Il periodo del lockdown era duro come la prigionia di una trincea o di un carcere. Teofilo rivedeva dentro di se quei film che gli erano rimasti scolpiti nel cuore. Pellicole che narravano di uomini coraggiosi che avevano affrontato dure segregazioni carcerarie e avevano lottato per affermare i valori della libertà. Teofilo era rimasto affascinato dal “Trittico del Cuore” di Nino Salvaneschi. Aveva ritrovato il libro in un angolo sperduto della sua casa. Era appartenuto a Teofilo il padre di sua madre che aveva combattuto in prima linea a Tobruk nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Mentre teneva in mano quel libro sentiva dentro di se la forza e il coraggio di quell’uomo che aveva sfidato la morte. Teofilo poteva continuare a lottare con più solidità e sicurezza ora che era entrato in contatto con l’anima di quell’eroe.

“Sorvegliato speciale” (1989) di John Flynn. Franck Leone (interpretato da Sylvester Stallone) ormai prossimo alla scarcerazione si ritrova coinvolto nella crudeltà e nell’odio del direttore del carcere Warden Drumgoole (interpretato da Donald Sutherland). Uno psicopatico che cercherà in tutti i modi di annientarlo. Leone non si lascerà sopraffare e lotterà con tutte le sue forze e con tutto il suo cuore per ritornare ad essere libero. Stallone è un combattente che ci riporta al coraggio e alla fede del pugile Rocky Balboa. Carcere e ring sono la stessa cosa. In tutti e due i luoghi bisogna lottare duramente per vincere e sopravvivere. Per arrivare fino in fondo non basta soltanto la tecnica. La spiritualità e l’amore fanno la differenza e ci portano verso la libertà. Il carcerato ha una sua dignità. Deve scontare la sua condanna ma non va trattato in modo disumano. C’è una scena importante nel film nella quale Leone lavora insieme agli altri detenuti per rimettere a nuovo il motore guasto di una macchina. Il lavoro rieduca il detenuto preparandolo a quello che sarà il suo futuro reinserimento nella società. Un’altra scena importante è quella in cui Leone lotta nel fango contro gli altri carcerati. Per raggiungere la libertà bisogna prima combattere nell’oscurità e nella melma.

“Midnight Express”- “Fuga di mezzanotte” (1978) di Alan Parker. Il film (sceneggiato da Oliver Stone) si rifà alla storia vera di Billy Hayes. L’attore Brad Davies interpreta la parte di un uomo americano che mentre tenta di scappare dalla Turchia con un carico di hashish viene preso e incarcerato. La pellicola evidenzia i metodi disumani delle carceri turche. Brad Davies rappresenta un giovane eroe che resiste in questo inferno di violenze brutali. Un “Unbroken” che supera il dolore e le difficoltà attraverso il coraggio e l’amore per la sua fidanzata. Il carcere si trasforma in un’odissea che il protagonista vive all’interno della trincea carceraria.

“Tango e Cash” (1989) di Andrej Michalkov Koncalovskij è una pellicola che rappresenta il mondo carcerario come una sorta di videogame. La coppia dei due poliziotti (Sylvester Stallone e Kurt Russell) ci riporta alla memoria quella di “Arma letale” di Richard Donner ( Mel Gibson, Danny Glover). Due simpatici antieroi amici e nemici allo stesso tempo. Due lottatori che combattono il crimine con coraggio e ironia. Si ritrovano alle prese con un super avversario molto temibile interpretato da Jack Palance. Sylvester Stallone in questo film ricalca molto le vesti di Rambo. Un giustiziere della notte che lotta per salvare la città. Stallone ha interpretato spesso ruoli da super duro, ricordiamo per esempio “Cobra” (1986) di George Pan Cosmatos. Un combattente che ha imparato a sopravvivere nei bassifondi americani.

