Quella riguardante la fondazione di Roma è una narrazione in cui la storia si confonde col mito. L’archeologia moderna, a cui vari personaggi come Giacomo Boni, Massimo Pallottino e Andrea Carandini hanno contribuito notevolmente, ha confermato la veridicità di molte storie tramandate dai latini come Tito Livio, Plutarco, Ovidio. Questo fatto ha indirizzato storici contemporanei come Raymond Bock a dare maggior credito a quella storiografia che pensavamo solo leggendaria.

Sappiamo che la città eterna fu fondata anche col contributo degli Etruschi. Anzi, il rito religioso di fondazione sembra sia stato quello dettato da sacerdoti etruschi che riprendevano tradizioni antichissime. Qualcuno ha osservato che forse anche la città di Troia in Asia Minore potrebbe essere stata fondata col medesimo rito, in quanto parrebbe essere stata fondata dai discendenti di Dardano da Cortona. La leggenda dice che la città sul Bosforo fu fondata da una colonia etrusca partita da Tarquinia, poco a nord di Roma.

Da questa leggenda, Dante, nel VI canto del Paradiso, prenderà spunto per scrivere a proposito dei ripetuti voli dell’aquila da Occidente a Oriente e viceversa. In uno di questi voli sarebbe interessata anche la fondazione di Costantinopoli. Per il poeta sono i voli del potere imperiale voluti da Dio.

Sembra che Romolo, per la fondazione, avesse tracciato un solco sacro e inviolabile e, a causa di ciò, avrebbe sollevato l’aratro solo all’altezza di ogni porta. Due bovini trainavano l’aratro, un toro all’esterno e una vacca all’interno del solco. I due animali erano simbolici. Il toro fuori le mura rappresentava la difesa della città, mentre all’interno l’augurio era di nutrimento e fecondità.

La città fu fondata su sette colli. Al tempo della divisione dell’impero, anche con Costantinopoli fu ripetuto l’antico rito etrusco. La nuova città fu edificata sempre sugli stretti, similmente a Troia, di cui i Romani si sentivano i legittimi eredi. La nuova capitale fu edificata sempre su sette colli e con le identiche modalità. Fu battezzata ufficialmente Nuova Roma, anche se entrò nell’uso comune denominarla la città di Costantino, ovvero Costantinopoli.

Quando cadde l’impero Romano d’Occidente con il giovane Romolo Augustolo, in realtà non cadde l’impero Romano. Questo perché il barbaro Odoacre, re degli Eruli, esiliato il giovane imperatore imberbe, fece radunare tutte le insegne imperiali e le inviò a Costantinopoli, affermando che ai Romani basta un solo imperatore. La successiva cosiddetta guerra gotico-bizantina dimostra infatti che l’impero era ben vivo e cercava di ricomporre l’antica unità. Ad ogni modo, l’impero Romano d’Oriente sopravvisse per altri mille anni.

Gli storici britannici illuministi, ideologicamente, non potevano tollerare l’idea che potesse esserci stato un impero Romano cristiano oltre che pagano. Di conseguenza, cominciarono dal XVIII secolo a chiamare Costantinopoli col nome di Bisanzio, e l’impero Romano fu ribattezzato impero bizantino. Per indicare la decadenza viene utilizzato il termine bizantinismo. E i Romani di lingua greca furono ribattezzati bizantini.

Ma in realtà, Bisanzio cosa fu? Nient’altro che una cittadina greca esistente prima della fondazione di Costantinopoli e che smise di esistere nel 330 d.C., inglobata dalla nuova capitale. Questi Greci si dicevano Romani, anche se parlavano greco. Uno degli ultimi atti dell’impero d’Oriente fu lo sforzo di riunificazione delle due fedi, cattolica e ortodossa, col concilio di Ferrara che si concluse a Firenze.

Inoltre, Giovanni VIII, detto il Paleologo, aveva dato vita precedentemente alla scuola di Mistras, incaricando il filosofo Gemisto Pletone, un nobile di Costantinopoli, di studiare un rinnovamento filosofico e spirituale. In accordo con l’imperatore, fu fondata a Mistras una scuola filosofica e religiosa di tendenza neoplatonica. Sono le idee che, venute a contatto con Marsilio Ficino e gli altri componenti l’Accademia neoplatonica di Careggi, diedero vita al Rinascimento.

Successivamente, l’imperatore di Costantinopoli Costantino XI vide nel 1453 la tragica fine della città, che fu espugnata dai Turchi, con alla testa il giovane sultano Maometto II. L’imperatore non abbandonò la città, ma rimase al suo posto anche perché sperava nell’aiuto dei Veneziani, che non poterono aiutare la seconda Roma. Così l’ultimo Paleologo morì in una carica di cavalleria contro i Turchi.

La storia della nuova Roma sembra terminata definitivamente con la morte eroica dell’ultimo imperatore romano. Però, più a nord, era nata una nuova realtà e si andava formando un grande Stato che aveva ereditato la religiosità della Chiesa d’Oriente. Nella città di Mosca, avvenne nel 1472 un importante matrimonio fra il Granduca di Mosca Ivan III Vasil’evic, detto il Grande, e la Principessa Zoe Paleologo, nipote dell’ultimo imperatore di Costantinopoli ed unica erede legittima della dinastia degli imperatori romani di Costantinopoli. Ivan, in seguito, assunse il titolo di Zar di tutte le Russie, ovvero di Cesare, titolo approvato dal Patriarca di Costantinopoli.

Con questo atto nasce la tradizione della Terza Roma, che si perpetuerà. Anche i sultani ottomani avrebbero ambito al titolo di successore degli imperatori romani, rivendicando il diritto di conquista e fregiandosi dell’appellativo di Kayser-i Rum, ovvero, Cesare di Roma, o di Basileus, che significava re, titolo degli imperatori. Quel titolo era tanto ambito perché aveva assunto il significato di legittimo monarca universale.

Questo tentativo non ebbe fortuna, perché il diritto di conquista, ad un certo livello di universalità, non ha troppo valore. Infatti, anche Odoacre, che pur essendo di origini barbare era pur sempre un generale, era cosciente di non potersi arrogare il titolo di imperatore romano, ma si accontentò della carica di rappresentante dell’impero d’Oriente in Italia.

L’impero Romano d’Oriente, nonostante la caduta di Costantinopoli, lasciò varie eredità. Una con la sua effettiva prosecuzione dinastica e religiosa a Mosca e a tutte le Russie. Una seconda eredità culturale e spirituale con l’inseminazione delle idee neoplatoniche a Firenze da parte di Gemisto Pletone, che hanno donato il Rinascimento all’intera Europa. Anche il sultano fu contagiato dall’idea del legittimo Impero universale. Questo è tanto vero che gli Ottomani hanno deliberatamente lasciato il nome di Costantinopoli alla città fino al 1930, il quale fu mutato in Istanbul, che poi significa semplicemente in greco “nella città”. La città per eccellenza.

La domanda è questa: l’eredità e la legittimità della Terza Roma risiedeva unicamente nella legittimità dinastica oppure prosegue anche come eredità spirituale in un’Europa ormai preda del nichilismo?

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