Davide Susanetti è Professore ordinario di letteratura greca all’Università di Padova. Importante divulgatore della mitologia greca e del suo significato più profondo, ha scritto anche un significativo testo sulle favole antiche spiegandone la genesi e l’influsso che ancora oggi è presente in Europa e nel mondo occidentale. L’ultima sua pubblicazione è ‘’L’altrove della tragedia greca. Scene, parole ed immagini’’ edito da Carocci editore nel 2023.

Professore, spesso il concetto di misticismo viene confuso con un abbandono passivo alla volontà divina. Come si può intendere l’aggettivo mistico nell’orizzonte classico?

Su questa questione c’ è una confusione e una mancanza di chiarezza. Se noi andiamo alla radice del termine ’mistico’ e ragioniamo sulla fenomenologia dell’esperienza delle fonti classiche osserviamo una cosa estremamente semplice: mistico deriva dal verbo greco  μύω (chiudere), ovvero chiudere gli occhi fisici. C’è un bellissimo passo di Plotino, dove viene descritta la comune percezione della realtà con l’occhio fisico , ma quest’ultimo ci da solo una prospettiva e non basta per cogliere le altre dimensioni. Per accorgersi di questo c’è bisogno di una vista che tutti hanno ma pochi usano. Basta chiudere gli occhi, sospendere la visione sensibile e convergere il movimento della vista dall’esterno all’interno. Ecco l’inizio del proprio viaggio di esplorazione interiore, che ci rende consapevoli che tutto è all’interno di noi. Tutto ciò che vogliamo come altro, diverso e molteplice in realtà promana e si origina all’interno di noi . Ogni cosa e ‘già riposta nell’anima . Questa prospettiva ci dice , che per entrare nel mondo del mistico e del misterico, è necessaria una dinamica e un lavoro di purificazione costanti. Plotino nel primo trattato che ha scritto invita ad un lavoro che, premessa la ‘’conversione’’ su di sé, implica il dare forma alla ‘’materia’’ interiore (di natura più sottile) come uno scultore che taglia i vincoli e le impurità esteriori finché non compaia una statua piena di bellezza. Questa statua altro non è che l’ anima svincolata dalla pesante dimensione del corporeo che inizia a percepire un piano di forme ideali preambolo dell’ l incontro con l’uno, l’assoluto. In questo incontro c’è luce che vede la luce, pura energia che sente se stessa. Ricapitolando, per arrivare a questo stadio è necessario chiudere gli occhi, immergersi nel silenzio adimensionale, separare gli elementi di cui siamo composti e, oltrepassata la soglia, trovarsi in una dimensione dove palpitano altre energie e dimensioni spirituali.

Il mito, che poi è la realtà più profonda, ci dice che Dionisio fu smembrato dai titani. È una vicenda che a mio parere è stata poco approfondita ma che ha una portata simbolica importante. Ce ne vuole parlare?

E’ una vicenda ben presente in tutti gli studi storico religiosi. E’ il mito che appartiene al Dionisio degli orfici. Dionisio bambino smembrato dai titani secondo alcune fonti in 7 parti , ad eccezione del cuore ancora palpitante. Quest’ultimo fu recuperato da Apollo che lo consegnò ad Atena (Minerva) grazie alla quale Dionisio venne ricondotto all’unità. σπαραγμός (lacerazione) ci descrive i un movimento che rappresenta un passaggio da un’ unità chiusa in se stessa all’ esistenza del molteplice, del divenire ovvero di una dimensione dove c’è distinzione, discontinuità, sofferenza. Dionisio è un’unità che si lacera per manifestarsi nel molteplice, che a partire dal cuore si ricompone all’unità divina. Questa è con ogni evidenza una traccia di un percorso iniziatico: il soggetto che vive di una falsa identità rispetto a se stesso deve smembrarsi per ritornare ad essere uno. L’unità che riguadagna non è l’unità ‘’umana troppo umana’’ , ma è un unità che con una morte iniziatica si riconfigura su un piano divino e quindi superiore. Dionisio smembrato ricorda la figura di Osiride fatto a pezzi che viene ricomposto da Iside , che genera Horus, figlio divino, superiore manifestazione rispetto a suo padre.

Lo studio della mitologia, una società di sradicati e di monadi autoreferenziali, può svolgere una natura ” terapeutica” . O meglio, puoi il mito far risorgere le innate potestà dell ‘ uomo?

Sicuramente si. Ogni volta che Platone parla dell’anima ricorre ad un racconto mitico. Il mito è l’unica forma di linguaggio che consente all’anima di vedere direttamente se stessa. Il mito, come il simbolo, sono necessità dell’anima grazie ai quali essa ritorna a se stessa. Ovviamente c’è anche una dimensione terapeutica del mito , approfondita recentemente da Jung ed Hillmann (psicanalisi moderna) , dove quest’ultimo, assieme al sogno, rappresenta la concreta possibilità di incontrare gli archetipi della realtà invisibile (riconnessione dell’anima individuale con l’anima del mondo). E’ chiaro che molti racconti mitici sono racconti iniziatici, di viaggi, trasformazione, passaggio e conquista di un unità più profonda. Nel mondo antico il mito realizzato nel rito, è una sorta di viatico alla scoperta di quel nucleo essenziale che ci costituisce e ci mette in contatto con il divino. Il mito come il simbolo sono delle forme di mediazioni, tra alto e basso, manifesto e non manifesto, umano e ciò che lo supera. Pensare che il mito sia solo una storia, un intrattenimento, è evidentemente riduttivo.

Lo studio degli antichi fu ripreso soprattutto con il Rinascimento. Cosa ne pensa di questa epoca? Si augura un nuovo rinascimento? Oppure secondo lei è già in atto?

Lo studio degli antichi ha avuto un momento felicissimo nel Rinascimento e nell’Umanesimo italiano , dove il poter leggere e tradurre tutta una serie di testi della spiritualità greca ha dato la percezione (Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Bernardino Telesio, Tommaso Campanella) di una ‘Prisca sapientia’ che si riconnetteva, al di là della Grecia, con la figura con Zoroastro. In quest’epoca era presente un vivo confronto tra la teologia cristiana e la sapienza pagana con l’intento di trovare un nucleo comune tra i due mondi. Inoltre in quegli anni viene recuperata la sapienza kabalistica ebraica e Pico della Mirandola cerca una sintesi che, andando oltre il Cristianesimo, finisce per riguardare le tradizioni abramitiche ed il mondo pagano. Per quanto riguarda la situazione attuale ho i miei dubbi su un ‘’ nuovo rinascimento’’ , nel senso che noi stiamo vivendo un periodo di accellerate trasformazioni individuali e collettive che preludono all’emersione di nuove soggettività e nuove configurazioni del sociale. L’esito ? non so rispondere. Auspichiamo che ci sia un rinnovamento dello spirito, in superiori sintesi. Ora siamo nel pieno di un’ opera in nero, si stanno dissolvendo forme e contenitori che non sono più funzionali.

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