“A trenta secondi dalla fine” (1985) di Andrej Michalkov Koncalovskij (con la collaborazione alla sceneggiatura di Akira Kurosawa). È un film che racconta la storia di due uomini, Oscar (Jon Voight) e Buck (Eric Roberts) che scappano dal terribile carcere di Stonehaven in Alaska. Una fuga piena di difficoltà e insidie tra ghiacci e acqua gelida. I due riescono a trovare un treno per continuare la loro fuga ma il convoglio ha perso il controllo e sarà destinato a scontrarsi con altri vagoni. Anche in questa pellicola c’è un direttore del carcere spietato che tratta i detenuti come cose senza dignità. Oscar e Buck sono due personaggi di diversa personalità. Il primo ha un carattere simpatico e burlone il secondo è più duro e scontroso. Il treno è uno scavo psicologico nell’inconscio più profondo dell’essere umano. I due uomini si ritrovano ad affrontare l’ignoto che scorre davanti ai loro occhi vagone dopo vagone. Nasce tra i due una profonda amicizia e solidarietà che li aiuterà ad affrontare tutte le insidie che si celano nei vagoni. Oscar vorrebbe continuare a svaligiare banche e a guadagnare in modo illecito mentre Buck vorrebbe riportarlo sulla buona strada facendogli capire che è meglio guadagnare soldi lavorando onestamente.
I giorni passano lenti e tristi dentro al carcere. Le sbarre sono grigie e fredde, senza vita e senz’anima. Si può scontare una pena di giorni o di anni e bisogna farlo fino alla fine. Il carcere non è soltanto la prigione, può essere anche una malattia, il lockdown di un’epidemia o altre condizioni di oppressione dalle quali vorremmo tanto scappare via. Il tempo scorre sempre più lentamente. Giorni lunghi come anni mesi lunghi come secoli. Tutto va avanti in un vuoto di indifferenza, noia e dolore.

Nino Salvaneschi importante scrittore contemporaneo ha vissuto per il resto della sua vita nella prigionia della cecità. Aveva una grandissima forza spirituale. La sua fede scaturiva dal suo dolore. La scrittura era il suo riscatto. Il “Trittico del cuore” (Milano, 1957) è la sua opera più alta. “Saper amare, saper soffrire, saper credere” è una lanterna divina che illumina il cuore di ognuno di noi. Nino Salvaneschi ci insegna che possiamo superare i dolori più grandi della vita attraverso l’amore il dolore e la fede. I tre grandi pilastri della saggezza umana. Leggere le sue parole ci trasmette un’immensa luce di speranza. Salvaneschi sosteneva nelle “Consolazioni” (1933) che “Ogni catena è un’ala e ogni prigione un mondo”.
Anche nella prigione più terribile e nella cella più oscura arriverà sempre uno spiraglio di speranza.

“Le ali della libertà” (1994) di Franck Darabont. Anche in questa pellicola vi è la rappresentazione di un sistema carcerario spietato che mette a dura prova Andy Dufresne (interpretato da Tim Robbins). Andy doveva scontare una condanna per l’uccisione della moglie e del suo amante. Il regista rappresenta una vita carceraria fatta di alti e di bassi. Pestaggi atroci e umiliazioni di ogni genere lasciano spazio anche a momenti ricreativi piacevoli nei quali Andy conosce il carcerato nero Morgan Freeman che diventerà suo grande amico. Morgan Freeman è un personaggio denso di spiritualità e saggezza. Ci riporta al personaggio dell’autista nero Hoke del film “A spasso con Daisy” (1989) di Bruce Beresford. Stessa calma stesso modo di affrontare la vita come viene. Il regista gira il film riadattando il racconto di Stephen King “Stagioni diverse”. Il carcere è un simbolo che rappresenta la vita umana evidenziandone gli aspetti positivi e negativi. La forza dell’amicizia è importante per raggiungere la libertà.

