Costantin Danalachi ha voluto rilasciare in maniera esclusiva per Tota Pulchra degli appunti sulla sua esperienza di guerra che lo ha visto coinvolto in Afghanistan nel lontano 1986. Perché voler pubblicare questa breve testimonianza ora, nel 2024? Per evidenziare come al di la di ogni retorica pacifista o guerrafondaia , la guerra è un dato di fatto connesso alla ragione di stato che quasi sempre va al di là del sentimento individuale. In queste poche righe, tipiche della mentalità militare, Costantin ci invia delle immagini di una guerra che spesso è stata messa nel dimenticatoio ma che secondo il noto geopolitico inglese Mackinder (morto al tempo) sarebbe stata fondamentale perché ‘’ chi controlla l’heartland comanda l’isola mondo; chi controlla l’isola mondo comanda il mondo.’’

Afghanistan – Paese delle Meraviglie – Dove se n’è andato, è scomparso!

L’Unione Sovietica, come tutti i paesi indipendenti e sovrani del mondo, era impegnata in relazioni di buon vicinato; è un dato di fatto che nessuno non voglia avere il proprio vicino come nemico; Negli anni ’70 del XX secolo, l’URSS aiutò molto l’Afghanistan e investì molto in questo paese, stabilendo buoni rapporti. Alla fine del 1979, dopo la rivoluzione di aprile (Saur) in Afghanistan, il nuovo governo  fu di chiara impronta socialista. Allora gli Stati Uniti non persero l’occasione di boicottare  i rapporti d’amicizia  tra Afghanistan ed URSS.E’ evidente che quest’ultima  non poteva permettere la creazione di basi militari americane sul territorio afgano. Gli americani iniziarono a comportarsi in modo tale che in Afghanistan scoppiò una guerra civile, fornendo le armi agli oppositori del nuovo governo. Il nuovo governo richiese l’assistenza militare dell’URSS e l’ingresso delle truppe sovietiche divenne inevitabile. Il 25 dicembre 1979 iniziò la penetrazione di un contingente limitato di truppe sovietiche in Afghanistan a cui segui l’inizio della guerra tra i  Mujaheddin, sostenuti da USA ed altri alleati ed  il governo Afghano sostenuto da l’esercito sovietico . La guerra russo afghana  durerà per 9 anni e quasi 2 mesi e fu testimonianza dell’invincibilità del nostro esercito.

