Fedor Tyuchev, nonostante sia poco conosciuto in Europa e nel restante occidente, è considerato dalla critica letteraria uno dei più importanti poeti russi di sempre. Della stessa generazione di Schelling, oltre alle famose liriche d’amore dedicate alla sua amante E.A. Denisieva, sono fondamentali i suoi scritti che riguardano le relazioni tra la Russia e l’Europa. Non solo oggi, ma anche allora, la ‘’Madre Russia’’ veniva considerata un mondo a-logico, ovvero non del tutto comprensibile alle categorie di pensiero nate con l’ illuminismo rendendo in tal modo la cultura russa un oggetto misterioso e criptico. Ciambellano di corte dello Zar Nicola I, viene inviato a Torino come diplomatico. Proprio in Italia si inizia ad interessare in maniera più approfondita alla Chiesa Cattolica e delle sue relazioni con la Chiesa Ortodossa, in particolare quella Russa.  In questi scritti, curati da Lelio Antonio Deganutti e tradotti da Irina Socolova, dal titolo  ‘’Questione Romana’’, l’autore ci parla proprio di come viene percepito il Papato agli occhi di un filosofo/poeta russo dell’800. A Roma non si nega il primato onorifico delle Chiese Cristiane, ma si critica un’eccessiva secolarizzazione dei costumi e delle leggi che rischierebbe di porre l’uomo e non Dio al centro della Dottrina.

Se tra le questioni del giorno, anzi del secolo, ce n’è una in cui convergono e si concentrano, come in un focus, tutte le anomalie, tutte le contraddizioni e tutte le difficoltà insormontabili che l’Europa occidentale deve affrontare, allora questa è senza dubbio una questione romana. Sì, non potrebbe essere altrimenti, grazie alla logica inesorabile introdotta da Dio, come segreta giustizia, negli avvenimenti di questo mondo. La profonda e insanabile scissione che per secoli aveva minato l’Occidente doveva trovare la sua massima espressione e raggiungere la radice stessa dell’albero. Nessuno sfiderà Roma per il suo diritto onorifico: oggi, come sempre, è la radice del mondo occidentale. Tuttavia, nonostante la viva preoccupazione delle menti per questa domanda, è altamente dubbio che sarebbero a conoscenza di un resoconto chiaro e accurato del suo contenuto. Probabilmente, la confusione sulla natura e sul significato della questione così posta è principalmente facilitata dall’immaginaria somiglianza tra ciò che è accaduto sotto i nostri occhi a Roma e alcuni precedenti episodi delle sue precedenti rivoluzioni, nonché il collegamento più essenziale della moderna Movimento romano con lo sviluppo generale della rivoluzione europea. Tutte queste ulteriori circostanze, che a prima vista sembrano spiegare la questione romana, in realtà ce ne nascondono solo la profondità.Certo, questa domanda è insolita – e non solo perché riguarda tutto in Occidente, si può anche dire che supera ciò che sta accadendo. Ora, tutto ciò che resta in Occidente di cristianesimo positivo è connesso o da un’affinità visibile o più o meno evidente con il cattolicesimo romano, per il quale il papato, così come si è sviluppato nel corso dei secoli, è l’ovvia base e condizione di esistenza. E quasi nessuno oserà lanciare accuse di paradosso o calunnia di una simile affermazione. Il protestantesimo, con le sue molteplici ramificazioni, è durato appena tre secoli, e sta morendo di infermità in tutti i paesi dove ha finora governato, eccetto forse l’Inghilterra; dove mostra ancora qualche segno di vita, queste manifestazioni tendono a ricongiungersi con Roma. Per quanto riguarda le dottrine religiose derivanti da qualsiasi comunanza con l’uno o l’altro di questi due credi, sono indubbiamente solo opinioni private. In una parola, il Papato è l’unico pilastro del suo genere, che sostiene in qualche modo in Occidente quella parte dell’edificio cristiano che è sopravvissuta e sopravvissuta alla grande distruzione del XVI secolo e ai crolli che seguirono. Ed è questo pilastro che ora distruggeranno, sferrando un colpo alle sue stesse fondamenta. Conosciamo fin troppo bene tutte quelle parole logore, che sia la stampa quotidiana che le dichiarazioni ufficiali di alcuni governi, come al solito, usano per nascondere la vera realtà: dicono che il Papato come istituzione religiosa non pensa nemmeno di toccare, si inchinano davanti ad esso, lo onorano e certamente lo sosterranno, non sfidano nemmeno il potere secolare, ma pretendono solo di cambiarne l’applicazione. Gli saranno richieste solo concessioni universalmente necessarie e gli saranno imposte solo trasformazioni completamente legali. In tutto questo, sebbene vi sia una discreta dose di consapevole disonestà, abbondano gli errori involontari.

