Un elenco infinito e non esaustivo di severe patologie multiorgano che non lasciano scampo e che, pure a volerle considerare  singolarmente, a chiunque porterebbero via la voglia di continuare a lottare e forse anche la voglia di continuare a vivere, ma Carlo Calcagni non è “chiunque”.

Lui è uno che non si è mai lasciato affondare dalle mareggiate, nemmeno da quelle più violente che sferzano la barca per costringerla ad invertire la rotta.

Non è per caso che, in questo mondo di pescecani, abbia scelto di adottare il delfino, tra le onde di un mare agitato, quale simbolo perfetto del suo coraggio e dello spirito che anima lui ed il suo “MAI ARRENDERSI”.

Lui è “il Colonnello” del Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano ed è abituato ad impegnarsi sempre al massimo ed a non mollare, mai:

“Sono io il pilota della mia vita e sono io a decidere come viverla e cosa fare per lasciare una traccia indelebile della mia esistenza terrena. Ogni volta che faccio una scelta, mi impegno per fare del mio meglio! Questo è il miglior modo per essere d’esempio: se vuoi che qualcuno faccia qualcosa, inizia a farla tu per primo e dimostra a tutti come si fa”.

Ha imparato sin da piccolo a combattere su tutti i fronti, a resistere contro ogni nemico ed a rialzarsi dopo ogni caduta.

È riuscito a trasformare anche la fragilità in un punto di forza e della sua forte esperienza vuole farne dono prezioso per chiunque sia travolto da qualche tempesta.

Lui è la resilienza fatta persona, un uomo esemplare nel mondo militare, sportivo e civile.

Mai si piange addosso,  sebbene avrebbe validi motivi per farlo, ma preferisce valorizzare ogni singolo attimo del suo tempo, coltivare i suoi sogni ed inseguirli con determinazione anche quando sembra che siano sul punto di svanire nella fitta nebbia.

Lui, inesorabile alla sorte, vince comunque, nonostante tutto!

“Si può vincere senza salire sul podio”.

Sì, perché Calcagni vince ogni mattina appena si sveglia, quando si libera dalla maschera ermetica collegata al ventilatore polmonare che lo imprigiona per tutta la notte, mette i piedi giù dal letto e comincia la giornata nella stanza dei medicinali, con 7 iniezioni di immunoterapia per contrastare le  reazioni che potrebbe avere dalle 175 sostanze a cui è  diventato sensibile, soprattutto sostanze chimiche, odori, alimenti e farmaci.

Carlo vince quando, tra un pasto e l’altro, manda giù pugni amari di pillole, più di 300 nell’arco della giornata.

Vince quando, da solo a torso nudo dinanzi allo specchio, trova la concentrazione e la forza per bucare la carne del suo petto, con l’ago di Huber, indispensabile per l’infusione dei farmaci in vena.

Quattro/cinque ore di flebo ogni giorno, tutti i giorni.

E poi ancora: un’ora di camera iperbarica, terapia a raggi infrarossi e tanto altro.

C’è anche il ricovero ogni tre/quattro mesi presso il Breakspear Medical, centro di Altissima Specializzazione in Inghilterra e la plasmaferesi settimanale nel reparto di Nefrologia dell’ospedale di Brindisi, dove trascorrere sette/otto lunghe ore in cui il sangue circola fuori dal suo corpo e, nei tubicini, passa attraverso il filtro di una macchina che elimina plasma e tossine.

Con questa terapia, molto invasiva e debilitante, si tenta di rallentare la grave polineuropatia cronica, degenerativa ed irreversibile, con parkinsonismo.

Vince ogni giorno Carlo grazie allo Sport, che è da sempre un valido alleato.

“Pratico sport da oltre 50 anni! Ho iniziato per gioco all’età di 3 anni e fino all’età di 18 anni ho praticato judo, poi ho scoperto la mia passione per le due ruote ed in sella alla mia bici ho vinto davvero tanto. Mi chiamavano “il fuggitivo” perché era mia abitudine staccare il gruppo subito dopo la partenza ed affrontare lunghissime fughe in solitaria. Ho guadagnato la vittoria in tutte le gran GranFondo più prestigiose, tanto da suscitare l’interesse di alcune squadre di professionisti che, ad un certo punto, mi proposero il grande salto. Ma io ero un militare convinto, un paracadutista, pilota di elicotteri ed istruttore di volo che amava tanto gareggiare in bicicletta, ma dinanzi a proposte sportive così allettanti, non ho voluto dare le spalle ai miei fermi ideali: indossare la divisa, servire la Patria, pilotare elicotteri, donarmi agli altri senza mai nulla chiedere”. 

