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Epidemia di Coronavirus: complotto, natura e religione

Complotto, natura e religione ai tempi della pandemia da COVID-19. Una analisi sul rapporto uomo natura e sugli insegnamenti che possiamo trarne.
Epidemia di Coronavirus Epidemia di Coronavirus

L’epidemia di coronavirus (COVID-19), diffusasi oramai a macchia d’olio nel mondo a partire dal mercato di Wuhan. E’ un fenomeno che sta stravolgendo strutture e stili di vita consolidati. All’ombra della naturale “paura” che contagia l’intero tessuto sociale dei paesi colpiti. Paura alimentata anche e soprattutto dalle costanti notizie trasmesse dai notiziari nazionali, locali e dai mezzi social. Sono state imposte dal Governo necessarie restrizioni alle nostre ordinarie attività. Questo a tutela della salute di tutti i cittadini e per il bene della collettività. Tuttavia non ci impediscono di pregare nel nostro intimo affinché questa terribile epidemia cessi.

In questa trilogia composta di tre articoli affronteremo:

  • il tema del complottismo in seno all’epidemia di Coronavirus, cercando di sfatare il mito che il COVID-19 sia un’arma batteriologica;
  • ci soffermeremo sul rapporto tra uomo e natura, incrinatosi all’epoca della rivoluzione scientifica;
  • ​infine concluderemo con un commento all’intervista rilasciata da Sua Eminenza Reverendissima, il Cardinale Angelo Comastri. Cercando di dare una risposta esauriente alla domanda: “Cosa ci insegna questa emegenza”?

Epidemia di Coronavirus: un fenomeno naturale, sfatiamo la teoria complottista

A febbraio 2020 sono cominciati i preparativi per l’esercitazione “Defender Europe 2020”. Questo in piena epidemia di “Coronavirus”, che sta mettendo in ginocchio la già fragile economia italiana costringendo commercianti ed esercenti alla chiusura delle attività. L’esercitazione militare è forse la più importante che il Vecchio Continente ha mai visto negli ultimi 25 anni. Non da meno è la terza in assoluto dai tempi della Guerra Fredda. All’epoca si trattava della famigerate esercitazioni “Reforger” “Return of Forces to Germany”. Si tenne negli anni di quella che passò alla storia come la “Cortina di ferro”.

La grande manovra militare, che vede impiegati circa 37000 soldati americani provenienti dalle più disparate aree degli USA. 6mila fanno parte della Guardia Nazionale e 900 della Riserva; 7000 unità, invece, erano già presenti in Europa in tempi non sospetti. L’esercitazione terminerà a giugno e si svolgerà esclusivamente in sei Paesi europei. Le nazioni partecipanti a questa importante esercitazione militare saranno però ben 18. Italia, Belgio, Olanda, Germania, Polonia e le tre repubbliche baltiche di: Lituania, Estonia e Lettonia.

L’esercitazione, inoltre, come si legge sul giornale “Inside Over” sarà una prova sia per gli Stati Uniti che per i Paesi europei. Da un lato Washington testerà i concetti della sua National Defense Strategy Multi-Domain Operations. Dall’altro la Nato valuterà il proprio approccio strategico. In particolare la sua capacità di accogliere e smistare un gran numero di uomini e mezzi lungo le infrastrutture viarie dell’Europa Centrale.

La sfida infatti è saper ricevere, immagazzinare, e spedire sino ai campi di battaglia simulati tutti gli equipaggiamenti che arrivano da oltre oceano. Qualcosa che sino ad oggi si era sempre simulato, ed ora, con Defender Europe 2020, verrà messo finalmente in pratica.

Defender Europe 2020

Il comunicato stampa ufficiale dell’Us Army

“L’esercizio DEFENDER-Europa 20 è lo spiegamento di una forza di combattimento credibile a livello di divisione dagli Stati Uniti all’Europa. Il disegno di attrezzature e il movimento di personale e attrezzature attraverso il teatro verso varie aree di addestramento. Le apparecchiature con sede negli Stati Uniti partiranno dai porti di quattro stati e arriveranno in sei paesi europei.

Ciò richiederà il supporto di decine di migliaia di membri del servizio e civili in più nazioni. I membri dei servizi statunitensi si spargeranno quindi in tutta la regione per stabilire basi di stadiazione intermedie.  Questo con forze multinazionali e partecipare a vari esercizi annuali.

