In questo momento in cui le parole mi mancano, posso solo dire grazie dal profondo del cuore: grazie al Presidente della Repubblica francese, che mi ha nominato Commendatore della Legione d’Onore; grazie a lei, signor Ambasciatore, e a lei, signora, per la sua amicizia e per il suo impegno. Non avrei mai immaginato l’onore e la felicità di trovarmi legato in modo così reale e profondo alla grande tradizione culturale e spirituale francese.
Fin da giovane sono stato uno zelante ammiratore della dolce Francia. In una Germania distrutta e umiliata dalla guerra, il primo dramma che vidi fu “Le Soulier de satin” di Paul Claudel. Fu una svolta importante nella mia vita. Il simbolismo dell’amore e della rinuncia, della fertilità e della grazia divina nella debolezza umana, era diventato per me un messaggio molto personale, un’indicazione fondamentale del percorso di vita che avrei intrapreso.
Cominciammo a leggere i grandi scrittori francesi contemporanei: Bernanos, Mauriac, Péguy, ma anche laici come Anouilh e Sartre. A quel tempo le frontiere tedesche erano ancora chiuse, ma nel 1948 ci fu presentato il libro “soprannaturale” di padre Henri de Lubac: con la sua nuova antropologia, la sua profonda sensibilità per l’uomo moderno e la sua fedeltà al vero messaggio della fede cristiana, fu per noi un evento. Aprì una nuova visione del mondo e presentò una sintesi tra modernità e tradizione. Poco più tardi, ho scoperto anche altri teologi francesi come Congar, Daniélou e Chenu: il mio pensiero ha preso forma a contatto con questi maestri, nei quali ho trovato una sintesi esemplare tra spiritualità e scienza, tra intuizione e rigore metodologico.
Per me, il grande momento è stato quando ho avuto l’opportunità, per la prima volta, al Concilio del 1962, di salutare il venerato padre de Lubac. Sono rimasto sbalordito dall’umiltà e dalla cordialità con cui questo grande uomo ha accolto l’oscuro giovane teologo tedesco che ero. Padre de Lubac era stato uno dei coraggiosi ispiratori della resistenza in Francia durante la guerra. Aveva combattuto contro un’ideologia di menzogna e di violenza, ma non contro un popolo. Questa resistenza portava con sé la vera forza della riconciliazione: l’umanesimo cristiano, basato sull’universalità e sulla forza unificante della verità. La verità è anche una spada contro la falsità, e padre de Lubac non ha avuto paura di puntare questa spada contro la falsità dentro e fuori la Chiesa, prima e dopo il Concilio. Ma soprattutto era un uomo di pace e di fraternità nell’amore di Cristo.
Per me, l’amicizia con il Padre e il Cardinale de Lubac, sviluppatasi durante il Concilio e nel periodo in cui abbiamo lavorato insieme nella Commissione Teologica Internazionale, è uno dei più grandi doni che ho ricevuto nella mia vita. Questo grande cristiano era per me l’incarnazione dell’autentico umanesimo cristiano, capace di fondare un’Europa in comunione fraterna con tutti i continenti. Il cardinale de Lubac si è distinto per me come l’incarnazione della Francia nobile e un modello perfetto di savoir-vivre evangelico.
Mi congratulo con la Francia per queste grandi personalità. Ringrazio la Francia per il dono della sua cultura umanistica. Spero che tutti noi possiamo contribuire a plasmare un’Europa impregnata dei grandi valori della sua tradizione cristiana, per sbarrare la strada a tentazioni ideologiche di ogni tipo. Vi ringrazio ancora una volta per l’onore di appartenere alla Legione d’Onore. Viva l’amicizia tra Francia e Germania, viva la Francia!