Carlo è un vero grande Campione nel ciclismo ed in qualunque disciplina sportiva decida di mettersi in gioco, ma è  soprattutto un Campione di vita.

Una sua maglia è esposta nel museo della Madonna del Ghisallo, il tempio sacro del ciclismo, accanto ad altri grandi nomi:

https://incodaalgruppo.gazzetta.it/2019/09/21/calcagni-al-museo-del-ghisallo-tra-i-grandi-campioni-di-tutti-i-tempi/

Ogni angolo della sua casa espone trofei e medaglie che raccontano di tante vittorie ed entusiasmanti gare definite dalla stampa sportiva “imprese d’altri tempi del leccese Carlo Calcagni, il pilota di elicotteri che vola anche in bicicletta”. 

“Rinunciai alla professione ciclistica per restare nell’Esercito che ho sempre sentito come la mia grande famiglia, ma continuai a dedicarmi alla bicicletta sacrificando tutto il tempo libero. Talvolta mi spostavo in bici da Pontecagnano fin giù a Guagnano dai miei genitori (320 km). Oggi la bicicletta è diventata la mia macchina di salvezza. Dopo la missione in Bosnia del 1996. All’inizio della malattia,  a causa delle mie condizioni di salute, i medici italiani che mi curavano, mi vietarono l’attività fisica. Ma il lavoro dell’’equipe medica inglese che ha effettuato molti studi sul mio caso con cui è stato dimostrato scientificamente, con dati clinici inequivocabili, come proprio grazie al ciclismo ed all’attività sportiva in generale, io possa contrastare e rallentare la degenerazione neuronale e vivere meglio. Si può vivere bene, nonostante una grave patologia cronica, degenerativa ed irreversibile”.

Lo sport come terapia.

Sembra quasi incredibile, ma è una verità formulata sull’osservazione obiettiva dei dati clinici e concreti.

“Il mio corpo è in costante sofferenza per la marcata ipossia. L’ossigenazione nei miei tessuti è esageratamente insufficiente. Spesso, a riposo, ho livelli di ossigeno nei tessuti solo al 13% a fronte di valori normali che, in un organismo sano, si attestano attorno al 99% per non dire 100%. Dopo circa 20 minuti di pedalata, senza ossigenazione artificiale, la mia saturazione aumenta.  Dal 13% arriva anche al 40%. Ma con l’ausilio del concentratore di ossigeno, riesce addirittura a salire fino all’80%. È un valore lontano da quelli normali che, però, il mio corpo non tarda a percepire sotto forma di energia e benessere psicofisico. Per questo dico che i farmaci mi aiutano a sopravvivere, ma la bicicletta mi consente ancora di vivere veramente. L’attività sportiva è, senza alcun dubbio, la via più naturale ed efficace per aumentare la quantità di ossigeno presente nelle cellule del mio corpo, purtroppo avvelenate dalle polveri sottili respirate in Bosnia”. 

Quella attualmente utilizzata su strada da Carlo Calcagni è una bicicletta da corsa con tre ruote, necessaria ad evitare rovinose cadute a causa della perdita di equilibrio, una bicicletta “speciale” che lui chiama “TRICICLO VOLANTE”.

Il triciclo volante serve non tanto per trasportare l’erogatore di ossigeno portatile, quanto per assicurare stabilità ed equilibrio durante la pedalata, per via del deficit neurologico e dei tremori, propri della polineuropatia con sclerosi e Parkinson.

Durante le uscite su strada, Carlo deve essere accompagnato da qualcuno dei suoi amici e colleghi, quasi sempre atleti del Team Calcagni.

A volte c’è anche suo figlio Andrea, e comunque non è prudente che sia da solo perché ogni imprevisto potrebbe anche essergli fatale ed è per questo che Carlo tiene sempre con sé una siringa di adrenalina per evitare uno shok anafilattico, sempre in agguato e potenzialmente letale.

Talvolta rientra con la febbre alta, perciò la maggior parte dei suoi allenamenti quotidiani preferisce svolgerli a casa, sui rulli tecnologici, un rullo speciale “JARVIS” di MagneticDays, che lui porta con sé ovunque, grazie alle ridotte dimensioni ed al peso veramente molto contenuto, addirittura inferiore ai 10 kg.