Mi chiamo Konstantin Danalaki. Sono nato in Unione Sovietica, nella SSR Moldavia, nel villaggio di Karpeshty, distretto di Cantemir, in una grande famiglia di contadini, dove ero il quinto figlio, ed eravamo dieci in totale. Mi sono  diplomato al liceo nel villaggio di Karpeshty, dopo di che sono andato a studiare come caposquadra di perforazione delle ricerche naturali nella città di Antratsit, nella regione di Lugansk, nel Donbass. Dopo essermi diplomato alla TU-69, fui arruolato nell’esercito nella primavera del 1986. Ho iniziato il servizio militare nella città di Termez, al confine con l’Afghanistan, dove ho seguito un addestramento speciale dai ufficiali dell’intelligence presso il Centro di addestramento di Sherabad. Qui siamo stati addestrati da ufficiali già con esperienza di combattimento in unità di ricognizione in Afghanistan. Sapevano bene, per esperienza loro di combattimento, cosa avevano da insegnarci. Dopo un programma di addestramento accelerato di tre mesi, fummo inviati per ulteriore servizio in Afghanistan, nella provincia di Kunduz, nel 783° battaglione di ricognizione separato. L’8 agosto il nostro aereo è atterrato all’aeroporto di Kunduz, dove già ci aspettavano coloro che avevano bisogno di noi e del nostro addestramento. E questo fu un infernale lavoro durato tre mesi, necessario per un ulteriore servizio. 18 esploratori ci caricarono su un veicolo corazzato da trasporto truppe, che venne a prenderci con un autista meccanico soprannominato Cardan, e sull’armatura e si precipitarono lungo strade polverose verso Kunduz settentrionale dove si trovava il 783 ORB.Guidando attraverso Kunduz, ho visto il vero Afghanistan: la gente viveva qui come 200 o 300 anni fa. Il pericolo ti aspettava ovunque, ovunque tu fossi. Tutti sparavano lì, da ogni parte, con tutti i tipi di armi leggere, comprese quelle più avanzate in quel momento.Dopo che fummo assegnati a compagnie e plotoni, ci furono alcuni attriti con i nuovi compagni soldati maggiori, ma questo era nell’ordine della vita militare.Poi ci furono le prime operazioni (furono effettuate varie missioni di combattimento). E il primo combattimento fu come un “battesimo del fuoco” per un guerriero e un soldato. Fu allora che si capì che tutte le difficoltà del periodo di formazione nell’unità educativa non erano state inutili. In linee generali i primi anni di guerra in Afghanistan furono molto più difficili per i nostri soldati ed ufficiali. Come pionieri, affrontarono molti problemi imprevisti e ricevettero sorprese dai Mujaheddin e avvertirono i capricci del clima afghano e le difficoltà del terreno montuoso. Naturalmente, in ogni guerra di lunga durata, i soldati acquisiscono sia esperienza di combattimento che spirito combattivo. Ed entrambe ci sono stati trasmessi dall educazione patriottica dei padri e dei nonni, veterani della Grande Guerra Patriottica – la Seconda Guerra Mondiale. Anche i nostri avversari acquistarono esperienza di combattimento. Dirò qualcosa sulle condizioni climatiche in Afghanistan, dove in estate il caldo raggiunge i quarantacinque gradi! Ciò era molto problematico, soprattutto per coloro che venivano arruolati dalla parte settentrionale dell’URSS, ma in fondo ci abituammo tutti rapidamente e riuscimmo a resistere al caldo afghano. Ma il caldo non era tutto: in tutto l’Afghanistan c’erano anche malattie contagiose: tifo, malaria, epatite e ogni sorta di altre infezioni locali. L’inverno afghano in montagna è cupo, soffia un forte vento e il freddo penetra fino alle ossa! Durante tutto il mio servizio nella guerra afghana di un anno e 10 mesi , ho partecipato a quasi tutte le operazioni di combattimento e incursioni per annientare formazioni di bande, ho svolto tutti i compiti assegnati al nostro battaglione, tranne due a cui non ho potuto partecipare per motivi di salute . Fondamentalmente, le nostre missioni di combattimento consistevano nell’organizzare imboscate, rastrellare aree, atterrare con elicotteri nelle profondità delle catene montuose e scortare colonne in montagna su tratti di strada pericolosi. Eravamo quasi sempre accompagnati da genieri e osservatori di artiglieria. I genieri neutralizzarono le mine terrestri e tutti i tipi di mine a sorpresa che erano in voga tra i Mujaheddin, comprese le famose mine anticarro italiane. Certo, eravamo scout e loro, i genieri, rischiavano la vita quasi ogni giorno. Ricordo più di ogni altra cosa l’operazione sui monti Chaugani, quando durante un attacco di mortaio hanno  ferito gravemente i nostri compagni, io e un mio compagno, Talgat, abbiamo portato un ferito con un impermeabile in un rifugio per fornirgli assistenza medica. Un piccolo episodio, ma lo ricorderò per il resto della mia vita. Dopo un lungo e difficile camino attraverso le montagne, iniziò l’attacco con i mortai. Le mine dei Mujaheddin volavano sia di sopra di noi, sia di sotto finche una mina volò direttamente nella trincea.  A uno dei nostri tre compagni è stata staccata una gamba e due sono rimasti gravemente feriti. Quasi tutti e tre erano sull’orlo della morte e ogni frazione di secondo era importante. Talgat e io siamo saltati fuori immediatamente per portare i feriti dal nostro medico. In cima alla montagna c’erano due sentieri, ed entrambi portavano alla cima di questa montagna, dove c’era un medico che poteva fornire un’assistenza medica migliore. Inizialmente andai a sinistra , poi Talgat gridò : vai a destra, prendilo a destra! – Lo ascoltai , camminammo  per una ventina di metri e sentimmo  di nuovo il fischio  di un’ altra mina, dopodiché cademmo a terra. La mina esplose a una ventina di metri da noi verso il sentiero di sinistra. Talgat, di nazionalità kazaka,  scherzosamente disse : “Vivremo ancora, Moldavo!” –Trasportammo il ferito e lo consegnammo  al medico. Mentre tornavamo indietro, vedemmo l’esplosione di una mina proprio su un altro sentiero, alla stessa distanza dove saremmo stati se non avessimo girato a destra. Questo è uno degli episodi che ricorderò per il resto della mia vita, così come i gemiti e le grida di dolore e i volti dei nostri compagni che non sono riusciti a raggiungere l’ospedale vivi. In fine fummo costretti  a ritirarsi al sicuro ,sotto la copertura  della nostra l’artiglieria,  dopo dì che arrivarono 2 elicotteri per trasportare tutti feriti al ospedale militare più vicino.

Eppure, dopo tanti anni, in modo buono, senza malizia, in modo gentile, ricordiamo il nostro Afghanistan.

I soldati non scelgono la guerra. È la Guerra che sceglie il Soldato. Nel nostro caso, il tempo ci ha scelto a noi.

Altri tempi di altre guerre sceglieranno altri Soldati…

Ma non appena il Mondo dimentica l’Ultima Guerra, significa che il Mondo è di nuovo sulla soglia, sulla soglia di una Nuova Guerra….

 

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