Chi svilupperà la migliore intelligenza artificiale diventerà il padrone del mondo” questa affermazione è di Vladimir Putin nel 2017, ben prima che scoppiasse la guerra in Ucraina.

Questa sola affermazione e soprattutto il suo autore, ovviamente destano inquietudine, visto che vorremmo continuare a vivere in una società libera ed anzi vorremmo che i nostri figli vivessero in una società più giusta, meno diseguale e più solidale.

È ormai chiaro a tutti che siamo di fronte all’ennesima rivoluzione tecnologica dopo quella di internet che inciderà profondamente sulle nostre abitudini giornaliere e sulla nostra economia.

Tutti i settori verranno impattatati, e come è avvenuto fin dalla prima rivoluzione industriale qualche lavoro sparirà e ne nasceranno di nuovi.

L’AI[1] è già fra noi, ed è molto più estesa di ChatGPT, la sua applicazione più famosa, che ci fornisce già la netta impressione di parlare con un uomo e non con una macchina intelligente.

L’AI avrà effetti molto importanti in settori come la medicina, riuscendo ad aumentare in maniera esponenziale la capacità del dottore, non solo di curare, ma di prevenire i problemi di salute, nei settori manufatturieri sostituendo gli operai nelle catene di montaggio in compiti manuali e ripetitivi, nei trasporti con le guide senza conducente, ed in alcuni lavori di concetto non complessi come gli operatori di call center.

Questa rivoluzione tecnologica ci affascina e ci inquieta nello stesso tempo.

La paura nei confronti della tecnologia è molto più antica di quanto si pensi. Un episodio emblematico delle politiche di limitazione della tecnologia è la storia di William Lee, che inventò il primo telaio da maglieria nel 1589 e, andando a brevettarla, si trovò rifiutato il diritto di proprietà e la brevettazione dell’invenzione dalla stessa regina Elisabetta I ‘’Lei mira in alto, Maestro Lee. Consideri però cosa quest’invenzione farebbe ai miei poveri sudditi: li porterebbe alla rovina deprivandoli del loro impiego, rendendoli mendicanti’’. Le preoccupazioni della regina riflettevano la resistenza istituzionale delle corporazioni degli artigiani e William Lee lascio la Gran Bretagna. Oggi a vari secoli di distanza sappiamo che la rivoluzione industriale è stata inesorabile ed ha donato ad una parte consistente del genere umano un benessere ed una qualità della vita incommensurabilmente migliore.

In fondo abbiamo da tempo accettato che una calcolatrice da pochi euro sia straordinariamente più efficace di un essere umano per effettuare dei calcoli. Ora dobbiamo accettare che in tutte le attività dove sia necessaria l’elaborazione di una vasta quantità di informazioni, gli algoritmi di ML (Machine Learning) possono essere più bravi degli esseri umani a identificare le scelte e le opportunità migliori.

Secondo Goldman Sachs l’aumento della produttività del lavoro legato all’adozione dell’intelligenza artificiale da qui ai prossimi 10 anni porterà a un aumento del Pil globale annuo del 7%, pari approssimativamente a 7 trilioni di dollari.

Ma con quali conseguenze?

Negli Stati Uniti due ricercatori[2] hanno effettuato uno studio su 702 mansioni lavorative contenute del database O*Net del dipartimento del lavoro americano. Questo database offre una definizione delle caratteristiche chiave di una mansione lavorativa per verificare se la combinazione di conoscenza, abilità e competenze necessarie per quella mansione, possono essere sostituite o affiancate dall’AI

I risultati di tale studio rivelano che il 47% dell’impiego totale degli Stati Uniti è nella categoria ad alto rischio di automazione in poco meno di venti anni.

I settori maggiormente impattati sono trasporti e logistica, ma anche le funzioni di amministrazione e controllo delle imprese che verranno svolte in buona parte da algoritmi di ML. Perfino le attività di servizi e vendita che implicano una grande intelligenza sociale saranno pesantemente impattate dall’AI.

All’uomo quindi verranno sempre più riservati quei compiti che implicano processi creativi che coinvolgono l’uso dell’immaginazione, dell’intuizione e della capacità di innovare.

