Dottoressa Bartoletti, lei è un esperta di privacy e molto altro. Ci può descrivere meglio di cosa si occupa?

Mi occupo di privacy e AI governance per una grossa multinazionale. Questo vuol dire che mi assicuro che, qualsiasi sia la tecnologia utilizzata, la privacy sia by design e nel design. Mi occupo di strumenti per garantire la protezione dei dati, e questi strumenti sono sia legali che tecnologici. Poi c’è il tema dell’IA governance, in parte legato alla privacy perché molti dei rischi dell’IA sono legati ai dati. Il mio lavoro in questi anni è stato sulla fairness degli algoritmi e ho di recente pubblicato una ricerca per il Consiglio di Europa sulla necessità di migliorare la legge in materia di non discriminazione alla luce delle nuove sfide introdotte dagli algoritmi.

Autrice di vari libri e pubblicazione è stata eletta nel 2019 ”donna dell’anno” al Cybersecurity awards a Londra. Che ricordo serba di quell’esperienza molto gratificante?

I riconoscimenti più belli sono quelli che mi arrivano dalle giovani donne che entrano in questo settore. Quel premio mi fu dato per il lavoro svolto con il Women Leading in AI Network che fondai nel 2018 per avvicinare molte più donne e persone di background diversi alla privacy e l’intelligenza artificiale. Questa per me è davvero la cosa più importante. La tecnologia occupa uno spazio fondamentale, e con essa ci evolviamo. Ed è per questo non può essere costruita solo da uomini della Silicon Valley.

Etica e spazio cibernetico. A volte il web sembra essersi trasformato in una vera e propria jungla. Che ne pensa a grandi linee del GDPR? 

Diciamo che le grandi potenzialità del web e della tecnologia spesso sono oscurate da un internet senza freni e pochi controlli. Negli ultimi anni abbiamo visto grandi progressi, per esempio nella medicina o nel supporto educativo, dove la tecnologia ha consentito nuove scoperte, cure e assistenza. Ma abbiamo anche visto la tecnologia trasformarsi in sorveglianza, manipolazione politica, fake news. Per non parlare della violenza e dell’impatto sui più piccoli e, in particolare, le giovani donne. Il GDPR, così come l’EU AI Act ora e il Data Service / Market Acts, hanno un ruolo importante al cui centro c’è certamente il valore della dignità umana. I dati rappresentano un grande bene collettivo a patto che non diventino semplicemente pasto per algoritmi che ci profilano perpetuando disuguaglianza e propagandando fake news. Il punto però è che per intervenire c’è bisogno di ridefinire profondamente il rapporto tra big tech e società´. Un lavoro fondamentale, di cui sia Europa che Stati Uniti sono consapevoli.

L’intelligenza artificiale sembra piano piano sostituire quella umana. Come si sta evolvendo l’ IOT (Internet of things) in tal ambito?

L’IA non può sostituire l’intelligenza umana! sono cose diverse. L’IA è certamente interessante, una sorta di statistica sugli steroidi, che ci permette di analizzare grandi dati e automatizzare alcune tasks. Ci può fornire uno sguardo diverso e trovare correlazioni nuove e importanti per le scoperte scientifiche. Ma non dobbiamo vedere l´IA separata da noi – ogni artefatto di IA è un artefatto sociale, creato e programmato da esseri umani.

Lei sta rilasciando questa breve intervista per un’associazione di matrice Cattolica. Secondo lei l’apporto delle nuove tecnologie può aiutare l’uomo ad un approccio integrato con la fede? Il noto studioso tradizionale Elemire Zolla già prospettava qualcosa del genere circa 30 anni fa.

Dobbiamo partire da un punto: l’IA è più di tecnologia. Ogni algoritmo è un agglomerato di dati, parametri, società e persone e, dunque, non neutro. L’aspetto tecnico sociale dell’artefatto di IA è qualcosa di cui stiamo prendendo conoscenza ora, con i maghi di Menlo Park e della Silicon Valley che dimostrano al mondo l’inestricabile connessione tra potere e tecnologia, in un contesto geopolitico in cui il progresso tecnologico ha assunto la dimensione di una corsa testosteronica verso un distopico futuro. Ora, io penso che intorno all’IA dobbiamo costruire un’etica condivisa, e questo comincia spogliandola di mitologia e magia e portandola tra la gente. Dobbiamo capirla per poterne decidere futuro e uso. E questa decisione deve appartenere alle comunità´, alle donne e uomini e alle culture che ci appartengono e quelle che ci stanno fecondando.

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