“Io appartengo a quella generazione che ha vissuto la Seconda guerra mondiale ed è sopravvissuta. Ho il dovere di dire a tutti i giovani, a quelli più giovani di me, che non hanno avuto quest’esperienza: Mai più la guerra!”
Queste furono le parole pronunciate il 16 marzo 2003, da Papa Giovanni Paolo II, in occasione dell’Angelus in Piazza S. Pietro. Le parole del Santo Padre risultano più attuali di ieri perché si prestano al presente, soprattutto nel conflitto tra Russia e Ucraina. Senza dubbio, analizzando l’azione diplomatica perseguita dalla Santa Sede, già dall’inizio delle ostilità tra Mosca e Kiev, troviamo il principio di quel Mai più la guerra, gridato da San Giovanni Paolo II. Infatti, la Santa Sede, conscia del fatto di non poter perseguire una pace giusta ad ogni costo, si è mossa con ogni strumento in suo possesso per tentare di ottenere una qualunque forma di cessate il fuoco tra le parti belligeranti.
Per comprendere appieno la posizione assunta da Città del Vaticano, ci occorre prima delineare un quadro completo del conflitto ancora in atto. Iniziamo dal versante orientale, in cui troviamo una spregiudicata Russia, che si è assunta il peso e il giudizio della Storia, interpretando il ruolo di Stato aggressore, invece, sul fronte occidentale registriamo l’Ucraina aggredita e animata da un forte spirito europeista, sostenuta da Stati Uniti, Canada e Unione Europea. Poi vi sono alcuni Paesi che hanno assunto una posizione di equidistanza, con l’idea di tentare una mediazione tra le parti in conflitto. Dunque, tra questi Stati annoveriamo la Turchia guidata del Presidente Erdoğan, la Santa Sede guidata da Papa Francesco e La Cina del Presidente Xi Jin Ping. Tuttavia, la Cina rispetto ai primi due attori, interpreta un ruolo sui generis, ovvero, quello di un alleato di parte e di comodo di Mosca, nel senso che, Pechino intende realmente raggiungere la pace, ma se possibile a condizioni quanto più favorevoli alla Russia.
Al contrario, l’azione intrapresa dalla Santa Sede è stata quella di non voler distinguere tra buoni e cattivi, ma piuttosto, proprio nel conflitto ha cercato un dialogo costante sia con la Russia che con l’Ucraina, mantenendo una posizione di equidistanza da Kiev e da Mosca. La diplomazia vaticana si è mossa con l’obiettivo di ricoprire il ruolo di Chiesa Universale e questo le ha permesso di agire in maniera concreta, accreditandosi nella comunità internazionale quale interlocutore privilegiato e soprattutto credibile, infatti, ad oggi Città del Vaticano rimane l’unico Stato in grado di interloquire in maniera diretta, sia con il Presidente Zelensky che con il Presidente Putin.
Vale la pena di ricordare che, in questi 18 mesi di guerra, sono state intraprese dalla Santa Sede molteplici missioni di pace, ma la più significativa rimane ad oggi, quella dell’arcivescovo di Bologna e Presidente della Chiesa Episcopale Italiana, Matteo Zuppi, emissario di Papa Francesco. Il Cardinale Zuppi, dapprima, ha fatto visita in Ucraina, poi in Russia e infine anche negli Stati Uniti. Ma cerchiamo di andare per ordine e ripercorriamo cronologicamente le tappe della missione di pace.
La prima tappa ha inizio il 6 giugno 2023 con la visita del Cardinale Zuppi in Ucraina, seguita dal colloquio con il Presidente Zelensky. Il Cardinale ha consegnato personalmente una lettera del Pontefice per Zelensky, infine, a margine del colloquio il Presidente Zelensky ha chiesto al Cardinale Zuppi, di coinvolgere il maggior numero di Paesi, in un summit globale per la Pace Ucraina, ha inoltre chiesto alla Santa Sede di contribuire ad attuare i dieci punti del piano di pace ucraino, con cui si chiede il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino, e un risarcimento di guerra.
Qualche settimana dopo, ha avuto luogo la seconda tappa della missione di pace, il 28 e 29 giugno il Cardinale Zuppi si è di fatto recato a Mosca. Dove è stato ricevuto dal consigliere per la politica estera del Cremlino, Yuri Ushakov, in seguito ha presieduto una messa nella Cattedrale cattolica della capitale russa, dedicata all’Immacolata Concezione e infine ha incontrato il patriarca Kirill, strettamente legato al presidente Putin.
La terza ed ultima tappa si è svolta a Washington dal 17 al 19 luglio, l’inviato del Santo Padre è rimasto oltre un’ora a colloquio con il Presidente Biden alla Casa Bianca, al quale ha riferito della sofferenza del Pontefice per il protrarsi della guerra in Ucraina, il colloquio si è svolto in un clima di ascolto reciproco. In seguito, il cardinale Zuppi ha incontrato monsignor Timothy Broglio, presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici negli Stati Uniti, la mattina seguente la delegazione vaticana insieme al nunzio apostolico, Monsignor Christophe Pierre, si è riunita con alcuni membri della Commissione sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Helsinki Commission).
In altri termini, l’azione intrapresa dalla diplomazia vaticana risulta propedeutica a superare l’impasse in cui si trova l’Europa. Al rumore delle armi, la Santa Sede ha contrapposto l’audacia della parola e la forza del dialogo.
La diplomazia vaticana rimane ben salda sotto la guida del Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, che in più occasioni ha sottolineato come la missione di pace intrapresa dal Cardinale Zuppi sia da intendere come uno dei tanti contributi che la Santa Sede sta dando concretamente al raggiungimento della Pace. Non bisogna banalizzare il fatto che il dialogo anche tra parti e posizione assai contrapposte come quelle tra Russia ed Ucraina può comunque essere utile a favorire un clima di distensione.
Lo sforzo portato avanti dalla diplomazia vaticana è stato riconosciuto anche dalle Nazioni Unite, infatti, il sottosegretario ONU, Miguel Àngel Moratinos, ha confermato che le Nazioni Unite sostengono la missione di pace del Cardinale Zuppi. Maratinos, ha sottolineato che al Palazzo di vetro di New York, tutti sono ben consapevoli di quanto Papa Francesco e la Segreteria di Stato Vaticana si siano spesi per la pace, fin dall’inizio del conflitto. Infatti, anche se risulta un dovere aiutare l’Ucraina e il suo popolo, occorre anche saper guardare al futuro e quindi cercare di fare tutto il possibile per fermare al più presto la guerra.
Questo è il principio cardine che ha animato fin dallo scoppio del conflitto, l’azione di Papa Francesco e della Santa Sede che non ha mai smesso di invocare la pace, lo stesso Pontefice sul volo di ritorno del suo viaggio apostolico in Ungheria (28-30 aprile 2023), nella consueta intervista in aereo durante la quale ha parlato con i giornalisti, ha affermato di essere disposto a fare tutto quello che si deve fare per raggiungere la pace.
Infine, non va dimenticato che ancora oggi, la diplomazia vaticana è rimasta fedele alla Ostpolitik condotta dal Cardinale Agostino Casaroli. Si tratta della politica internazionale condotta dalla Santa Sede, durante il pontificato di San Giovanni Paolo II, che si caratterizzò per la crescente interlocuzione con le organizzazioni internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, e per la coraggiosa apertura nei confronti degli Stati dell’Est Europa.