Prendendo spunto dalla scuola neoplatonica, Sant’Agostino ritiene che la filosofia sia un percorso interiore che ogni uomo deve compiere. Nella sua riflessione, infatti, l’uomo deve chiarire sé a sé stesso, cercando di conoscere la propria anima e conseguentemente Dio, in una prospettiva in cui la dimensione soggettiva è il cardine della speculazione filosofica.

Nella filosofia agostiniana fede e ragione non sono in contrapposizione, bensì legate da un’influenza reciproca espressa dal motto: crede ut intelligas (credi per comprendere) e intellige ut credas (comprendi per credere).

Per Agostino la verità risiede in Dio, che è perfetto, e immutabile. Anche nell’uomo esistono delle verità (parziali), che però non possono provenire dall’esperienza e dalle sensazioni, per loro natura mutevoli e fallaci, ma devono provenire direttamente da Dio che illumina l’intelletto umano con dei criteri immutabili di giudizio: le idee attraverso le quali l’uomo conosce il mondo.

Per intraprendere la ricerca di Dio, l’uomo deve interrogarsi sulla sua stessa natura e arrivare a comprenderla. Essendo gli uomini immagine di Dio hanno anche essi una natura trinitaria, in quanto esistono, conoscono, e amano. La natura trinitaria dell’uomo si riflette anche sulle facoltà che lo caratterizzano e che sono la memoria, l’intelligenza e la volontà.

In Soliloquia Agostino inscena un dialogo tra il sé bramoso di conoscere e la ratio che lo sostiene nel ragionamento, rappresentando minutissimamente ciò che in ogni momento avviene nell’animo dell’uomo che dialogando con la propria risorsa di ‘vero’ cerca di adattarsi e far fronte al proprio moto ch’è la volontà.       La gerarchia che dona un ordine in tutte le cose, rappresentante nell’opera agostiniana il fondo scenico di tutto il cattolicesimo, è inevitabilmente legata al discorso sulla Verità, la quale, come egli dice, non è in nessun luogo eppure esiste, ed esiste in virtù del fatto che è ricercata continuamente al fine della Felicità (De beata vita). E’ interessante considerare il modo in cui Agostino analizza la questione della conoscenza: essa appare talvolta identificarsi come nell’incontro di due assi cartesiani, l’uno orizzontale e più strettamente razionale dove le cose vengono ad essere identificate con il carattere della somiglianza-dissomiglianza e l’altro verticale, morale, dove invece le cose sono identificate con il carattere della superiorità-inferiorità.

Ecco, il REPower Ue è per l’Italia una sintesi moderna, pratica e salvifica, di matrice politico-normativa di tutto ciò. Certo, la provocazione è di tipo squisitamente intellettualistica e il parallelo ontologico-teologico è pur sempre azzardato, ma bisogna come sempre fare delle riflessioni oggettive prima di rigettarne il valore simbolico.

Il nuovo regolamento UE 2023/435 disciplina l’inserimento di capitoli dedicati al piano REPowerEU nei piani per la ripresa e la resilienza ha l’obiettivo di rafforzare l’autonomia strategica dell’UE di-versificandone l’approvvigionamento energetico e ponendo la parola fine alla sua dipendenza dal-le importazioni di combustibili fossili da Paesi non più affidabili per diverse ragioni come la Russia.

Volendo tradurre gli effetti in termini tecnico-pratici, gli Stati membri potranno aggiungere un nuovo capitolo dedicato al piano REPowerEU ai rispettivi piani nazionali per la ripresa e la resilienza nell’ambito di NextGenerationEU, allo scopo di finanziare investimenti e riforme chiave che contribuiranno al conseguimento degli obiettivi del piano stesso.

Tra le mete principali di REPowerEU figurano l’aumento della resilienza, della sicurezza e della sostenibilità del sistema energetico dell’UE mediante la necessaria riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e la diversificazione dell’approvvigionamento energetico a livello continentale, anche potenziando la diffusione delle energie rinnovabili, l’efficienza energetica e la capacità di stoccaggio dell’energia.

Attraverso i meccanismi di ridistribuzione europei, saranno messe a disposizione ulteriori sovvenzioni pari a 20 miliardi di Euro per finanziare gli investimenti e le riforme. Le fonti di tale finanziamento saranno il Fondo per l’innovazione, pari al 60%, e l’anticipazione delle quote Enti Terzo Settore 40%.