“Cerco di sfruttare al meglio il tempo a disposizione, per star bene e poter essere ancora utile agli altri. Lo sport mi fa stare meglio, quasi mi restituisce le energie che avevo prima di ammalarmi ed alleggerisce il peso emotivo della mia condizione”.

Ogni sportivo sa che affrontare quotidiani allenamenti in solitudine, tra le mura di casa, richiede una forza mentale fuori dal comune.

Carlo è l’esempio di quella forza superiore che oltrepassa i confini della sfida e dell’allenamento fine a sé stesso, per trasformare la passione sportiva nella migliore medicina per il corpo e per la mente.

Per lui lo sport è vera fonte di benessere fisico e fonte motivazionale dalla quale attingere speranza per il futuro, con nuovi progetti e nuovi obiettivi per i quali valga la pena (R)ESISTERE e continuare a lottare.

“Senza obiettivi non potrei sopportare il peso indescrivibile della malattia. Il dolore si combatte anche con l’arma dell’impegno costante, per distrarre la mente, rivolgendo l’attenzione alle cose belle che la vita ci riserva, sempre e comunque. Se dai il massimo in ogni istante, i risultati arrivano e con quelli, anche la gioia, la soddisfazione, l’autostima. Il lockdown ci ha costretto all’isolamento, ma grazie all’amore per lo sport e la volontà di vivere le nostre passioni, usando le moderne tecnologie, è stato possibile partecipare a gare con avversari in qualunque parte del mondo, pur restando nella propria casa. Sin dall’inizio della pandemia ho preso parte a diverse gare virtuali, per allenarmi in compagnia e misurare la mia forma fisica. Sono sempre il più forte della mia categoria e molto spesso ho vinto anche contro gli atleti che vengono definiti “NORMODOTATI”. Atleta paralimpico o normodotato?! Una delle tante discriminazioni che dobbiamo subire, ma credo che non dovrebbe esserci differenza, per me esiste l’ATLETA ed io lo dimostro in ogni occasione”.

Carlo Calcagni è il primo atleta paralimpico al mondo che, ha fatto ingresso nella “HALL OF FAME DELL’EVERESTING 10K”, la stanza virtuale della gloria in cui il suo nome è stato iscritto di diritto dopo aver scalato un dislivello di 10 mila metri, percorrendo 297 km nel tempo di 11 ore e 21 minuti, in occasione della festa del 2 giugno, con l’intento, nobile e solidale, di onorare tutte le vittime del dovere di ogni luogo ed ogni tempo

https://incodaalgruppo.gazzetta.it/2020/06/08/calcagni-primo-paralimpico-al-mondo-nella-hall-of-fame-di-everesting/

L’EVERESTING di Carlo ha senza dubbio valore almeno doppio per il suo critico stato di salute.

“I limiti, a causa della malattia, attraversano il mio corpo ma non lo fermano perché la mia forza fisica ha degli alleati inseparabili ed eccezionali:  la FORZA MENTALE, un  FERREO CARATTERE, la RESILIENZA, la RESISTENZA e L’AMORE PER LA VITA”.

L’EVERESTING è una SFIDA senza MEDAGLIE e senza TROFEI: chi riesce nell’impresa sportiva è iscritto in un elenco speciale dove è possibile consultare anche tutti i dati della prestazione.

La “HALL of FAME” è l’OLIMPO per coloro che si distinguono proprio per non essersi arresi.

Carlo Calcagni è un uomo che non smetterà, mai, di cercare i confini dell’impossibile per superarli, sempre al grido del suo “MAI ARRENDERSI”.

Ogni TRAGUARDO raggiunto, per Carlo, non è, mai, un punto d’ARRIVO, ma un nuovo punto di PARTENZA per nuove ed entusiasmanti SFIDE!

Non solo nel ciclismo ha fatto grandi cose, perché Carlo Calcagni che va decisamente forte anche nel canottaggio, ha lasciato il segno entrando nella storia con 2 record del mondo.

Al British Rowing Indoor Championship, il campionato europeo organizzato dalla Federazione di canottaggio inglese, al quale hanno partecipato 2413 atleti in rappresentanza di 41 nazioni, Carlo Calcagni ha conquistato ben 3 medaglie d’oro e 3 titoli di Campione Europeo.

