Agata nacque a Catania intorno al 230 d. C. da una nobile famiglia e sin da giovane decise di consacrarsi a Dio. Nel periodo fra la fine del 250 e l’inizio del 251 d.C., il proconsole Quinziano giunto alla sede di Catania con l’intento di far rispettare l’editto dell’imperatore Decio, che chiedeva a tutti i cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede, mise in atto una feroce persecuzione. La tradizione vuole che Quinziano si invaghì della giovane Agata ordinandole di ripudiare la sua fede e adorare gli dèi pagani. Nonostante i tentativi di corrompere la giovane, Quinziano diede avvio a un processo che terminò col carcere e le conseguenti violenze. Agata fu sottoposta al violento strappo delle mammelle con tenaglie ma la tradizione indica che nella notte venne visitata da San Pietro che ne risanò miracolosamente le ferite. Fu ordinato allora che venisse bruciata, ma un forte terremoto evitò l’esecuzione. Il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove morì il 5 febbraio del 251. Il suo corpo venne imbalsamato e avvolto in un velo rosso che, si racconta, fermò più volte la lava che minacciava di distruggere Catania; sin da subito, la santa fu invocata a difesa e protezione della città.

Bernardino Niger, Martirio di sant’Agata, 1588, chiesa di Sant’Agata al carcere, Catania.

Un’immagine, quella di sant’Agata, divenuta presto il simbolo religioso della città. Grazie alla pittura, l’iconografia del martirio ha presto varcato i confini locali divenendo fonte d’ispirazione per gli artisti nel corso dei secoli. A Catania si conserva una degli esempi più importanti del tardo manierismo espresso in Sicilia in forme che documentano i rapporti tra Catania e le altre parti della penisola, è il caso del Martirio di Sant’Agata eseguito da Bernardino Niger nel 1588, grande pala d’altare conservata presso la chiesa di Sant’Agata al carcere. Le opere d’arte intorno alla figura di Agata non si esauriscono nella Cattedrale ma abbracciano più nazioni, diversificandosi in pitture, sculture e manufatti votivi che hanno alimentato una straordinaria venerazione.

Il fercolo di Sant’Agata

L’opera d’arte più importante riferibile alla santa è il busto reliquiario che custodisce al suo interno le reliquie del capo e del busto della santa, mirabile opera trecentesca disegnata dal senese Giovanni di Bartolo e realizzata nel contesto della produzione artistica avignonese, visibile solo durante le festività agatine. Ad esso, durante le processioni, è accostato lo scrigno, opera tra le più importanti dell’oreficeria catanese del XVI secolo, contenente al suo interno altre reliquie della santa, tra cui una mammella, emblema del martirio di Agata.

Le reliquie della santa riposano all’interno del Sacello della Cattedrale di Catania, città che le dedica una grande festa, la terza festa cristiana al mondo per numero di partecipanti e paragonata soltanto alla Settimana Santa di Siviglia o al Corpus Domini di Cuzco in Perù, nei giorni 3, 4 e 5 febbraio.

Piazza Duomo la sera del 3 febbraio.

Il primo giorno dei festeggiamenti, il 3 febbraio, è riservato all’offerta delle candele. Durante la mattina, le due carrozze settecentesche che un tempo appartenevano al Senato della città, vengono portate in corteo insieme ai ceri votivi e alla maestosa processione delle “candelore”, decoratissimi cerei di legno che rappresentano le corporazioni delle arti e dei mestieri della città. La sera, in piazza Duomo, vi è un grandioso spettacolo di giochi pirotecnici, i quali simboleggiano il martirio avvenuto sulla brace e ricordano come, tradizionalmente, Agata vigili sempre sul fuoco dell’Etna.

Candelore, Museo delle Candelore, Chiesa di San Nicolò l’Arena, Catania.

La mattina del 4 febbraio, celebrata la “Messa dell’Aurora”, avviene il primo incontro tra Agata e il suo popolo. Le reliquie vengono portate in processione per il “giro esterno” della città, sul fercolo d’argento “a vara”, macchinario di pregiatissima fattura conservato presso il Museo Diocesano, istituzione quest’ultima che si trova accanto alla Cattedrale di Catania. Il fercolo viene seguito in processione da migliaia di devoti vestiti con il tradizionale “sacco”, ovvero, una tunica bianca stretta in vita da un cordone, cuffia nera, fazzoletto e guanti bianchi. Il 5 febbraio avviene “giro interno” che percorre la via etnea e tocca i punti più emozionanti della festa come il classico canto offerto dalle suore di San Benedetto in via crociferi.

L’uscita del fercolo dalla Cattedrale di Catania il pomeriggio del 5 febbraio.

Una festa di luce, seppur celebrata per buona parte in notturna, illuminata dai grossi ceri votivi che devoti e fedeli omaggiano alla Santa per intercessione a Dio. In questo contesto, i grandi ceri votivi rappresentano non solo il simbolo della grazie ricevuta ma simboleggiano la storia del martirio della Santa e del legame diretto con Catania e il fuoco dell’Etna.

Grandi ceri votivi portati a spalla dai devoti in via Etnea.

Il nesso profondo che lega la storia di sant’Agata con la città di Catania è prodotto di un culto che ha superato i secoli, espandendosi per ogni latitudine del Cristianesimo, ma che resta il più grande patrimonio della città e uno dei più importanti della storia della Sicilia.

 

Per ulteriori approfondimenti

Agata santa. Storia, arte, devozione. Dipinti, sculture. Contesto storico, archeologia. Argenteria, oreficeria, oggetti sacri. Città, archivi. Giunti, Firenze 2008.

Cattedrale di Catania, mille anni di storia, arte e fede catanese, Almaeditore, Catania 2005.

Nunzio Dell’Erba, Storia di Catania, Dalle origini ai giorni nostri, Edizioni Biblioteca Dell’Immagine, Pordenone 2016.

https://www.comune.catania.it/la-citta/santagata/la-festa-di-sant-agata/la-aprocessione.aspx

https://www.comune.catania.it/la-citta/santagata/la-festa-di-sant-agata/le-canderole.aspx

https://www.diocesi.catania.it/

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