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Il Corpo di Gloria: L’immortalità e la resurrezione nell’antico Egitto

Dal concetto di Ka alla promessa cristiana: le radici egizie della vita eterna.

Poco prima della sua morte, avvenuta nel 1939, Sigmund Freud pubblicò come sua ultima opera un libro su Mosè, il fondatore dell’ebraismo. Il suo scritto creò turbamento in molti attenti osservatori. Infatti nel suo libro “L’uomo Mosè e la religione monoteistica”, il monoteismo ebraico risulterebbe non essere una visione originale dell’ebraismo ma una chiara derivazione dal culto del dio Aton imposto all’intero Egitto dal faraone Akhenaton, coniuge di Nefertiti, nel XIV secolo a.C.

Secondo la teoria di Freud, Mosè sarebbe stato un alto sacerdote egizio, un Kher-heb. Che fosse Egizio si evince anche dal nome che in lingua egizia significa figlio o anche protetto. Infatti molti nomi anche di faraoni finiscono col suffisso moses.

Mosè avrebbe tentato di trasmettere questo nuovo culto di Aton, ormai messo al bando in Egitto, dopo la rivolta della casta sacerdotale fedele all’antico culto, ai molti fuggiaschi dal Paese dei Faraoni.

Sempre secondo Freud la massa dei fuggiaschi formata da varie componenti, avrebbe in seguito ucciso lo stesso Mosè e avrebbe rimosso questa uccisione del padre in un processo mentale caratteristico.

Freud ipotizza che Mosè aveva introdotto anche la regola, tutta egiziana, della circoncisione e questa sarebbe un’altra prova della sua origine egizia e non ebrea e che il suo monoteismo pertanto era quello di Aton.

Tutto ebbe inizio da una sintesi fatta dallo stesso Mosè tra il culto del dio Aton ed un dio vulcano, locale, venerato da un popolo nomade del Sinai.

I famosi comandamenti probabilmente non erano altro che le basi più elementari della legislazione degli Egizi con un carattere quasi universale.

La frase che riporta Mosè e attribuita al roveto ardente, con le semplici parole “Io sono colui che è”, è degna di un gran sacerdote a causa della sua perfezione teologica e filosofica dal sapore quasi Heideggeriano.

I leviti, la classe sacerdotale, era composta unicamente da egiziani vicini a Mosè. Lo stesso Antico Testamento riporta che ad ogni tribù ebraica fu assegnata la terra e le elenca tutte con pignoleria. Sono molte ma mancano i leviti e l’unica ragione è quella che non fosse una tribù ebraica.

Con la tragedia, ipotizzata da Freud, cioè l’uccisione di Mosè, la religione originaria ebbe delle importanti alterazioni deviazione avvisaglie si erano già avute con la deviazione di cui si erano avute delle avvisaglie già con l’eresia del vitello d’oro.

Il monoteismo di Aton, era stato concepito con le stesse qualità del sole che elargisce luce, calore, nutrimento, vita a tutta l’umanità indistintamente, gratuitamente, generosamente perché è un dio che tutto dona e nulla chiede in cambio dato che la sua logica è basata sull’amore universale.

Questa divinità non viene compresa dai seguaci di Mosè e viene trasformata, dopo la morte di Mosè, in un semplice dio tribale protettore di un solo popolo e contro le altre genti: un monoteismo con la logica dell’antico politeismo.

È forse a causa di questa chiusura alle altre genti, che i Greci denominavano gli ebrei popolo misantropo, poiché questi erano già entrati nello spirito ecumenico dell’ellenismo.

Il Cristianesimo, pur derivando ufficialmente dalla religione ebraica, sembra ritornare allo spirito della primitiva universalità, allo spiritualità del dio Egizio ed a uno spirito di un Egitto che a quel tempo, coi Tolomei, si era facilmente ellenizzato con la sintesi di Amon.

Una curiosità sulla similitudine di alcuni riti, la notiamo nella notte di Natale. Infatti nella notte fra il 24 ed il 25 dicembre, i fedeli del Paese sul Nilo, si recavano al tempio. A mezzanotte, il sacerdote usciva con un bambolotto adagiato su raggi di sole ed esclama: “La Vergine ha partorito”. Si riferiva a Iside che aveva dato alla luce il sole, Horus. Il padre era Osiride il dio che muore e risorge. Era la sacra famiglia degli Egizi.

