Civis romanus sum, tante volte abbiamo sentito questa locuzione latina, ma in che modo si diventava cittadini romani? Quali erano i benefici nel diventare cittadini romani? Sappiamo che la forza di Roma era costituita dalla sua potenza militare, ma il diritto romano è stato il secondo strumento di conquista e di civilizzazione. Molti istituti giuridici oggi in vigore derivano direttamente dal ius civile. Nel periodo monarchico e repubblicano il pater familias si recava nel foro e davanti ad un magistrato (censore) dichiarava di essere un capofamiglia, elencava i suoi parenti e le sue proprietà. Tale dichiarazione giurata veniva annotata in determinati elenchi nominati tabulae censoriae. In epoca imperiale il sistema migliora e sempre il pater familias, dopo la nascita di un figlio, si recava nel foro e giurava che quello era suo figlio. Tale dichiarazione veniva trascritta su una tavoletta di legno, il libello, composta da due facciate. Nella prima parte venivano riportati tutti i dati relativi alla nascita e nella seconda venivano confermati i dati stessi. Tutto questo avveniva nella capitale dell’impero, mentre nella provincia romana il procedimento era un po’ diverso. Il pater familias si recava presso quelli che oggi chiamiamo gli uffici dell’anagrafe, i tabularium publicum, presentandosi davanti al governatore della provincia o ad un suo incaricato. Qui il figlio, sempre tramite una dichiarazione giurata, la confessio, veniva dichiarato cittadino romano. Tale dichiarazione veniva trascritta in specifici elenchi, gli album professionum.

L’adozione, anche in forza dello ius migrandi (residenza stabile a Roma), era un altro importante mezzo per poter acquisire la cittadinanza romana. Nel diritto romano vi era una possibilità anche per l’ultima classe sociale, gli schiavi, infatti il dominus, tramite la manumissio, dichiarava libero il suo schiavo rinunciando definitivamente al potere che aveva su di lui. Tale atto permetteva al liberto, lo schiavo affrancato dalla schiavitù, di acquisire insieme alla libertà anche la cittadinanza. Nel diritto romano vi erano tre possibilità di manumissio: vindicta, censu e testamento. La prima si svolgeva davanti al magistrato ed erano presenti il dominus e lo schiavo, nel tempo venne semplificata potendo essere compiuta anche al di fuori della sede del magistrato. La seconda, molto meno praticata, poteva essere impiegata durante la redazione delle liste del censo, infatti il censore, su richiesta del dominus, iscriveva lo schiavo nelle liste del censo. La terza, quella più diffusa, era una disposizione testamentaria e quindi era efficace dopo la morte del dominus.

Come sappiamo, la potenza di Roma, oltre che il suo diritto, è stata il suo esercito, macchina da guerra inarrestabile, organizzato e disciplinato come pochi nella storia e tanta importanza veniva data a chi prestava il servizio militare. Tramite tale gesto i peregrini (uomini liberi ma non ancora cittadini), dopo aver prestato servizio per 25 anni, ricevevano in premio la cittadinanza romana. Nella storia di Roma due sono state le concessioni di ampia portata in materia di cittadinanza. La prima per gli alleati italici all’esito della guerra sociale e la seconda ad opera di Caracalla, nel 212 d.C., tramite un suo famoso editto (Constitutio Antoniniana), che estendeva la cittadinanza romana a tutti coloro che risiedevano entro i confini dell’impero. Da tale momento venne meno il privilegio di essere cittadini romani, ma al tempo stesso non vi erano più stranieri all’interno dell’impero.

La cittadinanza romana così come poteva essere acquisita poteva essere perduta. Infatti essa veniva meno per i cives che non avevano più la libertà ed erano diventati schiavi, per coloro che si erano trasferiti in nuove coloniee per quelli che avevano commesso crimini tali da comportare l’esilio.

Fin qui ho descritto i metodi più importanti per poter acquisire la cittadinanza e le cause che portavano alla perdita della stessa, ma quali erano i benefici? Nel diritto romano, la condizione di civis permetteva alla persona di eleggere (ius suffragii) o di essere eletti (ius honorum), il diritto di contrarre matrimonio (ius connubii) ed il diritto di fare testamento o esserne beneficiari. Sicuramente il maggior beneficio era quello di essere giudicati secondo le norme del ius civile e di non essere, quindi, indemnatus, cioè condannato senza processo. Strettamente legata a questo era la possibilità di essere puniti unicamente tramite frustate e condannati a morte per decapitazione, infatti la crocifissione era severamente vietata per i cittadini romani in quanto condanna infamante. Ovviamente i doveri più importanti erano quelli di rispettare le leggi dello stato, di pagare le tasse e di iscriversi al censo. Tanti erano i benefici nel diventare cittadini romani che abbiamo testimonianze dalle fonti di non cittadini condannati a morte per aver tentato di falsificare la cittadinanza.

Infine voglio ricordare un episodio molto importante legato alla cittadinanza romana. Mi riferisco a Paolo di Tarso che fece ricorso al Caesarem appello per essere giudicato dall’imperatore stesso al posto del magistrato provinciale. Infatti il cittadino romano aveva la facoltà di appellarsi a Cesare in modo tale che la causa venisse trasferita a Roma e non fosse subordinata alla giurisdizione provinciale. San Paolo venne trasferito a Roma per ordine del magistrato provinciale che pronunciò la celebre frase “Cesarem appellasti, ad Cesarem ibis”[1] ottenendo il passaggio della causa a Roma. Qui venne processato ed assolto dal prefetto del pretorio Sesto Afranio Burro.

  1. Ti appellasti a Cesare, andrai da Cesare
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