Certo, sarebbe disonesto, anche da parte dei più sinceri, pretendere di credere che serie ed oneste riforme dell’attuale forma di governo dello Stato romano non possano condurre in un certo tempo alla sua completa secolarizzazione. Ma non è proprio questo il problema: il vero problema è sapere in quali interessi avverrebbe la secolarizzazione, cioè quale sarà la natura, lo spirito e le aspirazioni del potere al quale trasferirai il governo laico tolto al Papato? Perché è impossibile nascondersi che è proprio sotto la tutela di questo nuovo potere che d’ora in poi il papato sarà costretto a vivere. Ed è qui che abbondano le illusioni. Conosciamo l’idolatria degli occidentali per tutto ciò che è forma, formula e meccanismo politico. Questa idolatria divenne, per così dire, l’ultima religione dell’Occidente. Ma se non si chiudono completamente gli occhi e si sigilla la mente contro ogni fatto e verità evidente, allora come, dopo tutto quello che è successo, ci si può convincere che, nella situazione attuale dell’Europa, dell’Italia, di Roma, le istituzioni liberali e semi-liberali imposte al Papa rimarranno al potere per lungo tempo? Convinzioni medie, moderate e miti? A sostegno della tesi che difendi, ti piace presentare queste convinzioni come se non fossero minacciate dalla loro rapida cattura da parte di una rivoluzione che potrebbe trasformarle immediatamente in un’arma militare per minare non solo la sovranità laica del Papa, ma anche la stessa istituzione religiosa. E sarebbe una perdita di tempo istruire i sostenitori del principio rivoluzionario, come il Signore Satana, a tormentare solo il corpo del fedele Giobbe, senza toccarne l’anima. Stai certo che la rivoluzione, meno coscienziosa dell’angelo delle tenebre, non terrà conto dei tuoi ordini. Qualsiasi errore, qualsiasi malinteso al riguardo è impossibile per chi comprende appieno l’essenza della disputa in corso in Occidente, che nel corso dei secoli è diventata la sua vita; una vita anormale, certo, ma reale, non una malattia nata ieri e ancora in via di sviluppo. E se sono così poche le persone a conoscenza di questa situazione, questo dimostra solo che la malattia è già troppo avanzata. Quando si tratta della questione romana, non c’è dubbio che la maggior parte delle richieste di riforme e concessioni da parte del Papa sono perseguite da interessi onesti, legittimi, non ulteriori, e che la loro dovuta soddisfazione non può più essere ritardata. Ma tale è l’incredibile predestinazione della situazione attuale che questi interessi, per loro natura di importanza locale e relativamente insignificanti, prevalgono e minacciano una questione enorme e importante. Si tratta di abitazioni modeste e innocue di privati, posizionate in modo tale da elevarsi al di sopra del campo di battaglia, e il nemico, purtroppo, è già alle porte. La secolarizzazione dello Stato romano, lo ripetiamo ancora una volta, è il risultato di ogni onesta e seria riforma di esso; e d’altra parte, la secolarizzazione nelle circostanze attuali non sarebbe altro che deporre le armi davanti al nemico: la capitolazione …Quindi qual è la conclusione? Significa forse che la questione romana, in questa formulazione, è semplicemente un labirinto senza speranza, e l’istituzione papale, a causa dello sviluppo latente del vizio in essa nascosto, è coerentemente giunta nei secoli a un periodo della sua esistenza tale in cui la vita , come qualcuno ha detto, è sentito solo come la difficoltà di essere? Roma, come l’Occidente, da essa creata a sua immagine e somiglianza, si è trovata in una situazione senza speranza? Non pretendiamo il contrario…E qui, come il sole, appare la logica provvidenziale, che controlla gli eventi del mondo con il potere della legge interiore.