Il criterio di ripartizione è una formula che tiene conto della politica di coesione, della dipendenza degli Stati membri dai combustibili fossili e dell’aumento dei prezzi degli investimenti.

Gli Stati membri avranno ulteriori occasioni di richiedere un sostegno sotto forma di prestito, anche nel caso di richieste superiori al 6,8% del Reddito Nazionale Lordo laddove si applichino le condizioni pertinenti. Inoltre gli Stati membri avranno la possibilità di trasferimenti volontari dalla riserva di adeguamento alla Brexit.

Questo è il quadro normativo generale in cui si sta muovendo il nostro Governo nel pieno rispetto delle disposizioni di programmazione comunitaria. Ma non è il solo pendio dal quale non bisogna “frenare il carro per la scesa”.

E’ infatti di poche settimane fa la predisposizione di un piano serio e concreto del nostro Governo che punta a incentivare le comunità energetiche, vale a dire la diffusione di forme di autoconsumo di energia da fonti green. Il testo del provvedimento, sul quale il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin ha impresso una decisa accelerazione in quella direzione, dovrà attendere il disco verde della Commissione Europea per la sua definitiva entrata in vigore.

Con questo provvedimento si darà al “Sistema Italia” una nuova energia, tutta improntata all’approvvigionamento rinnovabile ed una poderosa fonte di sviluppo economico sostenibile. Uno  strumento coerente con il doppio obiettivo di questo Governo: la decarbonizzazione entro il 2030 e          l’autonomia energetica. Da nord a sud la ricchezza dell’Italia sono le sue comunità. La visione energetica del futuro del Vecchio Continente le pone al centro di una strategia volta a produrre e consumare energia da fonti pulite risparmiando sui costi delle bollette. Se sapremo implementarle come “Sistema Paese” le comunità energetiche si riveleranno un’enorme input di crescita finanziaria sostenibile ma soprattutto di coesione sociale.

La proposta è incentrata su un duplice binario di misure: un incentivo in tariffa e un contributo a fondo perduto. I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, come il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse. Chi vorrà associarsi in una configurazione di autoconsumo potrà ottenere una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili. La potenza finanziabile sarà pari a complessivi 5 gigawatt, con un limite temporale fissato a fine 2027.

Riguarderà invece solo le comunità realizzate nei comuni sotto i cinquemila abitanti, la misura che permette l’erogazione di contributi a fondo perduto fino al 40% dell’investimento. L’intervento può riguardare sia la realizzazione di nuovi impianti che il potenziamento di impianti già esistenti: in questo caso la misura è finanziata con 2,2 miliardi di euro del Pnrr e punta a realizzare una potenza complessiva di almeno due gigawatt e una produzione indicativa di almeno 2.500 GW l’ora ogni anno.

Dunque i segnali di adeguamento alle necessità e ai bisogni energetici che la contingenza della modernità e della situazione energetica mondiale ci impone, ci sono. Ma basterà? L’Italia sta facendo la sua parte per agevolare quel processo di modernizzazione, di autonomizzazione di produzione energetica e di efficientamento che non sono più procrastinabili in questo momento storico?

Le domande impongono una attenta analisi dello stuatus quo al riguardo.

La fotografia del panorama italiano attuale per quanto riguarda le Comunità energetiche rinnova-bili (CER), cioè la rappresentazione delle diverse declinazioni di autoproduzione ed autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, presenta dei tratti in chiaroscuro. Si, e’ proprio così, in chiaroscuro. Il ministro Pichetto Fratin, ha tuttavia recentemente detto di voler puntare «alla nascita di 15mila comunità energetiche».

Le grandi città, ovvero le zone a forte densità abitativa, si stanno muovendo in tal senso, anche se a velocità diverse. A Milano sono due le comunità energetiche che dovrebbero nascere in seguito al via libera della Commissione Ue, ma tra mille difficoltà ed incertezze.

A Torino il Comune ha avviato un percorso per mappare gli edifici e capire dove è possibile inserire gli impianti di produzione energetica, quindi si è ancora in fase embrionale. A Roma si è fermi, impaludati in una condizione intenzionale, cioè creare 15 comunità energetiche, una per Municipio. A Napoli: «noi siamo indietro», sono parole pronunciate non più di due mesi fa dall’assessore al bilancio del Comune di Napoli, Pier Paolo Baretta, che si occupa direttamente di CER. «Stiamo lavorando a una delibera sul risparmio energetico ma sul tema delle Cer non abbiamo ancora un piano.” E pensare che proprio a Napoli, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, era partito uno dei primi progetti a livello nazionale, promosso da Legambiente: un progetto che ha coinvolto 40 famiglie che si trovano in condizioni di disagio.