Anche i compiti che prevedono le assunzioni di responsabilità difficilmente potranno essere affidati in toto all’AI che si limiterà a suggerire soluzioni e non a prenderle.

Le implicazioni anche giuridiche sono evidenti: se faccio incidente con una macchina senza conducente come farei a dimostrare che se alla guida, invece di esserci una macchina ci fosse stato un uomo quell’incidente non si sarebbe verificato?

Gli algoritmi di ML, infatti, prendono decisioni sulla base dei dati che hanno a disposizione che potrebbero essere non completi ed esaustivi o addirittura artatamente manipolati per raggiungere fraudolentemente delle decisioni.

In Amazon è stato sperimentato un algoritmo di ML per la selezione automatica dei curriculum da sottoporre a colloquio di lavoro. L’algoritmo di ML proprio perché si basava sui dati aziendali dei dipendenti della società, tendeva ad aumentare le discriminazioni razziali e di genere rispecchiando e reiterando le disuguaglianze.

Altra questione largamente dibattuta riguarda le cosiddette bolle informative, ovvero contesti discorsivi in cui al soggetto vengono suggeriti, dall’algoritmo di AI, elementi supposti essere di suo interesse e gradimento. In conseguenza a ciò l’individuo viene in contatto esclusivamente con elementi che concordano e rinforzano la sua visione del mondo, con inoltre la falsata percezione che tale perfetta concordanza si esplichi in un contesto plurale e multipolare come la rete di un social network. La omofilia delle reti è proprio quella tendenza umana di creare legami principalmente con individui che condividono la stessa visione del mondo e che è una delle principali cause dei totalitarismi.

Non è quindi un caso, se nei Social Network ci sia un fiorire di aggressività e di estremismo, in quanto l’utente nella sua esperienza digitale, è inconsapevolmente intrappolato dagli algoritmi di AI, all’interno del suo orizzonte e delle sue pratiche discorsive, dei suoi gusti e delle sue opinioni. L’utente, anche perché è principalmente un cliente per il gestore del social network, riceve solo ed esclusivamente informazioni che rinforzano la sua visione del mondo annullando la sua capacità di spirito critico, con evidenti effetti dal punto di vista della tenuta di uno stato democratico.

Da un lato quindi sicuramente le applicazioni di AI avranno un impatto positivo sia sul tenore di vita che sulla qualità del lavoro eliminando i compiti rutinari, dall’altro è facilmente prevedibile un sensibile impatto sui salari e sull’impiego dei lavoratori non specializzati che potrebbe allargare le differenze sociali all’interno delle singole nazioni e tra le nazioni più ricche e quelle più povere, con un aumento dei conflitti sociali, ulteriormente alimentato da quelle bolle informative prima descritte.

La gestione di uno strumento così potente richiede quindi necessariamente una guida etica dell’uomo che sicuramente non può essere delegato a nessuna applicazione di ML.

Una società più solidale, dove lo scopo principale non è lo sviluppo economico, ma non lasciare nessuno indietro. È questa l’unica soluzione per non rimanere schiacciati da uno strumento come l’intelligenza artificiale che proprio perché così potente se viene gestito per l’interesse di pochi rischia di generare iniquità e lotte sociali.

Sicuramente questa rivoluzione passa per una differente organizzazione del lavoro e per una diminuzione dei tempi di lavoro che alimenterà il mercato del “tempo libero” come il turismo, l’industria del divertimento e della ristorazione.

Altra leva fondamentale è la formazione per allenare le nuove generazioni ad attitudini come la creatività, il pensiero laterale e l’immaginazione, skill sulle quali l’uomo risulta ancora vincente rispetto all’AI.

Almeno per ora…..

Per approfondimenti

https://www.esg360.it/report-analisi-e-ricerche/intelligenza-artificiale-impatto-da-7-trilioni-di-dollari-sulleconomia-mondiale/

https://www.oxfordmartin.ox.ac.uk/downloads/academic/The_Future_of_Employment.pdf

Continuate a seguirci!

  1. Acronimo inglese di Artificial Intelligence
  2. Frey, C. B., & Osborne, M. A. (2017). The future of employment: How susceptible are jobs to computerisation?.

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