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Il Debito Pubblico Italiano è sostenibile?

I fondi speculativi internazionali (hedge fund) stanno facendo la più grande scommessa contro il debito pubblico italiano dal 2008, anno della grande crisi finanziaria. Che vuol dire e cosa possiamo ragionevolmente aspettarci e perché questa tematica è sostanzialmente assente dal dibattito elettorale.

Un osservatore distaccato, che esaminasse il vivace dibattito pubblico italiano in vista delle elezioni del 25 settembre, noterebbe sicuramente l’assenza di una grande tematica: La sostenibilità del debito pubblico italiano.

Il fatto di non parlare di un problema, come sappiamo nella nostra esperienza umana sia individuale che collettiva, non elimina il problema, anzi il più delle volte tende ad ingigantirlo, proprio perché non si sono attuati gli adeguati rimedi quando si era in tempo, prima che le conseguenze del problema diventassero gravi ed i rimedi estremamente dolorosi.

Mi rendo conto che la tematica, seppur importante, non appassioni, e soprattutto sia scomoda da affrontare in un periodo elettorale, dove è necessario acquisire consenso. Dire ai cittadini che potrebbero essere costretti ad ingoiare un’amara medicina non è popolare e potrebbe far perdere voti.

Inoltre, un osservatore poco attento potrebbe dirci: dov’è la novità?

L’Italia è fortemente indebitata da anni e ce la siamo sempre cavata nel passato, perché ora dovrebbe essere diverso? Pensiamo alle cose importanti: il lavoro, la sanità, l’istruzione. Queste tematiche lasciamole alle aule universitarie di economia.

La questione è un po’ diversa e se proviamo ad analizzarla in maniera non populista, scopriamo che l’impatto sulle nostre vite e sui nostri portafogli è pratico e non teorico.

Qualche definizione…

Come funziona la finanza pubblica e che cos’è il debito pubblico?

Il funzionamento dello Stato italiano è piuttosto costoso. In valore assoluto la spesa pubblica italiana, complice anche il forte e necessario intervento pubblico legato all’emergenza pandemica, supererà quest’anno i mille miliardi, tenuto conto anche del rimborso dei prestiti accumulati nel tempo (277 miliardi da rimborsare nel solo 2022). Le voci principali della spesa pubblica hanno un impatto diretto sulla vita di molti italiani, in quanto sono rappresentate per il 15,7% da pensioni e per il 10% da stipendi pubblici. La sola spesa per interessi necessaria a remunerare i titoli emessi dallo stato sarà pari nel 2022 a 76,3 miliardi.

Le spese di uno Stato si finanziano principalmente con tasse ed imposte. Come noto il nostro paese ha il record di pressione fiscale. In termini assoluti lo Stato incassa 741 miliardi di euro (2021) che rapportate al PIL (1.775 miliardi somma di tutti i redditi prodotti in Italia nel 2021) porta ad una pressione fiscale del 41,8%. Se volessimo calcolare questo dato con un valore suggestivo potremmo dire che ogni anno fino al 4 giugno ogni cittadino italiano lavora per pagare le tasse dal 5 giugno in poi (finalmente…) inizia a lavorare pe se e per la propria famiglia.

Quando le uscite di uno Stato superano le entrate, questo può ricorrere a strumenti finanziari, cioè si fa prestare denaro dal mercato emettendo dei titoli di stato. L’ammontare del debito accumulato nel tempo dall’Italia è pari alla cifra inquietante di 2.766 miliardi (giugno 2022) che rapportata sempre al PIL è pari al 152,6% (2021).

Quando il debito pubblico è inferiore al 100% del PIL questo tende automaticamente alla diminuzione in quanto a parità di spesa pubblica e tassi di interesse le imposte tendono ad aumentare più velocemente del debito. Il contrario avviene quanto il debito pubblico supera il 100% del PIL e quello italiano è abbondantemente oltre.

Come si rimborsa infatti il debito pubblico scaduto?

Semplicemente emettendo altri titoli di stato in sostituzione di quelli scaduti e pagando in più gli interessi. E’ come portare una cambiale al rinnovo ogni anno pagando ogni anno degli interessi sempre più alti (72 miliardi) ed il debito rimane sempre li.

Ma perché il debito italiano rischia ora di essere insostenibile?

Anche questa domanda ha una risposta semplice. Il tasso di interesse corrisposto sui titoli di stato italiani sta crescendo in maniera esponenziale per effetto dell’inflazione dovuta al rialzo dei costi energetici in conseguenza del conflitto ucraino e per effetto del premio di rischio sempre crescente che gli investitori richiedono per comprare i titoli di stato italiani.

