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Le Nuove Frontiere della Geopolitica: Crisi, Neocolonialismo e la Sfida al Potere Atlantista

Un’analisi sulle crisi politiche in Europa, il neocolonialismo occidentale e la strategia globale della Russia per contrastare l’egemonia atlantista.

Osservando la cartina politica europea, noteremo che alcuni territori stanno attraversando o hanno attraversato, in un recente passato, crisi politiche negli ultimi anni.

Questi Stati sono l’Ucraina, la Romania, la Moldavia, la Serbia, la Georgia.

Infatti da molto tempo la NATO sta operando instancabilmente per “balcanizzare” una vasta regione d’Europa, come aveva fatto precedentemente e, come sta continuando a fare, in quello che era il Vicino Oriente e nel Nordafrica.

La medesima tattica che inizialmente gli USA avevano utilizzato in vari Paesi dell’America latina, in quello che era considerato il cortile di casa.

Attualmente il cortile di casa degli americani si è molto ampliato e spostato oltre atlantico e sorge il dubbio che anche noi se ne possa far parte.

Il dubbio diventa certezza dopo che sono state annullate le elezioni in Romania dove aveva avuto la maggioranza relativa un candidato a loro sgradito.

Il colonialismo europeo, in passato, era indubbiamente da biasimare ma perlomeno esistevano delle capitali che, compensando l’innegabile sfruttamento che ne seguiva, costruivano strade, ferrovie, porti, scuole, linee telefoniche e telegrafiche, centri agricoli, operavano inoltre per una modernizzazione della legislazione ecc.

Il neocolonialismo è un fenomeno molto più nocivo perché prende tutto senza dare nulla in cambio, anzi, alimenta solo la corruzione nella classe politica e nella burocrazia.

Invece, l’espansionismo e la penetrazione atlantista, agiscono con la logica del Risiko, mentre il vecchio colonialismo agiva con la logica del gioco del Monopoli.

Questa egemonia atlantista sa distruggere solamente intere economie e sembra riesca solo a perpetuare il sottosviluppo e la destabilizzazione su vasta scala.

Ci vuole poca fantasia per immaginarsi cosa diventerebbe una Cina “liberata” dalla dittatura in nome dei valori occidentali.

Sarebbe un caos indicibile in tutta quella parte di Asia precipitata nella miseria, con fame come si tempi di 55 giorni a Pechino, scontri etnici, separatismi e dissolvimento dello Stato.

Cosa che sarebbe indubbiamente avvenuta se il movimento esclusivamente eversivo, della serie delle rivoluzione colorate, di piazza Tienanmen fosse riuscito nel suo intento.

Una cosa del genere avrebbe ripercussioni negative anche sui mercati occidentali.

Ne abbiamo avuto un esempio lampante con la Russia, quando Gorbaciov smantellò l’impero che gli Zar avevano edificato e che il comunismo aveva mantenuto.

Il successore Eltsin si era rivelato un incapace alcolista e tutti videro che non sapeva minimamente gestire la tragica situazione.

La Russia era preda di convulsioni e sembrava priva di una testa pensante e di ogni coordinamento.

Tutte le risorse erano in mano alle multinazionali, al grosso gangsterismo dilagante e agli oligarchi, spuntati come funghi e che agivano in concerto con capitali estere.

Ricordo la stampa occidentale, anche italiana, che esaltava, in articoli di fondo, il tragico fenomeno del gangsterismo, asserendo che anche in America l’economia liberale e il capitalismo moderno erano nati inizialmente col fenomeno del gangsterismo.

L’articolo apparso su un quotidiano della grande stampa, un giornale borghese e considerato progressista, asseriva che anche quello era un buon segno.

Tutto questo, prima che arrivasse l’autocrate Putin a salvare il popolo russo dal baratro di miseria, fame e alcolismo in cui era precipitato.

È per questa ragione, e non per altre, che le centrali di potere economico e militare occidentali lo odiano tanto.

Questo nonostante il leader russo avesse aperto l’economia russa ai mercati europei e internazionali e avesse assicurato al nostro continente energia a prezzi politici, come già faceva anche l’Unione Sovietica dove l’ENI con la Galileo, contribuiva alla costruzione di oleodotti con relative turbine.

Ora la Russia ha dovuto sviluppare altri piani di sviluppo, invece che un riavvicinamento al continente europeo come era nei suoi piani, oggi la Russia si è rivolta ad Oriente, verso la Cina e molti altri Paesi emergenti utilizzando la struttura economica del BRICS che si sta allargando sull’Islam, all’Africa, all’America latina.

La mira attualmente è quella di fiaccare lo strapotere atlantista creando delle economie autonome che escano dalla logica dell’uso esclusivo del dollaro per gli scambi internazionali.

Intanto l’economia europea che si è chiusa da sola i rubinetti energetici, ha una economia che langue ma nessuno governo sembra interessarsene.

Non è più l’Europa dei Craxi, dei Berlusconi, degli Schröder ed anche della Merkel che aveva detto chiaramente che voleva in tutti i modi l’Ucraina neutrale, fuori della NATO come un prezioso Stato cuscinetto, come neutrali erano, in quel periodo, Svezia e Finlandia.

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