Quando leggiamo la nostra busta paga, ci rendiamo conto della differenza tra l’importo versato sul nostro conto corrente ed il costo sostenuto dal proprio datore di lavoro.

Il “Cuneo fiscale” è dato dalla somma delle imposte, sia dirette che indirette, e dai contributi previdenziali che incidono sul costo del lavoro, in pratica è la differenza tra lo stipendio lordo versato dal datore di lavoro e la paga netta ricevuta dal lavoratore.

Questa differenza è dovuta a diversi elementi che influenzano il calcolo dell’importo netto:

  • le imposte dirette: principalmente l’Irpef e le addizionali comunali e regionali
  • i contributi previdenziali dovuti all’Inps

In altre parole, il datore di lavoro, nel pagare le retribuzioni lorde al dipendente, trattiene le imposte e i contributi direttamente dalla busta paga del lavoratore, pagando quindi l’importo netto. All’importo lordo, il datore di lavoro dovrà aggiungere la quota a suo carico. Il cuneo fiscale è quindi dato da quanto trattenuto al lavoratore nella busta paga e dalla parte di oneri a carico del datore di lavoro.

Il cuneo fiscale è una tematica che riguarda anche i professionisti e gli autonomi. Anche per tali tipologie il carico è in parte sul lavoratore ed in parte sul committente.

In Italia il cuneo fiscale è pari al 46,5%, contro una media Ocse del 41,3%, quindi nettamente superiore a quella dei paesi maggiormente sviluppati.

In valore assoluto l’Istat ha calcolato il cuneo fiscale e contributivo medio in Italia per un importo pari a 14.600 euro. In pratica, per dirla in termini grossolani, ogni lavoratore italiano paga mediamente allo stato per fisco e previdenza 1.216 euro al mese.

È evidente che un livello così alto di cuneo fiscale rappresenta un incentivo molto forte al lavoro nero, altra piaga endemica nel nostro paese.

Dal confronto con gli altri paesi appare evidente che sarebbe opportuna una redistribuzione tra le varie fonti di imposta, come le imposte indirette o quelle sul patrimonio, al fine di evitare una concentrazione così elevata sul cuneo fiscale.

Va anche detto che in Europa esistono paesi con un cuneo fiscale più elevato di quello italiano, come il Belgio (52,6%), seguito da Germania (48,1%) e dall’Austria (47,8%).

La diminuzione del cuneo fiscale può avvenire agendo sulle voci a carico del datore di lavoro, rendendo quindi più conveniente assumere lavoratori, ma lasciando inalterata la busta paga, oppure agendo su imposte e contributi a carico dei lavoratori lasciando inalterato il costo del lavoro per l’impresa, ma aumentando la busta paga dei lavoratori, oppure agendo su entrambe le leve.

Il governo italiano, uscito dall’ultima competizione elettorale, sta operando, in continuità con i governi precedenti, un taglio del cuneo fiscale limitatamente ai soli lavoratori, lasciando quindi inalterato il costo del lavoro, ed ai soli lavoratori meno abbienti.

In particolare, nella legge di bilancio del 2023 è stata prevista una sensibile diminuzione del contributo INPS a carico dei lavoratori che è pari al 9,19% come misura emergenziale per il solo esercizio 2023.

Tale diminuzione riguarda solo i lavoratori con una retribuzione imponibile mensile pari a 2.692 euro con una quota di contribuzione che passa dal 9,19% al 7,19%, mentre i lavoratori con buste paga più basse, fino ad un imponibile pari a 1.923 euro mensili, vedono la contribuzione ridotta dal 9,19% al 6,19%.

L’effetto in busta paga è oggettivamente contenuto e va dai 231 euro annui per i lavoratori con un imponibile fino a 10 mila euro, ai 395 euro annui per i lavoratori con un imponibile fino a 35 mila euro, mentre per i lavoratori con un imponibile superiore non cambia nulla.

È un piccolo passo, ma va nella direzione giusta, in quanto favorisce le fasce meno abbienti della popolazione, messe a dura prova da un aumento repentino dell’inflazione ed in particolar modo dai costi delle bollette.

Nello stesso solco, il documento di economia e finanza che sarà varato il prossimo 1° maggio 2023, dovrebbe prevedere un innalzamento di questo sconto per il periodo maggio – dicembre 2023. I particolari non sono ancora noti, se non nell’ammontare delle risorse stanziate pari a 3,5 miliardi (0,15% del PIL nazionale).

Se tali risorse fossero destinate alle stesse fasce di lavoratori già interessate dal taglio in vigore si arriverebbe ad un ulteriore aumento di 25 – 30 euro mensili, se invece fossero dedicate alle sole fasce con imponibile fino a 25 mila euro, si arriverebbe ad un aumento totale di 80 euro mensili, che su redditi bassi è abbastanza consistente.

La diminuzione adeguata suggerita al governo dalle parti sociali, sindacati e Confindustria, dovrebbe essere del 5% per i redditi fino a 35 mila euro portando la contribuzione dal 9,19% al 4,19%

Confindustria ha inoltre chiesto che la diminuzione sia spalmata per due terzi sui lavoratori ed un terzo sui datori di lavoro al fine di incidere anche sul costo del lavoro oltre che sulle buste paga.

 

Per approfondimenti

Pubblicazione Istat: IL CARICO FISCALE E CONTRIBUTIVO DI INDIVIDUI E FAMIGLIE – ANNI 2019-2020

https://www.istat.it/it/files//2022/12/Carico-fiscale-e-contributivo-2019-2020.pdf

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