Questi esercizi statunitensi ed europei sono condotti regolarmente e non fanno parte di DEFENDER-Europa 20. Piuttosto “sono collegati” attraverso uno scenario di esercizi condivisi. Comando coordinato della missione, sostegno reciproco e ambiente di comunicazione comune. DEFENDER-Europe 20 è il più grande dispiegamento di forze con base negli Stati Uniti in Europa per un esercizio negli ultimi 25 anni.” Fonte.

Esercitazione Defender Europe 2020

Quesiti complottisti

Vari quesiti, in queste settimane, sono sorti spontanei tra i complottisti di tutto il mondo. L’epidemia di Covid-19 è solo concomitante con la grande esercitazioni militare, oppure è stata voluta per indebolire le economie di Cina, Iran e Italia? Ed ancora: ciò non potrebbe essere l’occasione di uno scacco matto che gli USA di Trump infliggerebbero alla malcapitata Europa? Questo visto il progressivo indebolimento delle economie dei paesi afflitti dal terribile virus. Virus ed esercitazione sono collegati per favorire il controllo dell’epidemia da parte degli USA? Sfatiamo una volta per tutte questi tabù, queste teorie di complotto senza fondamento.

Anzitutto il “Covid-19” non è un’arma batteriologica, vi spieghiamo subito il perché. Tre sono le caratteristiche del virus in questione che non lo rendono tale.

  • I casi rientrati (soprattutto in Cina grazie ad un efficiente sistema di controllo del territorio);
  • la bassa virulenza del virus (la Cina n’è l’esempio lampante);
  • un discreto sistema immunitario da parte della popolazione della fascia “nord” del mondo.

Per quanto riguarda l’esercitazione americana dobbiamo smentire i complottisti sostenendo che la “Defender Europe 2020” era prevista già dal 2018. Tanto che, alla voce del bilancio americano “operations and maintenance (O&M)”, ovvero “operazioni e mantenimento”, sono stati stanziati circa 42 miliardi di dollari. Certo non  vuole essere un pretesto per invadere e controllare l’Europa dietro la scusa del Coronavirus. Link sull’operazione del Governo statunitense.

Defender Europe 20

Le parole del Segretario Generale della NATO

A questo possiamo aggiungere anche le parole di Jens Stoltenberg, Segretario Generale della NATO. In un’intervista nella capitale croata di Zagabria, dove ha partecipato a una riunione dei ministri della difesa dell’Unione europea, ha affermato quanto segue. “Ovviamente stiamo monitorando e seguendo da vicino la situazione perché ciò potrebbe avere conseguenze anche per la NATO. Nessuna cancellazione degli esercizi, ma questo è qualcosa che valuteremo man mano che la situazione si evolve. Siamo pronti a intensificare gli sforzi e intensificare le misure che stiamo attuando”. Fonte.

Quello che veramente deve starci a cuore, soprattutto a noi italiani, è la ferma convinzione di poter superare tutti assieme questa epidemia. Il momento dell’auto-quarantena ci deve essere utile per riscoprire i legami familiari. Per prenderci cura gli uni degli altri e per dare assistenza e conforto alle persone ammalate che più che mai hanno bisogno del nostro amore.

Il difficile rapporto tra l’uomo e la natura

Diatriba uomo-natura: è possibile ricostituire l’originaria armonia?

L’uomo, sin dalla sua apparizione sulla Terra, ha considerato la natura come una “madre” perché apprezzava il dono della vita. Da qui l’espressione “madre natura” quando ci riferiamo ad essa per minimizzare i danni che le procuriamo con le nostre scellerate attività. Prima della comparsa delle grandi religione monoteiste il suo Dio era visto, per l’appunto, nella natura e tutto ciò che ne faceva parte. In una sola parola il creato: terra, mare, fiumi, alberi, piante e animali.

Nel corso dei millenni l’uomo ha imparato anche a convivere con le catastrofi naturali (terremoti, maremoti, alluvioni e intemperie di ogni genere). Questo una volta accresciuto il patrimonio delle abilità, che confluì nel primitivo progresso tecnologico. Fino al XVIII secolo regnava una sorta di rispetto reciproco, un equilibrio che legava in un vincolo indissolubile uomo e natura. Con l’avanzare del progresso tecnologico, che portò cambiamenti radicali nella vita di ogni individuo tale equilibrio, inevitabilmente, si ruppe. Basti pensare, infatti, che una delle differenze sostanziali tra l’età medievale e quella moderna risiede nel mutato concetto di natura.