Presto saranno passati otto secoli da quando Roma ha rotto l’ultimo legame che la univa alla tradizione ortodossa della Chiesa universale. Creandosi quel giorno un destino separato per se stesso, ha determinato il destino dell’Occidente per molti secoli. Le differenze dogmatiche che separano Roma dalla Chiesa ortodossa sono note a tutti. Dal punto di vista della mente umana, queste differenze, pur giustificando pienamente la divisione, non spiegano adeguatamente l’abisso che si è formato – non tra due Chiese, perché la Chiesa universale è una, ma tra due mondi, tra due, quindi per parlare, l’umanità, che marcia sotto due vessilli diversi. Le differenze notate non spiegano del tutto come la deviazione dal vero percorso avvenuta allora avrebbe dovuto necessariamente portare al risultato che osserviamo oggi. Gesù Cristo disse: “Il mio regno non è di questo mondo”. Pertanto, è necessario capire come Roma, allontanandosi dall’Unità, si ritenesse autorizzata per il proprio interesse, da essa identificato con l’interesse della stessa cristianità, a disporre il Regno di Cristo come regno di questo mondo. Sappiamo bene quanto sia molto difficile, in mezzo a idee e concetti occidentali, dare a questa parola il giusto significato; ci sarà sempre la tentazione di interpretarlo non in senso ortodosso, ma in senso protestante. E tra questi due significati c’è una distanza che separa il divino dall’umano. Tuttavia, bisogna ammettere che, nonostante tutta la sua separazione da una distanza così incommensurabile dal protestantesimo, l’insegnamento ortodosso non si avvicinava minimamente all’insegnamento di Roma – ed ecco perché. Roma, infatti, ha agito diversamente dal protestantesimo e non ha abolito la Chiesa come centro cristiano per amore dell’io umano, ma l’ha assorbita nell’io romano. Non ha rifiutato la tradizione, ma si è accontentato di confiscarla a proprio vantaggio. Tuttavia, l’appropriazione del divino a se stesso non è una sua negazione?.. Questo è ciò che stabilisce un terribile, ma indiscutibile legame attraverso tempi diversi tra la nascita del protestantesimo e la presa di Roma. Perché il sequestro ha quella peculiarità che non solo suscita ribellione, ma crea anche per il proprio tornaconto l’apparenza del giusto. Pertanto, la moderna scuola rivoluzionaria non si è sbagliata qui. La rivoluzione, che altro non è che l’apoteosi dello stesso io umano nel suo sviluppo integrale e completo, non mancò di riconoscere come propri e accogliere come due gloriosi maestri non solo Lutero, ma anche Gregorio VII. In lei parlava sangue affine, e lei ne accettò uno, nonostante le sue convinzioni cristiane, e quasi canonizzò il secondo, sebbene fosse il Papa. Ma se l’evidente nesso che lega i tre anelli di questa serie è l’essenza stessa della vita storica dell’Occidente, allora il punto di partenza di tale unità va indubbiamente riconosciuto proprio in una profonda distorsione del genuino principio cristiano nell’ordine imposto su di esso da Roma.