Nella giornata conclusiva  ha stabilito il nuovo record del mondo nella gara 4 minuti, percorrendo la distanza di 1179 metri, superando di 10 metri il  precedente record e il nuovo record del mondo nella gara sprint di 1 minuto, percorrendo 339 metri.

Fatica, dolore, sofferenza, per Carlo non contano, come non contano gli ostacoli da affrontare per realizzare un sogno.

Non contano nemmeno le assurde ESCLUSIONI e l’indifferenza delle Istituzioni italiane che non vogliono ammettere le proprie responsabilità e prendere pubblicamente atto di quanto è successo nei Balcani a tantissimi servitori dello Stato, dei quali “il Colonnello” è testimonianza vivente.

Carlo Calcagni sogna le paralimpiadi di Parigi 2024 ed è un desiderio più che legittimo per un grande atleta che, a 55 anni, con una storia importante ed una condizione clinica severa, merita davvero la grande occasione.

È proprio la costante ricerca di SFIDE che lo aiuta a restare in piedi per continuare a segnare una traccia indelebile della sua esistenza, abbracciando e diffondendo il messaggio dell’importanza dei valori della diversità e della tolleranza.

L’esaltazione e la valorizzazione dell’unicità della persona umana, attraverso lo strumento inclusivo dello sport, è il più bel messaggio che si possa veicolare e diffondere, poiché permette di abbattere le barriere ed i limiti, che sono solo mentali, e può dare a tutti la possibilità di esprimere appieno le proprie potenzialità.

“Inclusione, solidarietà, limiti da superare, sfide costanti e unione d’intenti, perché insieme possiamo farcela: UNITI si VINCE sempre. Ogni giorno, una nuova alba rinnova quel dono meraviglioso che è la vita che tutti noi abbiamo ricevuto alla nascita e che abbiamo il diritto/dovere di vivere, fino in fondo, sempre e comunque. Il Signore Dio mi concede ancora tempo da vivere ed il miglior modo per valorizzarlo è donarmi agli altri senza nulla chiedere in cambio, un’occasione unica ed irripetibile per lasciare impronte indelebili del mio cammino. Ogni evento a cui partecipo è l’opportunità di testimoniare, da protagonista attivo e partecipe, l’importanza dell’inclusione nello sport. Ecco, essere testimone credibile di quello che quotidianamente professo è per me di vitale importanza. Ogni incontro diventa occasione per sostenere, incoraggiare, supportare, motivare chi vive situazioni difficili, fatte di piccole grandi sfide quotidiane, così come di limiti e privazioni costanti. Mi piace pensare, come in tanti mi definiscono, di poter essere davvero un faro che illumina le notti buie e tempestose, che può indicare la rotta nel mare tempestoso e in burrasca della vita. Essere d’esempio agli altri mi rende orgoglioso e dà un senso pieno e vero alle mie giornate. Lasciare segni indelebili del nostro passaggio sulla terra dovrebbe essere il vero senso della vita di ognuno di noi. Vorrei che tutti possano trovare ispirazione e motivazione, trarre forza e linfa vitale dall’esempio di chi come me combatte ogni giorno contro la malattia, senza Arrendersi, Mai. E’ emozionante andare tra la gente, a professare il mio credo, il mio motto, che è poi uno stile di vita. “Mai Arrendersi”, perché l’alba di un nuovo giorno è sempre e comunque un dono, inestimabile e la vita è degna di essere vissuta, valorizzandone ogni istante. Donare e donarsi agli altri senza nulla chiedere”.

Per vivere, Carlo ha bisogno di correre, di dare fiato a polmoni stanchi e musica ad un cuore malconcio; ha necessità di scaldare le gambe al ritmo di pedivelle che girano e veloci lo accompagnano a respirare lungo le strade del Salento, verso il mare, solo con i suoi pensieri, o con gli amici del Team Calcagni al suo fianco. Il team ha sostituito i compagni d’armi: una squadra che non lascia indietro nessuno, come si impara quando si diventa paracadutista della Folgore.

Una squadra che ha saputo trovare lo spazio per la disabilità al fianco della normalità, che ha potuto riconoscere un posto ai ragazzi che si affacciano a questa disciplina.

“Nel Team Calcagni si sperimenta la rilevante importanza della costruzione di un “NOI” inclusivo, accogliente, integrante, nel calore di una unità che arricchisce interiormente, e non nella freddezza di un “LORO” distante, che isterilisce gli animi”.