Uomo e natura

La natura come vita quotidiana

In che senso, per i medievali la natura si identificava con la vita quotidiana. La routine giornaliera che accompagnava lo scandire delle ore dell’umile gente medievale. Le attività lavorative, quelle della domus, la preghiera e la predicazione sancita con la nascita del Monachesimo. Ed ancora, l’educazione dei figli, per i più fortunati e lo studio per la nuova classe intellettuale del XIII secolo nata con la Scolastica. La natura faceva parte integrante della vita, sia a livello pratico (la vita giornaliera stessa) che sostanziale. Essa era una caratteristica essenziale di ogni individuo: entrambi formavano quasi un sinolo. Un qualcosa di forte, un legame indissolubile e duraturo quasi fosse una seconda natura.

In epoca moderna, invece, l’uomo scisse questo rapporto che gli aveva uniti armonicamente fino ad allora. Questo specie con la rivoluzione astronomica del XV secolo cui seguì quella scientifica del XVII secolo. La natura si identificò con le leggi della meccanica classica venendo geometrizzata. La stessa vita umana subì questo influsso: l’uomo era un individuo al centro dell’universo sottoposto alle leggi della fisica. Legge di attrazione gravitazionale, la legge di gravità, la caduta dei gravi, il meccanicismo e il rinnovato principio di causalità.

Il distanziamento fra uomo e natura

Uomo e natura progressivamente cominciarono a distanziarsi sempre più ed in maniera irreparabile. Dapprima mantenendo un atteggiamento di rispetto reciproco (fino alla metà del XVIII secolo) . Con la rivoluzione industriale, che interessò soprattutto l’Inghilterra dal 1760 al 1840, cominciarono le ostilità. Queste si tradussero in un acceso scontro di cui vediamo gli effetti catastrofici nella società capitalista del XXI secolo. Nel novembre del 1947 al MIT di Boston J Robert Oppenheimer pronunciò una frase divenuta famosa. Questo durante una delle sue tante conferenze pubbliche che tenne dopo essere diventato lo scienziato più famoso del mondo. Con la dovuta eccezione per un’altro scienziato che ha fatto la storia, Albert Einstein.

“In un senso crudo che non potrebbe essere cancellato da nessuna accezione volgare o umoristica, i fisici hanno conosciuto il peccato”.

La cosa che colpisce è che Robert Oppenheimer le pronunciò quasi naturalmente. Senza badare alla portata politica e sociale che ebbero nel corso dei decenni. Lui, infatti, le disse nell’introduzione al progetto Manhattan per parlare delle grandi conquiste della fisica delle particelle, o fisica atomica. Per un approfondimento dell’argomento leggere il testo di Haakon Chevalier, “L’uomo che volle essere Dio, J Robert Oppenheimer, lo scienziato della bomba atomica”. Edizioni Pgreco, Milano, 2013 e l’interessante articolo di Roberto Paura.

L’errore dell’uomo

L’errore dell’uomo risiede nel fatto che avrebbe dovuto imparare a prevenire le reazioni e le minacce della natura. Invece, ricercando il profitto e la smania di ergersi a Dio della causalità del mondo, ha pensato bene di disboscare vaste aree nel mondo. Contribuendo così alla desertificazione geografica e al prosciugamento di laghi interi. Un esempio concreto è rappresentato dal lago d’Aral, lago salato di origine oceanica, situato alla frontiera tra l’Uzbekistan e il Kazakistan. Ha modificato i letti dei fiumi, costruito in riva al mare, alle pendici dei vulcani, in prossimità di aree di interesse archeologico per le sue esigenze. L’esigenza di costruire industrie che producono prodotti chimici e che, inevitabilmente, contribuiscono ad inquinare l’atmosfera. L’allargamento del buco nell’ozono che, dal 1982 a oggi, è ai minimi storici. Sulla questione “buco nell’ozono” è interessante l’articolo apparso su Repubblica il 22 ottobre 2019.

A onor del vero ci pare che l’uomo abbia sfidato la natura diventando nemico di sé stesso. Finendo per pagare in prima persona le conseguenze del proprio comportamento.  Egli tende a cercare di modificare la natura a proprio gusto, dimenticandosi che la essa è viva, dinamica e reagisce. Oseremmo dire per fortuna, con la ribellione (lo scioglimento dei ghiacciai ed i terremoti ne sono la prova conclamata).

Surriscaldamento globale

Una ribellione della natura?

