Fresco del suo nuovo ed interessantissimo libro ‘’Geopolitica digitale’’ il Prof. Antonio Deruda è un’ esperto di comunicazione da circa 20 anni, ricoprendo ruoli quali : addetto stampa presso l’ambasciata degli Stati Uniti ed ultimamente Coordinatore della comunicazione digitale della presidenza italiana del G7/G20. Con questa sua opera è riuscito a cogliere ed ad articolare un argomento che fino ad ora, quasi nessuno aveva sviluppato e sviscerato. Rilascia per Tota Pulchra una preziosa testimonianza del suo operato e della sua competenza.

Professore, ci vuole parlare della sua brillante carriera e soprattutto del suo ruolo di coordinatore della comunicazione digitale della presidenza italiana del G7/G20?

Da anni studio e insegno l’affascinante intersezione tra le relazioni internazionali e le nuove tecnologie. Una passione nata durante il mio incarico nell’ufficio Public Affairs dell’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia, proprio durante l’avvento delle principali piattaforme che ancora dominano lo spazio digitale. Ho potuto sperimentare in prima persona come i nuovi canali di comunicazione, che all’apparenza sembravano molto distanti dal mondo più formale e paludato della diplomazia, stessero in realtà radicalmente cambiando la comunicazione nell’ambito delle relazioni internazionali.

Questo cambiamento l’ho raccontato nel mio primo saggio “Diplomazia Digitale” e ho avuto modo di metterlo in pratica coordinando la comunicazione online del G7 nel 2017, del G20 nel 2021 e oggi nel mio attuale incarico per la Presidenza italiana del G7 del 2024. Nel frattempo, ho cominciato a studiare cosa avviene dietro Internet, quali dinamiche economiche e geopolitiche determinano lo sviluppo della tecnologia che ha rivoluzionato le nostre vite. Ho intrapreso un viaggio nella grande infrastruttura globale della Rete che mi ha portato al mio ultimo saggio, “Geopolitica Digitale”, edito recentemente da Carocci Editore.

Come sono cambiate le relazioni internazionali con l’accelerazione tecnologica? La tecnologia ha reso obsoleti i vecchi schemi oppure li ha integrati in una nuova cornice dove la sostanza permane?

Il rapporto tra la diplomazia, paradigma di discrezione ed equilibrio, e il Web, simbolo di apertura e partecipazione, rappresenta un peculiare fenomeno che ha dato vita a una sorta di Risiko online in cui l’obiettivo finale non è la conquista del territorio, ma dell’opinione pubblica internazionale. Internet ha determinato una radicale evoluzione nelle dinamiche di comunicazione, e in parte anche nei processi decisionali, di istituzioni governative il cui approccio è sempre stato molto distante dai principali elementi fondanti del Web partecipativo. Sarebbe irrealistico pensare che le tecnologie possano sostituire la diplomazia tradizionale, che i negoziati si possano condurre con scambi su X o con video su TitkTok. Il web non sostituirà la diplomazia, ma certamente ne ha determinato un’evoluzione. Le piattaforme online sono strumenti di un’attività che potrebbe a prima vista sembrare la riedizione in chiave tecnologica della vecchia propaganda, ma in realtà impone ai governi nuove sfide: trasformare la mera diffusione di messaggi in conversazioni con l’opinione pubblica, abbandonare il megafono e partecipare alle discussioni nelle agora virtuali, ascoltare le sollecitazioni e le proposte che provengono dal basso e stabilire un dialogo costruttivo con i cittadini.

Ha recentemente pubblicato un interessantissimo libro, che già dal titolo propone qualcosa di innovativo ” Geopolitica digitale – la competizione globale per il controllo della Rete”. Quale è la finalità di questa opera?

Con questo libro ho voluto smontare due falsi miti. Il primo è che la Rete sia qualcosa di etereo, onde che si trasmettono nello spazio. Non è così. La Rete è molto più fisica di ciò che immaginiamo, traccia rotte in fibra ottica sotto i mari, attribuisce valore strategico ai luoghi dove i cavi sottomarini emergono, occupa spazi fisici con i suoi hub, ridefinisce le priorità di sicurezza nazionale, disegna le mappe di una vera e propria geopolitica digitale in grado di influenzare le scelte economiche e di politica estera degli Stati. Oltre il 95% delle comunicazioni online si muove attraverso un complesso sistema di cavi e di infrastrutture ad essi collegate, come landing stations, data center, ripetitori, server terrestri e sottomarini. Questa fisicità della Rete ha innescato una vera e propria competizione geopolitica tra potenze.

Il secondo luogo comune è quello della rappresentazione idealizzata di Internet come uno spazio universale e senza confini. In realtà negli ultimi anni si è affermata la visione più realistica di un terreno di conquista dove governi e multinazionali piantano bandierine tramite la realizzazione e il controllo delle infrastrutture critiche per la trasmissione dei dati e dove si combattono nuovi conflitti ibridi sotto forma di attacchi cyber e sabotaggi di cavi. Tutto ciò sta portando a una trasformazione della Rete, che in futuro potrebbe essere molto diversa da quella odierna.

Non c’è un rischio concreto che l’uomo (il politico nella fattispecie) appoggiandosi a schemi informatici e social media, rischi di alimentare un’immagine distorta di sè? L’impressione è che si vogliano creare personaggi e non persone.

Sì, il rischio c’è ed è fondato su diverse criticità. La prima è quella che i social media tendono a favorire contenuti brevi e superficiali, dove la complessità viene sminuita. L’enfasi si sposta dunque dai temi ai toni, dalle competenze alla personalità, dal dibattito sulle proposte a una mera competizione di like. La seconda criticità è quella delle bolle virtuali che rischiano di far perdere il contatto con una realtà spesso molto più sfaccettata di quella che ci viene proposta dagli algoritmi. La terza criticità è l’uso quasi esclusivo sui social di una comunicazione unidirezionale che limita il confronto diretto e il dialogo con i cittadini. Una delle principali conseguenze di questo scenario è che l’acuirsi della distanza tra l’immagine pubblica e la persona reale generino sfiducia e disillusione, due pericolosi sentimenti che minano le basi delle democrazie.

Le sue previsioni per il futuro della diplomazia e delle relazioni internazionali in un futuro non troppo lontano?

Per quanto riguarda il mio ambito, ovvero il rapporto tra relazioni internazionali e tecnologie, sicuramente assisteremo a un peso sempre maggiore di quest’ultime nelle dinamiche globali. La nuova competizione geopolitica ha dei contorni ancora in evoluzione, ma una delle principali priorità delle potenze è molto chiara: primeggiare in un mondo dove la tecnologia determinerà sempre di più i rapporti di forza tra le nazioni. La nuova geografia digitale modifica radicalmente quella tradizionale, mettendo in discussione i concetti cardine di centro e periferia. Oggi i gangli vitali dell’economia, della finanza e della politica mondiale risiedono in quei luoghi dove le connessioni sono più avanzate. Al contrario, diventano periferie quei territori che restano ai confini delle infrastrutture di Internet. La scelta su dove far passare un nuovo cavo sottomarino in fibra ottica o l’identificazione di un luogo dove costruire un’importante data center sono decisioni strategiche che possono incidere sul futuro di intere aree del mondo. Popolazione, dimensione geografica, disponibilità di materie prime, potenza economica e apparati militari sono stati per secoli i fattori di forza principali delle potenze che si sono avvicendate nel panorama mondiale. Oggi si è aggiunto un altro elemento che inciderà negli scenari futuri: lo sviluppo tecnologico e digitale.

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