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La lezione della rana e dello scorpione: quando la natura supera la ragione

Un’analisi della fiaba antica che svela come l’istinto e le emozioni governino il comportamento umano, sfidando la pura logica della ragione.

Conosciamo tutti una fiaba molto antica di cui si è addirittura perduta la memoria di quando possa essere stata ideata, per poi essere cantata e infine messa per iscritto. In Europa ne parla Esopo ma sappiamo che la sua risulta essere già una variante di una storia preesistente, probabilmente giunta a noi dall’India. Infatti esiste una raccolta di poesie in sanscrito di cui però abbiamo solo copie posteriori che risalgono al tempo di Esopo ma la stesura originale, molto probabilmente, è andata persa, stesura di una storia recitata dalla notte dei tempi. La raccolta di poesie indiana in oggetto si chiama Panchatantra e, in teoria, avrebbe potuto conoscerla anche Alessandro Magno.

La storia è notoria ed è quella della rana e dello scorpione che ancora viene tramandata e di cui forse abbiamo perso il senso. Tratta di uno scorpione che deve attraversare un fiume ed è incapace di farlo. Chiede un passaggio ad una rana che sa nuotare benissimo. La rana è perplessa e diffidente perché conosce lo scorpione e sa che è pericoloso, imprevedibile e può arrivare ad uccidere senza ragione. L’anfibio espone con poche parole la propria diffidenza all’insetto.

Lo scorpione risponde facendo appello alla logica e alla ragione, spiegando con pazienza che se gli venisse la malaugurata idea di avvelenare la rana lungo il tragitto, la rana morirebbe certamente, ma affondando condannerebbe a morte anche il passeggero. La rana si lascia convincere dalla razionalità del ragionamento che appare perfetto e che sembra logico e convinta accetta e dice allo scorpione di salire in groppa per la traversata.

A metà percorso, però, lo scorpione punge la rana avvelenandola. La rana prima di morire chiede del perché di tale comportamento dato che adesso moriranno tutti e due. Lo scorpione risponde che ne è consapevole ma che non ha avuto scelta perché quella che detta il comportamento è la sua natura. Così la storia si conclude con le acque che si richiudono sulle due sventurate creature.

L’antica saggezza della fiaba insegna che la ragione non sempre comanda l’agire degli esseri viventi. Più frequentemente chi detta legge è la natura umana, irrazionale, ma molto più forte della ragione stessa. Questa cieca volontà non calcola nemmeno gli interessi egoistici individuali. Coloro che popolano l’attuale Occidente, sembrano comportarsi come la povera rana, condizionati da una cultura fanciullesca. Questi hanno fiducia unicamente in un’astratta ragione, quando la natura degli uomini sembra seguire comportamenti che sembrano imposti da altri modi di percepire la realtà ed usano seguire altri percorsi mentali. Troppe persone misurano tutto col bilancino della ragionevolezza, ignorando che molti comportamenti sono innati e seguono un’altra logica che è basata sul sentimento o peggio sul risentimento, su quelle che vengono definite emozioni. Non esiste unicamente l’anima intellettiva ma anche l’anima sensitiva che spesso è più prepotente.

Il pensatore Oswald Spengler parla di “idee senza parole” per descrivere uno slancio vitale, una certezza di comportamenti che precede ogni ragionamento o analisi. Cartesio sembra aver portato la civiltà europea in un vicolo cieco perché questa sta morendo fidandosi di ogni scorpione che incontra strada facendo basandosi sulla ragionevolezza come fosse un linguaggio universale. Per Heidegger questo “umanismo” ha già una contraddizione in sé perché la vera umanità, secondo il filosofo tedesco, risiede solo nella sua autentica essenza.

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