SEMPRE, all’insegna del MAI ARRENDERSI.

“Cosa ne sanno delle mie giornate?! Cosa ne sanno della luce che filtra dalle tende al mattino con la speranza di un giorno finalmente carico di promesse?! Cosa ne sanno delle notti di interminabili fatte di ore che camminano lente su un orologio immobile e crudele?! Cosa ne sanno del sapore del caffè mischiato a centinaia di compresse colorate di polveri amare?! Cosa ne sanno delle vene che chiedono tregua e pietà mentre si rifiutano di accogliere nuovi aghi e siringhe?! Cosa ne sanno delle corse contro il tempo per darsi un tempo da dedicare alle uniche cure che consentono di sopravvivere?! Cosa ne sanno delle lotte contro una setticemia che improvvisamente arriva e potrebbe spazzarti via?! Cosa ne sanno della volontà che impera, nonostante tutto?! Cosa ne sanno loro dell’onore e dell’amor di Patria?! Cosa ne sanno di tutto quello che ho dovuto subire e che devo combattere ogni sacrosanto giorno?! Cosa ne sanno del mio dolore, dei miei silenzi, delle lacrime asciutte e della rabbia per le delusioni e per le ingiustizie subite?! Nessuno può immaginare com’è stata la mia VITA in tutti questi anni di sofferenza e quanto diventa insopportabile il peso dell’ingratitudine, dei sacrifici e dei silenzi interminabili che mi accompagnano, soprattutto la notte, quando il mondo si spegne ed i pensieri si accavallano l’un l’altro cercando di prendere il sopravvento. Il mio OBIETTIVO è (R)ESISTERE, superando, ancora una volta, le AVVERSITÀ e continuare a VIVERE, contro ogni giudizio avverso, a dispetto di chi vorrebbe vedere sconfitta la mia salda VOLONTÀ che urla anche sotto la cenere, per il bisogno di NON ARRENDERSI, MAI”.

Colonnello, la sua storia ha dell’incredibile e lei è una dimostrazione tangibile di come nulla, in realtà sia è mai perduto.

Impiegato nel 1996 come pilota elicotterista nei Balcani, si ammala a causa dei metalli pesanti presenti sul territorio.

Oggi, dopo quasi trent’anni da quei giorni, come conduce la sua vita?

“La mia vita, tutti i giorni che il Signore continua a donarmi, da 21 anni ad oggi, si può riassumere in un quotidiano ed instancabile “pedalare su un filo d’acciaio”. Come un acrobata, non senza fatica, tento di districarmi e di incasellare nelle mie giornate complicate e difficili tutto ciò che è indispensabile per la mia sopravvivenza. Vivo ogni giorno tra faticosa leggerezza, paziente agilità e sconfinato, nonché doloroso, amore della Vita. Il mio è un equilibrio instabile, intriso di precarietà, di sospensione tra la vita e la morte. Un equilibrio che coniuga terapie ed interventi, programmati o d’urgenza, con gli allenamenti quotidiani, per me vitali, con le numerose attività solidali e motivazionali, di sensibilizzazione e divulgazione presso le scuole e le comunità civili, laddove sia richiesta la mia presenza. L’amore incondizionato dei miei cari, che mi supportano e sostengono instancabilmente, l’immensa stima e la profonda gratitudine che mi infondono le persone comuni, le stesse che incontro negli eventi organizzati sul territorio nazionale – le mie medaglie più belle! – mi permettono di non lasciarmi abbattere dalle pesanti e massacranti terapie quotidiane. Nessuno può immaginare, neanche lontanamente, cosa io sia costretto a subire ogni giorno. Ciò accade senza dubbio perché i più si limitano, non posso certo fargliene una colpa, ad ammirare e ad apprezzare, passatemi il paragone, la carrozzeria di una vettura, che va come un bolide, ma il cui motore, per girare a mille, è costantemente sotto osservazione speciale”.

Carlo Calcagni oggi, atleta paralimpico che continua a mietere vittorie, in qualunque competizione, nazionale o internazionale in cui decida di gareggiare, così come Carlo Calcagni promotore instancabile di principi e valori profondi, che trovano sintesi nel “Mai Arrendersi”, non un motto, ma un vero e proprio stile di vita, è in realtà un paziente che esiste e (r)esiste, anche a dispetto delle evidenze cliniche, per alcuni versi inspiegabili a livello medico-scientifico.