Fedor Tyuchev

Nel corso dei secoli, la Chiesa in Occidente, sotto gli auspici di Roma, perse quasi completamente il carattere originariamente prescritto dalla legge. In mezzo a una grande comunità umana, ha cessato di essere una comunità di fedeli, liberamente uniti in spirito e verità sotto la legge di Cristo. Divenne un’istituzione, una forza politica, uno Stato nello Stato. In verità, nel Medioevo la Chiesa in Occidente rimase solo una colonia romana stabilita in un paese conquistato. È stato questo dispositivo, avendo legato la Chiesa agli interessi terreni, a predeterminarne, per così dire, i destini mortali. Incarnando l’elemento divino in un corpo debole e mortale, ha instillato in lui tutte le malattie e le concupiscenze della carne. Da tale disposizione, per provvidenziale ineluttabilità per la Chiesa romana, veniva la necessità della guerra, guerra materiale, necessità equivalente alla condanna a morte per un’istituzione ecclesiastica. Nasceva in questo assetto uno scontro di pretese, un conflitto di interessi, che non poteva che sfociare ben presto in una feroce battaglia tra il Sacerdozio e l’Impero – quel duello veramente empio e blasfemo, che, durato tutto il Medioevo, affrontò un colpo mortale al principio stesso del potere in Occidente. Da qui, tanti abusi, violenze, vili cose che si sono accumulate nei secoli per rafforzare il potere materiale, senza le quali, come credeva Roma, era impossibile fare per preservare l’Unità della Chiesa e che, al contrario, come previsto, alla fine ha portato al completo collasso di tale unità immaginaria. Non si può negare che l’esplosione della Riforma del Cinquecento sia stata all’origine solo la reazione di un sentimento cristiano troppo a lungo ferito contro il potere della Chiesa, di cui per molti aspetti è rimasto solo il nome. Ma poiché Roma si è da tempo diligentemente incuneata tra la Chiesa universale e l’Occidente, i capi della Riforma, invece di portare le loro doglianze al tribunale di un’autorità legittima e competente, hanno preferito appellarsi al tribunale della coscienza personale, cioè, si sono fatti giudici nei loro affari. Questa è la trappola contro la quale si è schiantata la riforma del Cinquecento. Questa, senza offesa per i dotti sapienti dell’Occidente, si dirà, è la vera e unica ragione per cui il movimento riformista, di origine cristiana, deviò dal cammino e giunse infine a negare l’autorità della Chiesa, e poi il principio stesso di ogni autorità. Attraverso questo divario, creato dal protestantesimo, per così dire, inconsapevolmente, il principio anticristiano ha poi invaso la società occidentale. Un tale risultato è diventato inevitabile, perché l’io umano, lasciato a se stesso, è essenzialmente anticristiano. La ribellione e l’abuso di questo ego non si sono manifestati, naturalmente, negli ultimi tre secoli. Ma proprio in questo momento, che si è rivelato nuovo, per la prima volta nella storia dell’umanità, è stato possibile osservare come la ribellione e gli abusi dell’io umano siano stati elevati a principio e compiuti sotto le spoglie di un innato diritto dell’individuo. Tanto meno era necessario entrare nel mondo del cristianesimo per suscitare pretese così alte, come tanto meno era necessaria la presenza di un legittimo sovrano per rendere completa la ribellione e palesi gli abusi. Negli ultimi tre secoli la vita storica dell’Occidente è stata – e non poteva che essere – solo una guerra continua, un attacco costante a ogni elemento cristiano della vecchia società occidentale. Questa opera distruttiva è continuata a lungo, perché prima dell’attacco alle istituzioni era necessario distruggere la loro forza vincolante, cioè la fede. La prima rivoluzione francese rimarrà per sempre una data memorabile nella storia del mondo proprio perché pose le basi per l’elevazione dell’idea anticristiana al trono dell’amministrazione governativa della società politica. Per convincersi che questa idea esprima il vero carattere e, per così dire, l’anima stessa della Rivoluzione, basta considerare il suo dogma fondamentale, il nuovo dogma che essa ha introdotto nel mondo. Questo è, ovviamente, il dogma del