Pare avere le idee chiare invece la città di Palermo, che ha finanziato, con circa 64mila euro dalla Regione Sicilia, la costituzione delle prime 12 CER.

Ma “il treno dei desideri” sta partendo dal binario unico UE anche per quanto concerne la forma-zione per le next generation.

In autunno sarà presentata una campagna ministeriale di educazione al dispendio energetico che ci permetterà non solo di risparmiare ma anche di conseguire notevoli risultati sul piano della razionalizzazione dei consumi. Avrà una durata di quattro anni e si accompagnerà alle iniziative già messe in campo per il Pnrr. L’obiettivo a medio termine è sempre quello di portare le nuove gene-razioni a capire l’importanza decisiva della materia di cui discutiamo oggi e decelerare sull’utilizzo di fonti di energia fossile come gas o petrolio e proseguire, invece, speditamente con le rinnovabili.

Ma l’analisi oggettiva della condizione energetica territoriale e dei suoi scenari futuri non può prescindere dalla valutazione di un altro versante su cui si esplicherà il vigore attuativo delle nuo-ve misure di efficientamento energetico nazionale.

Il Governo si è impegnato anche a promuovere la realizzazione di impianti agrivoltaici innovativi come prevede il Pnrr, e si è posto l’obiettivo di installare almeno 1,04 Gw di impianti agrivoltaici entro il 30 giugno 2026.

Il Pnrr attribuisce a questo investimento risorse finanziarie pari a quasi un miliardo e cento milioni di euro. Gestore dell’intera misura e dell’accesso al meccanismo incentivante sarà il Gestore servizi energetici (Gse).

L’autonomia energetica si costruisce anche puntando sulla vocazione agricola di una gran parte del nostro Territorio-Paese. Oggi la sfida innovativa è far coesistere nei campi coltivabili l’eccellenza agricola con soluzioni nuove per generare energia pulita, aprendo opportunità di crescita del settore nel segno della sostenibilità e dell’attenzione all’ambiente. Assieme alle Comunità energetiche questo è probabilmente uno dei provvedimenti più qualificanti per cambiare dal territorio il paradigma energetico del nostro Paese e guardare al futuro.

Il decreto ministeriale, accolto favorevolmente da tutte le principali associazioni di categoria del relativo segmento produttivo, prevede, in particolare, il riconoscimento di un incentivo composto da un contributo in conto capitale nella misura massima del 40% dei costi ammissibili e una tariffa incentivante a valere sulla quota di energia elettrica prodotta e immessa in rete. Il sostegno è rivolto a soluzioni costruttive innovative, prevalentemente a struttura verticale e con moduli ad alta efficienza.

Elemento fondamentale della misura, per garantire la realizzazione di progetti che generino benefici concorrenti agricoltura/energia e valutarne gli effetti nel tempo è il sistema di monitoraggio. E’ previsto infatti che queste installazioni garantiscano la continuità dell’attività agricola sottostante l’impianto per tutto il periodo di vita utile degli strutture stesse e che siano monitorati il microclima, il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, la resilienza ai cambiamenti climatici e la produttività agricola per i diversi tipi di colture.

Ordunque, il quadro complessivo sul tema green è molto più chiaro. E il parallelismo delle letture e delle tematiche agostiniane risuonano in modo più “rumoroso”. Ogni spunto di riflessione del passato va interpretato nella migliore delle possibili adattabili declinazioni con la modernità.

Considerazioni, quelle del filosofo cristiano, che devono essere di spone a chi la meta del futuro su cui allinearsi deve conquistarsela metro dopo metro, perché se valutate in chiave laica sono esaustive e fortemente pregne di vita reale e ambizione di crescita economico-sociale, soprattutto territoriale.

Quel che è certo è che il “Ripotenziamento europeo” è probabilmente una occasione irripetibile per l’Italia nella storia di questo secolo. Opportunità di riallinearci con chi è molti passi avanti. E senza voler scomodare illuminati teoremi filosofico-teologici tutto ciò è inscindibilmente legato alle “Consapevolezze nelle Volontà”.

E si sa, i treni verso la salvezza sono difficili da prendere, ma non ci sono alternative. Italiani preparatevi a salire a bordo, ma adeguatamente organizzati.

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