Questo popolo credeva fermamente all’immortalità dell’anima. L’anima di ogni uomo era suddivisa in più componenti. Una di queste, per i cristiani forse è quella che risulta più interessante. Gli Egizi la chiamavano Ka ed era il doppio dell’uomo in quanto ne riproduceva fedelmente anche le fattezze.

Consisteva, secondo la credenza, nel corpo indistruttibile detto anche corpo di Gloria o “Corpo glorioso”. Il Ka avrebbe la medesima forma della nostra persona perché sarebbe la parte della nostra anima che dà forma alla materia con cui siamo composti, creando la nostra identità non solo spirituale ma influendo anche l’aspetto esteriore. Il Ka sarebbe quella componente della nostra anima capace di creare una sintesi fra la nostra forma corporea e l’anima eterea.

Sembra che per gli Egizi la forma fosse molto importante. Anche la Bibbia riporta il concetto del Dio il quale creò l’uomo a sua immagine e somiglianza.

Questa visione dell’anima è molto diversa dalla contrapposizione dualistica tra anima e corpo di Platone in cui l’anima è molto vicina al mondo delle idee con un corpo composto da materia inerte, un corpo prigione come viene descritto.

Il Ka crea la sintesi e, come in certa Grecia classica, sottolinea l’importanza della forma, della superficie. Questa visione dell’anima sembra molto simile a quella cristiana che dà una grande importanza sia all’anima che al corpo. Infatti con la promessa della resurrezione dei corpi il Cristianesimo è una delle religioni che dà più importanza alle fattezze.

La resurrezione dei corpi cristiana rimanda troppo da vicino al corpo glorioso degli Egizi. Un corpo che noi stessi nel corso della vita contribuiamo con le nostre azioni a rendere immortale.

Nell’oltretomba gli Egizi pensavano di incontrare Anubi il quale pesava il cuore di tutti e se questo fosse risultato più pesante di una piuma il defunto sarebbe risultato perduto. Similmente a noi, anche loro avevano una giustizia divina di tipo proporzionale all’azione, detta retributiva.

La contrapposizione tra corpo e anima secondo Nietzsche è tutta socratica, e fu una grande svolta culturale che ci ha condizionato. Ricordiamo che Platone fu uno degli allievi più attenti del filosofo.

Il Cristianesimo sembra voler ricomporre l’antica frattura fra anima e corpo, glorificando anche la fisicità e la sua forma. Infatti da prigione dell’anima per molta metafisica greca e per Platone, il corpo viene glorificato di nuovo dal Cristianesimo già dal momento in cui San Paolo parla a Corinto definendolo tempio dell’anima.

La differenza è fra due tipi diversi di spiritualità: quella che vuole preservare l’individualità con la memoria ed in certi casi anche col corpo, e la totale spiritualizzazione che ha termine con l’annullamento del corpo e talvolta dell’anima stessa, avendo come fine la completa spersonalizzazione perché mirerebbe al ricongiungimento al tutto divenendo parte di un’altra cosa e non dando peso alla coscienza del sé. Una grande intelligenza pura cosmica che non avrebbe nemmeno bisogno di una propria coscienza essendo del tutto impersonale.

Questa immagine mi ricorda un’antica descrizione mitologica del dio Dionisio, il quale quando si guardava allo specchio, si diceva, non vedeva il proprio volto ma l’universo intero perché la grandezza annulla l’individuazione. Infatti Dioniso era il dio dell’ebbrezza, della follia, della sessualità, della danza frenetica, tutto ciò che porta all’uscita dal proprio sé. Questa visione di annullamento dell’io, sarebbe di derivazione asiatica.

Il viaggio e la misteriosa permanenza di Gesù in terra d’Egitto potrebbe aver contribuito alla formazione della sua spiritualità. Inoltre quando Cristo dice ai dottori che lui è venuto a confermare l’antica legge, non a cambiarla, a quale legge si riferiva? Molto probabilmente a quella del fondatore Mosè e del monoteismo basato sull’amore universale. Probabilmente anche a quella della resurrezione dell’anima che si ricrea come corpo glorioso. Forse sono corpi riconciliati finalmente con l’anima e un corpo che si trasforma in tempio e non più prigione dell’anima stessa.

La moderna fisica quantistica conferma che la materia non esiste e che sarebbe solo un miraggio in quanto composta di luce, di energia che prende forma in base alle diverse vibrazioni e all’intensità. In teoria tutto l’universo sarebbe costruito con corpi di Gloria e gli atomi stessi sarebbero solo pura energia concentrata.

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