potere supremo del popolo. E qual è il potere supremo del popolo, se non il dominio dell’io umano, molte volte moltiplicato, cioè basato sulla forza? Tutto ciò che non è questo principio non può essere una Rivoluzione e avrà solo un significato puramente relativo e contingente. Ecco perché, notiamolo di sfuggita, non c’è niente di più stupido o di più insidioso che valutare diversamente le istituzioni politiche create dalla Rivoluzione. Sono armi da guerra, ottimamente adattate ai rispettivi usi, ma al di fuori della loro destinazione d’uso, in una società ordinata, non potrebbero trovare affatto un uso adeguato. Tuttavia, la Rivoluzione stessa si è preoccupata di non lasciarci il minimo dubbio sulla sua vera natura, esprimendo così il suo atteggiamento nei confronti del cristianesimo: “Lo Stato in quanto tale non ha religione”. Ecco il Credo dello Stato moderno, e, appunto, la grande novità che la Rivoluzione ha portato nel mondo. Ecco il suo caso essenziale, un fatto senza pari nella storia delle società umane. Per la prima volta, la società politica ha accettato il potere dello Stato, del tutto estraneo a qualsiasi santificazione superiore che sta al di sopra dell’uomo; Uno stato che ha dichiarato di non avere un’anima, e se ce l’ha, allora non è affatto un credente. Dopotutto, tutti sanno che anche nell’antichità pagana, in tutto questo mondo dall’altra parte della croce, che era sotto l’influenza della tradizione universale, distorta, ma non interrotta dal paganesimo, la città, lo Stato era principalmente un’istituzione religiosa . Era, per così dire, un frammento della tradizione universale, che, incarnandosi in una società separata, formava, per così dire, un centro indipendente. Era, per così dire, una religione locale e reificata. Sappiamo bene che la presunta non ingerenza nel campo della fede da parte della Rivoluzione non è troppo grave. Conosce troppo bene le proprietà naturali del suo avversario per non comprendere l’impossibilità di un atteggiamento imparziale nei suoi confronti: “Chi non è con me è contro di me”. Infatti, per offrire imparzialità al cristianesimo, bisogna già cessare di essere cristiani. Il sofisma del nuovo insegnamento si infrange qui contro la natura onnipotente delle cose. Perché questo famigerato non intervento abbia un senso, e non rimanga solo un inganno e una trappola, lo Stato moderno dovrebbe accettare con ogni necessità il rifiuto di ogni pretesa di autorità morale, rassegnarsi al ruolo di semplice istituzione di polizia, un semplice fatto materiale, incapace per sua natura di esprimere qualsiasi idea morale. Vale la pena dirlo seriamente che la Rivoluzione avrebbe accettato una tale condizione non solo umiliante ma anche impossibile per lo Stato che essa creava e rappresentava? Ovviamente no. Del resto, il suo così noto insegnamento fa derivare l’incompetenza del diritto moderno in materia di fede dalla convinzione che la morale, priva di ogni santificazione soprannaturale, sia sufficiente a compiere le sorti della società umana. Ripristiniamo la verità dei fatti. Lo Stato moderno proibisce le religioni di Stato solo perché ne ha una propria, e questa religione è la Rivoluzione. Ritornando ora alla questione romana, si comprende facilmente l’impossibilità della posizione in cui si cerca di porre il Papato, costringendolo ad accettare per suo supremo potere temporale le condizioni dello Stato moderno. La natura del principio sotteso a tale Stato è ben nota al Papato. Lo capisce istintivamente e, se necessario, la coscienza cristiana del sacerdote avviserà il Papa. Tra il Papato e questo inizio non è possibile alcun patto che non sia solo una concessione al potere, ma pura apostasia. Ma ci si può chiedere, perché il Papa non dovrebbe accettare le istituzioni prive del loro principio fondamentale? Ecco un’altra delle illusioni della cosiddetta opinione moderata, che si considera insolitamente ragionevole, ma in realtà testimonia l’assenza della mente. Come se le istituzioni potessero separarsi dalla fonte che le ha create e le anima… Come se la parte materiale senz’anima delle istituzioni non fosse solo un fardello morto, sterile e