“Cast Away” (2000) di Robert Zemeckis è una pellicola che rappresenta un moderno “Robinson Crusoe” interpretato magistralmente da Tom Hanks. Chuck Noland (Tom Hanks) lavorava per la società di spedizioni Fed Ex. Nel corso di una spedizione l’aereo su cui volava aveva perso il controllo è precipitò. Chuck si ritrovò a sopravvivere da solo su di un’isola deserta sperduta nell’oceano. La sua vita si trasformò in un calvario. L’isola sulla quale era naufragato non aveva abitanti. Intorno a lui c’erano soltanto rocce palme da cocco e onde gigantesche. Pensava in continuazione alla sua fidanzata e ai momenti più belli che avevano passato insieme. L’amore per la sua amata era come un’aura di energia che lo accompagnava ogni giorno per affrontare nuovi pericoli e nuove difficoltà. Nel corso del tempo si trasformava sempre di più in un uomo diverso. Ormai era diventato un uomo delle caverne pronto a sopravvivere in un mondo naturale ostile. Una lotta per la sopravvivenza senza esclusione di colpi. Con la sua immensa forza di volontà cominciò a sfregare i bastoncini per accendere il fuoco. Doveva imparare a dominare l’ansia e la negatività che lo portavano a continui fallimenti. Tanti uomini si sono persi nelle foreste e sono morti perché avevano perso la fiducia in se stessi. Morivano perché avevano la paura di non farcela. La forza della fede, dell’amore e del coraggio non lo avevano mai abbandonato. Sin da quando si era ritrovato solo in mezzo all’oceano la forza dell’amore per la sua fidanzata lo aveva sempre fatto riemergere. Ogni giorno passato sull’isola era una lotta dalla quale imparava sempre nuove tecniche di sopravvivenza: accendere il fuoco, pescare con la fiocina, bere servendosi delle noci di cocco, affrontare l’oceano. Il suo ingegno si affinava sempre di più giorno dopo giorno. Era diventato un cacciatore esperto. L’isola non era più una prigione per lui ma una continua opportunità di apprendimento. Iniziava a costruire una rudimentale zattera legando insieme i legni delle palme. Le onde marine erano dei mostri giganteschi che lo ributtavano sempre sulla riva. Era riuscito a sopravvivere sull’isola per cinque lunghi anni. Anni di sofferenza esperienza e cambiamento. Riuscì a costruire una nuova zattera più resistente della prima con la quale poteva affrontare anche le onde più temibili. Quando gli arrivava l’onda addosso azionava un sistema che faceva sollevare in aria una vela. In questo modo riusciva a mantenere in equilibrio la zattera. Era riuscito finalmente a lasciare l’isola. Alla fine riuscì a ritornare nel mondo civile. Fu molto doloroso per lui scoprire che la fidanzata si era sposata rifacendosi una nuova vita. L’esperienza che aveva fatto lo aveva rafforzato talmente tanto che era pronto a ricominciare a vivere.

“Papillon” (1973) di Franklin J. Shaffner rappresenta uno dei più temibili campi di prigionia della storia e della storia del cinema. Straordinarie le interpretazioni di Steve McQueen (Henri Charrière-Papillon) e Dustin Hoffman (Louis Dega). Papillon con la farfalla tatuata sul petto è il simbolo della libertà. Il film è un adattamento dell’autobiografia di Charrière (un vero reduce dalla lunga prigionia nelle carceri della Caienna e dell’Isola del Diavolo). Papillon e Dega sono due personaggi legati da un profondo senso di amicizia. L’amicizia è una forza spirituale che accompagna i due uomini verso la libertà. Il cammino è duro e pieno di avversità ma i due attraverso astuzie e abili inganni riusciranno a scappare dal carcere fino ad arrivare alla terribile Isola del Diavolo. Un luogo disumano e isolato dal quale non si può scappare. Steve McQueen è un vero duro sprezzante del pericolo. Ha capito che la corrente del mare non è poi così invincibile. Ha costruito una sorta di salvagente rudimentale per lanciarsi in mezzo alle onde. Alla settima onda salta nell’oceano e riesce miracolosamente a salvarsi. Ritornerà in patria e vivrà fino agli ultimi anni della sua vita da uomo libero. Memorabile la scena nella quale Papillon si lancia dalla scogliera. Dopo l’ultimo abbraccio tra i due amici segue un campo lungo nel quale vediamo Steve McQueen che si lancia nel vuoto. La libertà non ha confini. La voglia di essere liberi è un’energia che alimenta l’infinito coraggio che è dentro di noi. Niente può distruggere la forza dell’amicizia e della libertà.