Francesco di Domenico è un poeta che potrebbe essere inserito nel movimento dei cosidetti ‘’Scapigliati’’ del terzo millennio. La sua opera ‘’un cuore in sospeso’’ nasce dall’amore per sua la macchina da scrivere Olivetti, con la quale scrive tutto il suo materiale. Un’approccio che a prima vista potrebbe sembrare obsoleto ma che in realtà potrebbe servire da sprone per le nuove generazione nella presa di consapevolezza di cosa significa realmente scrivere.

Quando nasce il tuo libro di poesie , ‘’ un cuore in sospeso’’ ?

Il libro nasce circa due anni fa, durante l’inverno quando avevo la febbre. Iniziai a buttare giù qualche pezzo con la mia ‘’Olivetti’’ , una macchina da scrivere, e non mi sono più fermato. Tra me e la macchina è nato un rapporto di simbiosi, non solo tattile ma anche olfattivo e sonoro. Quando si scriveva esclusivamente a macchina, i tempi erano più lunghi ma si dava più importanza al significato di ogni singola parola. Oggi purtroppo non è più cosi, soprattutto a causa dei social media dove ogni parola non ha più il peso di una volta soprattutto a causa dei tempi di scrittura e risposta molto più accelerati che fanno perdere la profondità di contenuti.

Hai collaborato anche con una giovane artista che ha disegnato le immagini all’interno del tuo libro. Come è nata questa collaborazione?

La collaborazione con Martina Gneo è nata perché seguivo, come molti, la sua pagina instagram. Lei una ragazza di 22 anni, riesce con disegni simpatici ed ironici a rendere la sopportazione della sua malattia (è una malata di cancro da diversi anni) più leggera. Dalla sua esperienza ho capito come fosse importante il concetto di attesa, attesa dei risultati delle analisi mediche, attesa delle cure e questo concetto l’ho traslato nel contesto della scrittura, nel rapporto tra mittente e destinatario. Io ho scritto le poesie , lei ha disegnato ed insieme immaginato questa ‘’attesa’’ come un farmaco per le persone che hanno ‘’un cuore in sospeso’’.

In questi tempi cosi veloci e superficiali, è ancora possibile l’amore?

Dipende. Nel libro ho giocato molto con il concetto del tempo. L’amore di una volta, o meglio il concetto dell’amore di una volta un po’ mi manca. Intendo l’amore dove gli innamorati aspettavano anche due o più settimane per scriversi: sarebbe possibile al giorno d’oggi? Non penso proprio! Oramai ciò è diventato anacronistico ed obsoleto, ma non per tutti….vedete io.

Hai un approccio materialistico alla vita oppure spirituale. Te lo chiedo perchè la tua opera denota uno spirito passionario e consapevole di se stesso.

Fede intesa come appiglio, come speranza è presente in me e spesso invocata nelle mie poesie. Essa esiste nell’uomo in quanto tale e si manifesta sopratutto in situazioni dolorose come può essere una malattia. Durante la mia scrittura spesso mi sono immedesimato in situazioni precarie, come quella può essere quella di Martina Gneo e del mio contesto familiare.

Pensi di scrivere altre opere, su quali progetti ti stai muovendo?

C’è un nuovo progetto in cantiere, si tratta di un romanzo epistolare in cui viene denunciata una delle piaghe che affliggono la nostra società attuale, ovvero la violenza di genere. Questa opera è ancora in fase embrionale, ma già sono molto soddisfatto di questo ‘’work in progress’’.

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