ingombrante? Tuttavia, le istituzioni politiche finiscono sempre per assumere il significato che viene loro attribuito, non da chi le dà, ma da chi le riceve, soprattutto se imposte. Se il Papa fosse rimasto solo sacerdote, cioè se il Papato fosse rimasto fedele alla sua origine, la Rivoluzione non avrebbe potuto soggiogarlo, poiché la persecuzione non è ancora possesso. Tuttavia, il Papato si è identificato con l’elemento transitorio e fatale che lo rende ormai esposto ai colpi della Rivoluzione. Questo è l’impegno che il Papato romano ha anticipato alla Rivoluzione molti secoli fa. Come già accennato, qui si manifesta chiaramente la logica suprema dell’azione provvidenziale. Di tutte le istituzioni che il Papato ha generato dalla sua separazione dalla Chiesa ortodossa, l’instaurazione del potere temporale del Papa ha indubbiamente approfondito, aggravato e rafforzato maggiormente questo divario. Ed è in questo stabilimento che vediamo oggi che si imbatte il papato. Certo, per molto tempo il mondo non ha contemplato uno spettacolo del genere, presentato dalla sfortunata Italia negli ultimi tempi prima dei suoi nuovi disastri. Per molto tempo nessuna situazione, nessun fatto storico ha acquisito un aspetto così strano. A volte capita che alla vigilia di una grande disgrazia, le persone siano colte senza una ragione apparente da un impeto di folle gioia, violenta allegria – qui un intero popolo era posseduto da questo tipo di attacco. E questa febbre, questo delirio si è mantenuto e diffuso per mesi. C’è stato un momento in cui, come una corrente elettrica, hanno trafitto tutti gli strati e le classi della società, e il nome del Papa si è rivelato lo slogan di una follia generale e intensa! Quante volte un povero prete cristiano deve aver rabbrividito in un silenzio solitario al suono di questa orgia che ne ha fatto il suo idolo! Quante volte queste grida d’amore, queste convulsioni di estasi hanno generato, senza dubbio, doloroso stupore e dubbio nella sua anima cristiana, pronta a essere dilaniata da una popolarità così spaventosa! Quello che deve essere stato più deprimente per il Papa è stato che alla base di questa enorme popolarità, dietro a tutta questa sfrenata esaltazione della folla, per quanto frenetica fosse, non poteva fare a meno di vedere il calcolo e il pensiero arretrato. Per la prima volta hanno mostrato il desiderio di adorare il Papa e allo stesso tempo hanno cercato di separarlo dal Papato. Inoltre, tutti questi onori e ammirazioni sono stati tributati a una sola persona perché speravano di trovare in lui un complice nella lotta contro l’establishment stesso. In una parola, volevano onorare il Papa bruciando il Papato con fuochi d’artificio. Ecco perché questo ordine, “oscillante di epoca in epoca”, oscillante tra persecuzione e trionfo, rimprovero e gloria, non ha mai trovato, e non ha potuto trovare in Occidente, né una convinzione religiosa imparziale per la sua valutazione, né un’autorità religiosa competente per il giudizio su di esso. Una parte della società occidentale, che ha decisamente rotto con i principi cristiani, attacca i gesuiti solo per colpire con più precisione, sotto il mantello della loro impopolarità, il loro vero nemico. Quanto ai cattolici, che rimasero devoti a Roma, ma si rivelarono oppositori dell’ordine, loro personalmente, in quanto cristiani, potevano avere ragione; tuttavia, come cattolici romani, sono disarmati davanti all’ordine, perché attaccandolo corrono costantemente il rischio di offendere la stessa Chiesa romana. Ma non solo contro i gesuiti, questa forza viva del cattolicesimo, cercarono di usare la popolarità per metà finta e per metà sincera di cui era vestito Papa Pio IX. Anche l’altra parte contava su di lui: era rimasto con una vocazione diversa. I fautori dell’indipendenza nazionale speravano che una completa secolarizzazione del papato per favorire i loro scopi avrebbe consentito a colui che è soprattutto un sacerdote di accettare di diventare l’alfiere della libertà italiana. Così, i due sentimenti più vivi e potenti dell’Italia moderna – il disgusto per il secolare dominio del clero e l’odio tradizionale per lo