Poniamoci una domanda: quella della natura è una vera ribellione? Noi crediamo proprio di sì, se non altro perché ella si riprenda, con il passare del tempo, ciò che l’uomo le ha tolto: terremoti, inondazioni, maremoti, valanghe, riduzione dell’atmosfera, surriscaldamento globale e il sopracitato scioglimento dei ghiacciai. Inoltre, non dimentichiamoci che corriamo un rischio serio se dovesse sciogliersi il permafrost, ossia i terreni perennemente ghiacciati che caratterizzano le regioni più settentrionali del nostro pianeta. A tal proposito è utile leggere un interessante articolo di “Scienza in Rete” pubblicato il 14/05/2019.

questo punto occorre soffermarsi e riflettere tutti insieme: è assodato che l’uomo sfrutta la natura ricercando affannosamente il profitto. E’ altrettanto vero che è cosciente di questo sfruttamento, di questo crimine. Tanto che, la nostra specie, dal secolo scorso, è in cerca di pianeti alternativi in cui sarebbe possibile sviluppare l’esistenza umana. Davanti a tanta sofferenza, ad un immenso dolore egli dovrebbe ristabilire l’equilibrio che lo legava alla natura. dovrebbe ricreare un rapporto armonioso con essa, ponendosi al suo servizio, dovrebbe ricordare che la natura rimane sempre un dono di Dio.

Rimappare l’evoluzione

Una, a nostro modo di vedere è la strada utile per recuperare e rinnovare un legame perso secoli addietro. Quella di “rimappare” l’evoluzione in campo scientifico e tecnologico per una nuova umanità. Per attuare questo progetto di vita occorre rivalutare anzitutto il primo principio della dinamica (o principio di inerzia). Questo stabilisce che un corpo non soggetto a forze, permane nel suo stato di quiete o continua a muoversi di moto rettilineo uniforme. Col raggiungimento del primo obiettivo si creerebbe stabilità tra la natura e l’uomo, cancellando lo squilibrio a causa della predominanza imposta da quest’ultimo. Con la terza legge della dinamica o ristabiliremo il loro legame originario. Questo principio stabilisce che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Si porrebbe fine allo scontro che vede uomo e natura combattersi da immemore tempo; una sfida difficile ma non impossibile.

Cosa ci insegna questa emergenza?

Qualche giorno fa, esattamente il 13 marzo 2020, il Cardinale Angelo Comastri ha rilasciato per conto di “Vatican News” una bella e toccante intervista. Riflette il difficile momento che sta attraversando l’Italia alle prese con l’epidemia di Coronavirus (COVID-19). Questo in qualità di Arciprete della Basilica di San Pietro in Vaticano e Vicario di Sua Santità per la Città del Vaticano. L’occasione cadeva proprio nel giorno dell’elezione a nuovo pontefice di papa Francesco eletto, per l’appunto, il 13 marzo 2013. Nell’occasione, inoltre, il Cardinale Comastri ha porto i migliori auguri al Santo Padre. Auspicando che la terribile situazione che sta flagellando il nostro Paese possa rientrare al più presto. Fonte.

Riflessioni sull’intervista rilasciata da Sua Eminenza Reverendissima, il Sig. Cardinale Angelo Comastri, in merito all’epidemia di Coronavirus

L’intervista rilasciata dal Cardinale Angelo Comastri è stata densa, significativa e, per lunghi tratti, commovente. L’intervento dell’illustre Prelato è stato il più importante tra tutti quelli apparsi sui social media nelle ultime settimane. Questo congiuntamente a quello quotidiano del Santo Padre nelle sue semplici omelie al Santa Marte.

Forse qualche lettore potrebbe esclamare: voi siete palesemente di parte nell’esprimere una simile affermazione! Ma la realtà, sotto gli occhi di tutti, ci dice che solo poche persone si sono calate profondamente nella tragedia che viviamo attoniti ogni giorno. Questo ai più alti livelli istituzionali, sia laici che religiosi, e questo vale anche per i colori dei vari partiti politici.