A questo va aggiunto il piano di rientro del Quantitative Easing della Banca Centrale Europea che per un lungo periodo di tempo ha acquistato debito pubblico italiano semplicemente creando nuova moneta e ad oggi possiede 363 miliardi del nostro debito. Il venir meno anche se in maniera graduale di un investitore così importante come la BCE ci riporta nelle braccia del mercato che per comprare i nostri titoli esige gli opportuni rendimenti.

A fine 2021, il Btp decennale rendeva all’investitore un tasso del 1,08% oggi è pari al 3,37% a fronte di un rendimento del titolo greco per la stessa durata del 3,44%. Addirittura, sulla scadenza a due anni i titoli greci rendono di meno dei titoli italiani (1,61% contro 1,74%).

La Grecia oggi è ritenuta sostanzialmente uno stato finanziariamente meno rischioso dell’Italia.

Da sola, questa affermazione dovrebbe destare molta preoccupazione; eppure, la politica continua a tacere….

Ciliegina sulla torta la speculazione sta già scommettendo contro il debito pubblico italiano. I fondi speculativi internazionali (hedge fund) attraverso strumenti derivati hanno posto in essere operazioni speculative pari a 39 miliardi.

Anche in questo caso il funzionamento è piuttosto semplice: si acquistano titoli derivati basati sulla vendita allo scoperto di titoli di stato italiani. In pratica vendo ora dei titoli di stato italiani senza averli, incassando il prezzo attuale. Al momento del rimborso del prestito in titoli di stato italiani, acquisterò gli stessi sul mercato basandomi sull’aspettativa che l’incremento dei tassi di interesse ne avrà fatto diminuire il valore e quindi lucrerò sulla differenza. Con un brutto inglesismo questa attività speculativa si denomina Shortare.

Insomma, un film già visto in occasione della crisi finanziaria greca e di altri paesi e l’epilogo per i cittadini è stato tutt’altro che felice.

Qualche numero per capire che cosa ha voluto dire per i cittadini greci la crisi finanziaria. Tasso di disoccupazione al 21%, contrazione dei salari e delle pensioni del 40% con la contrattazione collettiva abolita per legge, diminuzione del potere di acquisto del 25%, il 35% della popolazione sotto il livello di povertà.

Eppure, la politica in piena competizione elettorale tace….

Siamo nel pieno di una tempesta perfetta da cui non sarà né facile e né indolore uscirne. Vi do una notizia che commenteremo tra qualche mese.

La pressione fiscale italiana, oggettivamente troppo alta, purtroppo molto probabilmente non diminuirà, indipendentemente da chi vincerà le elezioni.

Cosa fare?

Problemi complessi richiedono soluzioni complesse che in questa sede possiamo solo suggerire, ammesso che tra gli interlocutori ,cioè la politica, ci sia qualcuno disposto ad ascoltare.

Il costo dell’energia elettrica va posto sotto controllo con una politica europea congiunta. La UE dovrebbe sostanzialmente creare un unico gruppo di acquisto concordando un prezzo dell’energia imposto ed uguale in ogni paese membro. Questo limiterebbe l’inflazione che, come abbiamo visto, è correlata al tasso di interesse.

L’Italia dovrebbe negoziare direttamente con la BCE una ristrutturazione del debito detenuto dall’istituto centrale europeo aumentando le scadenze e diminuendone i rendimenti.

L’evasione fiscale è un fenomeno diffuso che l’Italia non può più permettersi. Prima di colpire però la piccola evasione di sopravvivenza dei piccoli operatori economici bisognerebbe colpire la grande evasione delle multinazionali. Anche in questo caso il principio è semplice, anche se l’applicazione pratica è complessa. Le tasse per le società non vanno applicate sulla base della legislazione fiscale della sede dell’azienda ma sulla base di dove si fattura. Vendi in Italia paghi le tasse in Italia.

La spesa pubblica italiana rimane troppo alta, gli spechi improduttivi sono ancora all’ordine del giorno. La spesa sanitaria va ricentralizzata allo Stato e tolta alle regioni. Un esempio su tutti. Fino al 2017 una siringa costava 50 centesimi in Piemonte e 1 euro in Sicilia. Oggi grazie all’acquisto centralizzato effettuato da Consip[1] , il costo di una siringa oscilla tra i 49 centesimi e i 63 centesimi a seconda della tipologia, in tutta Italia, con un risparmio di 132 milioni di euro.

Bloccare subito la compravendita di titoli derivati sul debito pubblico italiano come avvenne nel 2018. Non abbiamo bisogno che gli Hedge fund ci diano una mano per la discesa.

Piccoli ed umili suggerimenti, purtroppo ad oggi mancano clamorosamente gli interlocutori.

Per approfondimenti

Sito MEF: Bilancio Semplificato dello stato

Sito Bankit: Finanza Pubblica Fabbisogno e debito

Continuate a seguirci!

  1. Consip è la società per azioni detenuta al 100% dal Mef che si occupa di contratti per l’acquisto dei beni della pubblica amministrazione

 

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