“Sette iniezioni di immunoterapia appena sveglio, circa 300 compresse suddivise tra colazione, pranzo e cena, almeno 18 ore di ossigenoterapia, sauna ad infrarossi per almeno 60 minuti, camera iperbarica, ozonoterapia, terapia in vena che mi “lega” per almeno 4 ore alle flebo, come il “vincolo” del ventilatore polmonare durante la notte. A ciò si aggiungano le sedute di plasmaferesi settimanali, le frequenti improvvise setticemie, gli interventi chirurgici d’urgenza. Per non parlare dei periodici viaggi nel Regno Unito, presso il Breakspear Medical, centro ospedaliero in cui, dal 2010, è stato avviato un piano terapeutico che prevede un ricovero, ogni 3-4 mesi. Il Breakspear Medical è l’unica struttura di altissima specializzazione in Europa per la cura della MCS, la Sensibilità Chimica Multipla, da cui sono affetto. La già gravissima malattia multi-organo si è complicata, nel tempo, con l’insorgenza di altre gravi patologie, tra cui: cardiopatia diastolica ventricolare, fibrosi polmonare, demielinizzazione delle fibre nervose (soprattutto encefaliche) di tipo autoimmune, polineuropatia, atassia muscolare, fibromialgia e sindrome da affaticamento cronico, fino alla diagnosi di Sclerosi Multipla con Parkinson risalente all’anno 2015. Nel mio organismo sono stati trovati 28 metalli pesanti, dei quali è stata DIMOSTRATA la presenza, in quantità esageratamente superiore alla norma: Alluminio, Antimonio, Argento, Arsenico, Berillio, Cadmio, Cesio radioattivo, Cromo, Ferro, Manganese, Mercurio, Nichel, Oro, Palladio, Piombo, Platino, Rame, Rodio, Stagno, Stronzio, Tallio, Titanio, Torio, Tungsteno, Uranio radioattivo, Vanadio. Sono tutti metalli pesanti, tossici, tra cui due radioattivi: Cesio e Uranio. Valori impressionanti, anche 22 mila volte oltre i valori di riferimento. Da ciò si deduce come le mie giornate siano costantemente vincolate, dettate, scandite dalla mia particolarissima condizione clinica. Ma non si possono ignorare l’aspetto psicologico, la demotivazione o la demoralizzazione che ogni tanto mi assalgono, così come i pensieri che tormentano senza tregua le mie notti insonni. Sono un uomo, non un supereroe. Ci tengo a far emergere anche questo aspetto. Se davvero voglio essere d’esempio per tanti che soffrono e a fatica trovano la forza per andare avanti, giorno dopo giorno, devo ammettere le mie umane debolezze. Sono debolezze che si possono solo comprendere ed abbracciare, per apprezzare ancora di più la smisurata forza di volontà e l’infinito amore per la vita, che mi portano a rialzarmi dalle cadute e dai crolli psicologici. Nulla può fermarmi o arrestare il mio immenso amore per la vita! Le medicine mi permettono di sopravvivere, lo sport mi dà la forza e l’energia vitale per vivere. Il valore della disciplina attraversa ambiti della mia storia diversi, ma strettamente interconnessi: il lavoro nei campi, accanto a mio padre, lo studio delle arti marziali con il maestro Mimino, le scuole superiori ad indirizzo classico dai padri Scolopi al Calasanzio di Campi Salentina, e poi l’ingresso nel mondo militare, dove trovo il tempo di continuare la pratica sportiva quotidiana, colorandola del valor di Patria. La disciplina non si raggiunge: la si conquista e la si consolida nel tempo, con i sacrifici, le rinunce, materiali e, spesso, anche affettive. È importante comprendere il valore del sacrificio, che è il solo strumento capace di spianare la strada verso il successo, in qualunque campo. Sacrificio, dedizione, passione. Senza, è impensabile poter sperare di raggiungere obiettivi e traguardi. Bisogna essere capaci di andare oltre l’apparenza, per apprezzare la profonda essenza. Nulla mi è stato regalato o concesso come un beneficio. Tutto ciò che negli anni ho saputo costruire, anche reinventadomi dopo la diagnosi della malattia, è frutto dei sacrifici e del senso del dovere che ho respirato sin da piccolo tra le mura domestiche e che ho visto agire ogni giorno dai miei genitori. Vi faccio un esempio. Una danzatrice sa bene quale dolore e quante ferite riceverà da un paio di scarpette rosa a punta. Al tempo stesso, sa che la fatica si trasformerà in meravigliosa armonia. Così per me. Chi