L’insegnamento che possiamo trarre da questa epidemia

Ciò che ci ha maggiormente colpito è stata la lunga ed esaustiva risposta alla domanda: “cosa ci insegna questa emergenza”? I social e le testate sono tappezzate di notizie che gridano al complotto, alla recessione economica, alla crisi di governo. Per amor di Dio tutte paure fondate in un momento così critico della nostra vita. Ma, solamente pochi giornali, e tra tutti menzioniamo “Vatican News”, hanno posto l’accento sull’insegnamento che possiamo trarre da questa epidemia. E’ consuetudine nostra riflettere cercando di lasciare il più possibile intatto il senso degli interventi. A maggior ragione ci sentiamo in dovere di preservare al massimo le parole e il senso profondo dell’intervento del Cardinale Comastri.

Dio è la trave che tiene in piedi il tetto

Il Cardinale cita la frase di Maria Teresa di Calcutta: “Dio è la trave che tiene in piedi il tetto”. Una frase che in prima battuta potrebbe suonare pleonastica, quasi ripetitiva e noiosa. Eppure il senso di tutto è racchiuso in quelle semplici parole. Comastri ci esorta a uno sforzo interiore, quello di immaginare gli effetti di un mondo senza l’intervento divino. Il tutto può essere sintetizzato con la frase: “e se cadesse la trave”?

La risposta è scontata, cadendo la trave, cadrebbe il tetto e rapportato alla questione odierna porterebbe ad una riflessione. “Cadendo la trave, ossia Dio, cadrebbe il tetto, ossia l’uomo e il mondo”. Ecco, questo è il nocciolo della questione che vogliamo analizzare! L’invito del Cardinale Comastri è quello di aggrapparci forte a Dio, di confidare in Lui e nelle sue opere. L’uomo è essenzialmente una creatura fragile e corruttibile. Si erge a Dio con il progresso tecnologico (fecondazione assistita, la clonazione, eutanasia, eccetera) ma sa, in cuor suo, che è infinitamente piccolo e insignificante.

Spesso e volentieri non abbiamo il coraggio di dire che il vero vuoto nelle nostre vite è rappresentato dalla mancanza di Dio. Singolare è l’aneddoto raccontato sul giornalista Mario Soldati andato in Svezia per cantare il paradiso svedese. Ammettere, anzi, sentire che Dio è nei nostri cuori, equivale a ritrovare e fare esperienza dell’essenziale. Questa deve essere la nostra missione primaria. Bisogna essere pronti, in ogni momento, a ricevere il sacramento dell’Eucaristia. La vita è imprevedibile, mutevole; si ha la certezza delle incertezze. Ma proprio in questo procedere incerto risiede la sua bellezza e la sua straordinaria enigmaticità. Alla domanda: “qual è lo scopo della mia vita”? il Cardinale Comastri risponde: “Ecco la grande riflessione: dobbiamo ritrovare l’essenziale. L’essenziale non è il divertimento, non è il denaro, non è il successo”.

Fede in Dio

Dio è il nostro timoniere

In questo lotta perenne contro il nemico Dio non ci abbandona mai, non ci lascia soli neanche un attimo. Lui è il nostro timoniere che, tramite il volto di Gesù Cristo, si fa carico delle nostre sofferenze e ci conduce alla salvezza. Unica condizione è la solita: aggrapparsi a Lui e confidare in Lui. Proprio in questo, ed è il secondo insegnamento del Cardinale Comastri, risiede la nostra felicità. Leggiamo nell’articolo:  “[…] Non siamo soli, nella bufera, nella barca c’è Gesù, purché lo svegliamo”.

E Gesù ci ha dato la formula della felicità (…) Qual è la formula della felicità? E’ il comandamento dell’amore: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Il comandamento dell’amore ci mette in comunione con Dio. Ci fa una trasfusione della vita di Dio e quando siamo in comunione con Dio siamo felici”. Per realizzare la nostra felicità dobbiamo aggrapparci saldamente a Dio e, non da meno, difendere il nostro fratello.

Ricca di significato è la frase pronunciata da Sant’Ignazio di Antiochia. “Se Dio non si difende dall’uomo, perché l’uomo si erge a Suo difensore contro il fratello”? L’insegnamento dei Santi ci ricorda che: “chi crede e spera in Dio sa trasformare le stesse sofferenze in motivo di gioia”. Giovanni Paolo II ci esortava a trovare la vera felicità là dove non la cercheremmo mai. Nell’apprezzare i puri e semplici doni che il Padre ci offre nella quotidianità della vita. Questa è la vera felicità, questa è la felicità di cui parla il Cardinale Comastri e il compianto Giovanni Paolo II. Sull’argomento è interessante il libro di Christine Ponsard: Ma Dio è passato di moda? La fede in famiglia, edito dalle Paoline.

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