetto che attraversano il vivere amalgamandosi a ricordi, fregi, scritture, frazioni di storia dell’arte in un tempo che scorre come su un nastro, un tempo senza spessore dove tutto è sempre qui ed ora”.

Nella pittura di Franco Durelli, i suoi “Graffi(A)ti”, sono opere nelle quali vi sono punti di relazione con la profondità togliendo materia in superficie. L’artista realizza degli artifici paesaggistici giocando sulla sottrazione. Franco Durelli dipinge sui muri della nostra quotidianità per farci riflettere sulle problematiche sociali, per insegnarci ad amare la vita. I muri non sono dei limiti invalicabili ma spazi di meditazione e di partecipazione attiva. L’essere umano può ancora intervenire nella realtà per cambiarla.

In Giovanna Ferraro l’opera “Nilo”, olio su iuta (2016), la tela dipinta diventa una sorta di simulacro della persona rappresentata. La persona diventa una proprietà, un oggetto. L’essere umano, la vita altrui perdono valore. Lo si sente ormai troppo spesso nei fatti di cronaca quotidiani. Il quadro mira a denunciare il potere che certe persone pensano di avere sugli altri esseri umani.
Nelle composizioni di Nora Ficcadenti si coglie abilità pittorica e carica intellettuale. Con la sua arte dinamica e cromie bene amalgamate e il segno sicuro, crea sulla tela opere complesse espressive, intrise di una poetica surreale. Pittrice dai colori brillanti e pennellate voluminose, mostra nelle sue opere che sono fuori dalla tradizione accademica, una sensibilità romantica imbrigliata ad una fantasia fervida e creativa.

Marco Fratarcangeli dipinge paesaggi e temi floreali. Dal 2000 ha cominciato una ricerca materica, che nel corso del tempo lo ha portato ad analizzare l’introspezione dei sentimenti e degli stati d’animo ricercando il concetto esprimibile attraverso segni, forme e colori. Nell’opera “Transito Orientale”, acrilico su tela (2017) rappresenta il seguente concetto, pensiero: “Asettico percorso di dilagante indirizzo, liscio nello scorrere e lento nel raggiungere. A vittoria dell’unica ricercata fine, la necessaria, dovuta, attesa e misteriosa via che, attraverso oscuro, presente e determinato incontro, conduce ad illuminazione indirizzante.

Marco Giacobbe in “Noi due”, acrilico su tela (2017), rappresenta il rapporto uomo-doppio. “Liberarsi dal doppio sarà sempre più difficile quanto necessario”.

Francu Emil Alexandru, è un artista che vuole riscattare attraverso l’arte, il disegno, la sua adolescenza segnata in maniera pesante dal grigiore di una Romania comunista e post-comunista. Non sceglie mai il tema dei suoi disegni, parte da un’immagine, un’idea, o semplicemente si lascia andare abbandonando l’idea per mesi, per poi riprenderla e finirla in una notte. “How the Gods Ill”, parla del nostro avvelenamento quotidiano, di come siamo condizionati dalle nostre paure indotte. Il veleno più potente è quello che rilasciamo noi stessi nel nostro subconscio braccati da stimoli esterni da minacce e lusinghe ingannevoli.
Francesco Guidoni, con la “Vela di Caronte” (2016) riprende in modo personale una tematica dantesca.

Daniela Iacobelli con “Angelicità”, olio su tela, vuole raffigurare la qualità attraverso cui è possibile affacciarsi ai piani sottili e contemplare la nostra controparte angelica che si muove nella luce. Secondo Rudolf Steiner , l’angelo non ha uno spirito individuale come l’uomo, è parte dell’uomo, è il suo io superiore. Rimane esterno all’uomo sino a che questi non riesce a identificarsi con il proprio spirito.

Alessandro Iacopelli è un artista appassionato di entomologia, ramo della zoologia che si occupa degli insetti. Le sue opere “Macroair” traggono ispirazione proprio dall’osservazione di questi (macro-fotografia degli insetti). Le sue sculture in metallo, molto leggere e sinuose, rappresentano questa branca del mondo animale che è nascosta ai nostri occhi.

Fiona Liberatore con l’opera “Candy Portrait of Freddy”, rende omaggio al mitico leader dei Queen Freddy Mercury. Il dipinto emana la magia della sua musica e la forza della sua poesia.

Monica Melani nella sua opera, nella pittura energetica ci porta a scoprire il mondo invisibile della materia. Non è facile scoprire i suoi segreti. La sua pittura sensoriale, porta a scoprire le vibrazioni, i movimenti della materia in relazione a quello che prova l’essere umano. L’uomo è una cosa che sente (cit. Mario Perniola) e da quello che prova, dai suoi sentimenti e stati d’animo, la materia disegna la memoria collettiva. Sono tante le significazioni, le figurazioni che emergono da tale memoria: la riproduzione, gli indiani, la condizione della donna (la sua bellezza ma anche la sua denigrazione), la pace e l’armonia con la natura. È la stessa natura che attraverso i colori e le forme porta l’essere umano a conoscere se stesso. Il nostro pensiero, le sue frequenze, emozioni, e l’energia dei nostri chakras si sintonizzano con quelle del colore. Ognuno di noi è un unico e irripetibile artista della natura, con le sue potenzialità ed energie creative. La pittura energetica non conosce generi, classificazioni, differenze sociali, privilegi. Tutti siamo uguali come la natura ci ha fatto. Una pittura interattiva nella quale possiamo vedere il modo in cui la natura ci parla. Essa ha una sua logica. L’acqua elemento intelligente, veicola la materia, la rende creativa, la rivitalizza, la porta verso una metamorfosi continua ed infinita. Il ciclo della vita di ogni cosa. Attraverso la tela dell’opera vediamo la materia nel suo continuo farsi e dis-farsi. Nel suo ultimo assemblaggio intitolato “Le forme del pensiero (2017), notiamo come l’artista evidenzi il procedimento mediante il quale il pensiero feconda il vuoto. Prima la materia è in uno stato indefinito, poi comincia a prendere forma e alla fine riusciamo a vedere la geometria, la matematica delle sue forme concrete e armoniose.

Silvia Sacchettoni in “Signora con cappello e boa di piume”, grafite e matite acquerellate su carta, omaggia Klimt con una pittura molto originale, elegante e raffinata.

Sabina Trasatti con l’opera “Siderea” (2015) fa incontrare la scultura in terracotta con la fotografia, creando mixaggi surreali in Digital Art. Il messaggio di “Siderea” è la pace, il distacco dalle cose terrene, l’armonia di una luna che ci sorveglia sonnecchiando.