oggi mi ammira, deve fare lo sforzo di andare oltre e di guardare in profondità. Non può soffermare lo sguardo in superficie. Lo Sport, per me e per chi come me crede nel suo valore più profondo, è sacrificio, impegno, costanza, disciplina. La mia educazione alla disciplina è nata con me e mi ha accompagnato nelle varie fasi della vita. Il duro e solerte lavoro nei campi della terra salentina è stato palestra di vita e terreno fertile per coltivare quei valori autentici della determinazione, della tenacia, della resistenza, che poi hanno ispirato la mia vita e a cui ho continuato ad improntare le mie azioni, sia in ambito militare che sportivo. La vita nei campi, il mondo militare e quello sportivo sono una costante salita e la salita, al pari della vita, è fatica, è sudore. È il cuore che batte sempre più forte, il respiro che si accorcia e ansima, le gambe che si induriscono. La salita è tenacia, è voglia di farcela, è resistere. Dalle situazioni difficili si può trovare l’opportunità per vivere una grande vita, una vita in grande, nonostante tutto e tutti, con orgoglio e dignità, camminando sempre a testa alta, senza paure, senza compromessi. So con certezza che continuerò a vivere quotidianamente il mio tempo prezioso con la stessa consapevolezza di Charlie Chaplin: “È veramente bello battersi con persuasione, abbracciare la vita e vivere con passione. Perdere con classe e vincere osando, perché il mondo appartiene a chi osa! La vita è troppo bella per essere insignificante”. Lo Sport, ogni giorno, dà senso e significato alla mia Vita. Lo Sport è Vita. Fino all’ultimo respiro, continuerò a pedalare sulle ali del mio triciclo volante o a gareggiare nelle altre discipline, consapevole che non sia importante vincere, affermandomi sull’avversario, ma competere solo per superare sempre me stesso e i miei limiti. Lo sport è per me occasione di vivere quotidianamente nuove sfide, superare le paure, annientare i fantasmi, tentare di domare i pensieri negativi. Quando gareggio, con il vento tra i capelli sul triciclo o quando sento scorrere nelle vene l’adrenalina prima di una prestazione, sono vivo. Sono io, sono “normale”. Un atleta che, nonostante le evidenze mediche, dimentica per un attimo la sua condizione clinica e si sente al pari di chi gareggia al suo fianco. Pronto a testare la preparazione, ad acquisire consapevolezza delle reali condizioni fisiche. Gareggiare per me è sfidare, ogni giorno, il me stesso di ieri, in un’ottica di bilancio e di miglioramento continuo, al di là delle evidenze cliniche, che raccontano di una progressione della malattia. Lo Sport è poi, soprattutto, strumento di inclusione, di condivisione, di promozione dei valori di fratellanza, collaborazione, mutuo aiuto reciproco. Solo per citare temporalmente l’ultimo dei miei impegni internazionali, sono rientrato da poco dall’evento 7Days7Emirates. Per 7 giorni, ho avuto il privilegio e l’onore di attraversare gli Emirati Arabi, in compagnia di atleti e motivatori, uomini d’affari e personalità influenti a livello mondiale. Tutti insieme, accomunati da un unico grande desiderio ed obiettivo: diffondere gli ideali di inclusione ed unità nelle scuole, nelle Università, nella società, attraverso incontri pubblici che hanno profondamente emozionato tutti i presenti. Da ogni evento, da ogni iniziativa, io traggo sempre insegnamenti importanti che diventano per me linfa vitale. Miglioro gradualmente me stesso e donando gratuitamente me stesso e il mio tempo al prossimo, mi arricchisco sempre di più. La mia forza è tutta qui. Mi sento utile, ancora. Torno a volare, nell’azzurro di cieli limpidi ed orizzonti sconfinati. So di avere ancora tanto da dare e lo farò. “Mai Arrendersi”, per me e per chi crede in me, come fonte di ispirazione quotidiana. Essere CORAGGIOSI è da vincenti, a prescindere se vinci o perdi!”

La VITA è un soffio,

una boccata di ossigeno.

Non trattenere il fiato,

respira intensamente,

prendi più ossigeno che puoi

e vivila attimo per attimo,

più intensamente che puoi,

fino in fondo,

fino all’ultimo respiro!

Carlo Calcagni

www.carlocalcagni.it

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