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Michela Calzoni, anima jazz di Bologna

Michela Calzoni è un’affermata interprete bolognese che ha dedicato oltre un decennio alla musica, conquistando il pubblico con la sua voce unica e la sua presenza scenica magnetica. La sua carriera è caratterizzata da una continua ricerca di espressione artistica, che l’ha portata a esplorare diversi generi e stili musicali. Con il supporto dei suoi talentuosi musicisti, Michela riesce a creare un’atmosfera intima e coinvolgente, trasformando ogni esibizione in un’esperienza irripetibile
Puoi raccontarci come hai vissuto il passaggio dall’inizio dello studio del pianoforte e del canto alla Bernstein School of Musical di Bologna e come questi corsi hanno influenzato la tua crescita musicale nei primi anni?
Fu la mia professoressa di pianoforte di terza media, Mariangela Rosolen, bravissima soprano oltre che docente di musica, a suggerirmi di studiare canto, dopo avermi sentita per caso intonare qualcosa a lezione. Lei mi insegnò la disciplina necessaria per approcciare uno strumento musicale, la ringrazierò comunque sempre per avermi indirizzata al canto. Approdai alla Bernstein a 13 anni in un corso pomeridiano di lirica. Non fu una inizialmente una mia scelta, avrei voluto frequentare un corso di canto moderno ma erano al completo e l’unico al momento disponibile era con una soprano americana che si chiamava Crystal, purtroppo non ricordo il cognome. Iniziai un po’ perplessa questo percorso ma riconosco che mi fu estremamente utile per acquisire una tecnica di base veramente solida. Passai poi allo studio del canto moderno l’anno successivo.

Quali aspetti specifici della tecnica vocale hai approfondito nel tuo percorso di formazione, e come i workshop con artisti come Dena De Rose e Rachel Gould hanno arricchito la tua comprensione del linguaggio jazz?

Nei workshop con queste incredibili cantanti non ho approfondito tanto la sfera tecnica quanto più argomenti inerenti al mondo del jazz. Ricordo ancora una lezione di Rachel Gould in cui affrontammo la tematica legata alla differenza linguistica tra italiano e inglese e quanto questo influenzasse anche l’esecuzione dell’improvvisazione be bop o la gestione ritmica delle parole, tema diventato molto importante anche nelle mie lezioni. Con Dena, con la quale è nata anche una bellissima amicizia, abbiamo parlato di gestione del palco, corretta pronuncia inglese, abbiamo analizzato standard della tradizione e il modo più corretto di affrontarli a livello interpretativo.
Durante la tua attività live che è iniziata nel 2004, c’è stato un particolare festival o un teatro in cui ti sei sentito particolarmente ispirato o emozionato? Se sì, cosa lo ha reso speciale per te?
Ci sono diverse occasioni. A parte le primissime esperienze proprio nel 2004-2005 mentre frequentavo ancora il liceo e magari andavo alle prove portandomi i libri per studiare per verifiche e interrogazioni, una è sicuramente nel 2012 Umbria Jazz, un’esperienza che fu formativa da tanti punti vista che vanno oltre l’esibizione in sé ma sono proprio legati al percorso che mi ha portata su quel palco insieme alla Doctor Dixie Jazz Band e a come il leader, Nardo Giardina, purtroppo scomparso da qualche anno, mi fece “guadagnare” quell’esibizione, insegnandomi che certe esperienze non sono dovute ma meritano dedizione ed impegno. Ricordo con moltissimo piacere anche la serata in onore di Federico Fellini, nel 2008, per le telecamere di Rai 1, un’esperienza emozionante a livello artistico ma soprattutto emotivo e affettivo in quanto si svolgeva nella mia amata Rimini dentro il meraviglioso Grand Hotel. Poi sicuramente ogni teatro, che ritengo un po’ il mio ambiente ideale, sia quando è piccolo (ma veramente splendido) come il teatro san Salvatore a Bologna o il Teatro in Scatola a Roma o imponente come il teatro Europa Auditorium sempre di Bologna….

In che modo la tua laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche ha influenzato il tuo approccio all’insegnamento e alla gestione delle dinamiche di gruppo durante i workshop di interpretazione dei testi?

La laurea in psicologia è sicuramente uno strumento molto utile che negli anni si è rivelato tale soprattutto a livello di lezioni individuali. Ogni allievo è un mondo a sé e insegnare canto significa anche toccare corde personali, legate soprattutto all’interpretazione, ma anche ad affrontare la paura del palco, il giudizio del pubblico, il mettersi in discussione davanti ad altri, il fallire a volte anche dal vivo e superare certi limiti. Certi studi mi fanno sentire sicuramente più sicura di me nel cercare di modulare l’approccio da allievo ad allievo, a volte si incontrano persone molto timide che necessitano di tempo prima di darti la loro fiducia, altre volte invece si può incappare in allievi molto, se non troppo, sicuri di sé che non sembrano molto predisposti ad ascoltare, quindi bisogna guadagnarsi la loro stima in altri modi. Di concerto a questo lavoro individuale ci sono i lavori di gruppo dove queste diverse personalità ed esigenze si incontrano per lavorare insieme. La chiave sta sicuramente nell’avere ben chiaro il concetto di leadership, ovvero non essere semplicemente qualcuno che si trova al comando ma essere una figura che è in grado di guidare, motivare e creare legami e collaborazioni fra i partecipanti.

Potresti descrivere come si è evoluta la tua attività di insegnamento dal 2007 a oggi e quali innovazioni o metodologie specifiche hai introdotto nel tuo corso di Canto Moderno presso la Scuola di Musica, in particolare per quanto riguarda l’alta formazione vocale per professionisti?

 

Nel 2007 ho iniziato a muovere i primi passi nel mondo dell’insegnamento mentre ero appena uscita dal mio percorso di studi durato anni. Data l’età veramente giovanissima mi affidarono inizialmente i bambini ma passai ad insegnare anche agli adulti poco dopo. Durante gli anni non ho mai smesso di formarmi frequentando come dicevo prima workshop ma ho fatto percorsi anche inerenti alla tecnica e alla logopedia, seminari legati all’interpretazione, corsi di teatro ecc.. questo mi ha portata con il passare del tempo a sviluppare un metodo sempre più personale e soprattutto il più possibile completo, che comprende certamente un approfondimento di tutti gli aspetti tecnici ma anche di tutto ciò che riguarda il professionismo del canto, quindi l’interpretazione, la gestione del palcoscenico, l’approccio allo studio di registrazione, portandomi negli ultimi tre anni a cambiare il mio ruolo alla scuola RealSound di Bologna da docente di canto moderno a docente del corso avanzato professionale a numero chiuso e responsabile degli altri corsi di canto. Oltretutto il cercare di formarmi il più possibile a tutto tondo, mi ha dato occasione di espandere i miei workshop anche al liceo musicale della mia città, Bologna, e anche di collaborare con aziende, una su tutte Profexa, che trattano l’alta formazione per professionisti, occupandomi per i loro clienti di quello che riguarda, anche in altre professioni, l’uso corretto della voce da un punto di vista tecnico ma anche persuasivo per aumentare l’efficacia della performance comunicativa.

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