straniero, per il barbaro, per il tedesco – insieme esigevano, ciascuno nel proprio interesse, la partecipazione del Papa nella loro causa. Tutti lo lodavano e persino lo idolatravano, come per patto che sarebbe diventato il servo di tutti, ma per niente nel senso dell’umiltà cristiana. Tra le opinioni pubbliche e gli influssi politici, che, offrendogli il proprio appoggio, cercavano in ogni modo il suo patrocinio, ce n’era una che prima aveva fatto rumore grazie ai suoi numerosi predicatori e interpreti, persone di straordinario dono letterario. Se si deve credere agli insegnamenti ingenuamente ambiziosi di questi teorici politici, allora l’Italia moderna, sotto gli auspici del Pontificato, dovrebbe presto riconquistare il primato universale e padroneggiare lo scettro mondiale per la terza volta. Cioè, in un momento in cui l’edificio del Papato stava tremando fin dalle fondamenta, essi consigliarono seriamente al Papa di superare il Medioevo e gli suggerirono di introdurre qualcosa come un Califfato cristiano – a condizione, naturalmente, che la nuova teocrazia avrebbe agire nell’interesse della nazione italiana. Non si può, infatti, non meravigliarsi dell’inclinazione al chimerico e all’impossibile che domina le menti dei nostri giorni ed è il segno distintivo della nostra epoca. Ci deve essere una vera affinità tra l’utopia e la Rivoluzione, perché non appena quest’ultima tradisce per un momento le sue abitudini e si propone di creare invece di distruggere, cade sempre inevitabilmente nell’utopia. Per amor di giustizia, va chiarito che quella appena accennata è un’altra delle utopie più innocue.  Infine, allo stato attuale delle cose, venne un momento in cui uno stato ambiguo era impossibile, e il Papato, per riconquistare il suo diritto, si rese conto della necessità di rompere bruscamente i rapporti con i presunti amici del Papa. Poi la Rivoluzione, a sua volta, si è tolta la maschera e si è presentata al mondo sotto le spoglie della Repubblica Romana. Quanto a questa festa, ormai si sa, si è vista in azione. Lei è la vera, legittima rappresentante della Rivoluzione in Italia. Questo partito considera il papato come il suo nemico personale a causa dell’elemento cristiano che contiene. E quindi non vuole tollerarlo, nemmeno per usarlo nei propri interessi. Vorrebbe semplicemente abolirlo e, per ragioni simili, porre fine a tutto il passato dell’Italia: dicono che tutte le condizioni storiche della sua esistenza furono macchiate e infettate dal cattolicesimo, e quindi il partito si riserva il diritto, in un astrazione puramente rivoluzionaria, per collegare il sistema statale previsto con le tradizioni repubblicane dell’antica Roma. .Ciò che è degno di nota di questa semplice utopia è che, nonostante l’impronta di un carattere profondamente antistorico, continua una tradizione ben nota nella storia della civiltà italiana. Alla fine, è una memoria classica dell’antico mondo pagano, della civiltà pagana. Questa tradizione ha avuto un ruolo enorme nella storia d’Italia, è stata immortalata attraverso tutto il suo passato, ha avuto i suoi rappresentanti, eroi e persino martiri, e, non contento di un dominio quasi esclusivo nelle arti e nella letteratura del paese, più di una volta ha cercato di prendere forma politicamente per dominare l’intera società nel suo insieme. Ed è notevole che ogni volta che questa tradizione mirata ha cercato di essere rianimata, è invariabilmente apparsa, come un fantasma, nello stesso posto – a Roma. L’inizio della rivoluzione non poteva non accogliere e assimilare la tradizione giunta fino ai nostri giorni, poiché conteneva un pensiero anticristiano. Ora questo partito è stato schiacciato e il potere del Papa è stato apparentemente restaurato. Tuttavia, bisogna convenire che se qualcosa poté aumentare ulteriormente il carico di circostanze fatali contenuto nella questione romana, fu proprio l’intervento francese, che diede un duplice risultato. L’opinione popolare, divenuta luogo comune, vede in questo intervento, come di solito accade, solo un atto sconsiderato o una svista del governo francese.

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