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Guerra dei droni: con Obama un nuovo modo di far guerra

Un nuovo modo di combattere sta caratterizzando l’inizio del ventunesimo secolo: l’uso dei droni. Protagonisti gli Stati Uniti d’America
Droni Militari USA Droni Militari USA

Nelle guerre condotte oggi giorno dagli Stati Uniti d’America un nuovo modo di combattere sta caratte- rizzando l’inizio del ventunesimo secolo: l’uso dei droni. 

Gli USA, unica superpotenza militare ed attore egemone in ogni ambito delle relazioni internazionali ha fatto uso regolare dei droni. Il drone è un velivolo senza pilota guidato tramite controllo remoto, fino a qualche anno fa sconosciuto alla stragrande maggioranza. E’ diventato il simbolo di una rivoluzione tecnologica in atto che per via del suo potenziale si colloca in una zona grigia. Coinvolge la sicurezza nazionale, la politica estera e la strategia militare con ragioni e necessità di diverso peso e rilevanza. Queste aree nel loro insieme coinvolgono sia la posizione assunta dal governo federale americano che quella di altri stati.

Guerra dei droni

Droni ed opinione pubblica

L’opinione pubblica internazionale si interroga oltre che sulla legalità e legittimità dei droni anche su questioni di tipo etico che questi nuovi dispositivi pongono:

  • la guerra del futuro sarà un conflitto combattuto a distanza grazie ai droni?
  • Lo sviluppo tecnologico dei droni ci permette di annullare la dimensione spaziale andando oltre i confini del campo di battaglia ?
  • Il limite nell’uso dei droni dov’è?
  • E soprattutto, chi lo stabilisce?

Nei prossimi anni la diffusione e la frequenza d’uso dei droni non si limiterà agli Stati Uniti o a pochi altri paesi alleati, ma diventeranno componente basilare di ogni armamentario, incluso quello di attori non statali.

L’avanzamento tecnologico

L’inarrestabile avanzamento tecnologico offrirà sempre un costante miglioramento qualitativo delle risorse offrendo macchine sempre più performanti e specializzate. Il mondo in cui viviamo è caratterizzato come non mai dalla velocità del cambiamento ed è inevitabilmente in continua evoluzione. 

Tutto risulta come un’accelerazione crescente, spesso però senza una direzione precisa o perlomeno una destinazione finale dichiarata. Uno sforzo di comprensione tramite una riflessione critica, necessariamente multidisciplinare, è ciò a cui ogni libero cittadino è chiamato.

Barcack Obama

Le ragioni della scelta di Obama sui droni

Una delle politiche centrali attuate dal Presidente Obama sin dal suo insediamento è stata la scelta di puntare su un uso estensivo dei droni. Questo ha rappresentato un netto cambiamento di strategia rispetto a quanto avveniva in passato.

I vertici militari del “Department of Defense” giustificano la crescita esponen- ziale dei droni a due principali vantaggi:

  • l’accuratezza e l’efficienza ottimali nell’individuare ed (eventualmente) eliminare l’obiettivo
  • la riduzione del margine di errore minimizzando i danni collaterali

Sarebbe opportuno aggiungere che i “danni collaterali” vengono troppo spesso e troppo facilmente considerati inevitabili.

La questione morale nell’uso dei droni

La pubblica opinione appare divisa su questa nuova forma in cui viene esercitato il potere militare. Si discute non solo sulla legalità propria ed effettiva di questa nuova arma ma soprattutto su questioni di ordine morale. Queste sembrano non essere prese nella giusta e dovuta considerazione.

La posizione del governo americano ha a suo favore una lunga lista di operazioni portate a termine con successo tramite i droni. Questa sarebbe la dimostrazione del più alto standard di affidabilità dell’impiego dei droni rispetto alle tattiche del passato.

Inoltre, essendo i droni azionati tramite controllo remoto è possibile raggiungere i territori più lontani. Riuscendo ad essere operativi senza però dover mettere “gli stivali sul terreno” evitando così i relativi costi economici. Sono anche e soprattutto i costi psicologici a ridursi, per non dire umani, che avere truppe stanziate comporta.

Barcack e Michelle Obama

La politica di disimpiego

Tutto ciò è da ricondurre alla “politica di disimpegno” dell’amministrazione democratica che risulta una discriminante nel processo decisionale. All’epoca di Obama, I conflitti armati in Iraq e Afghanistan vedono impegnati i militari americani in uno sforzo costante dalla durata ancora incerta. E’ soprattutto la lotta continua contro al Qaeda e le sue forze associate a rappresentare l’incognita più grande.

L’approccio è fondamentalmente diverso da quello originariamente intrapreso nei due mandati repubblicani del presidente George W. Bush. L’era del “World’s Policeman” è finita. L’era di una nazione pronta ad intervenire ovunque nel nome dei valori costitutivi. Valori alla base della società democratica, che essa sola crede di rappresentare.

Non è praticabile né sostenibile. E forse neanche giusto.

Una tendenza unilaterale alla risoluzione delle controversie è prerogativa del più forte. Nel tempo diventa propriamente una concezione: nel corso della storia questa è sempre stata una costante. La leadership mondiale americana resta fuori discussione ma è la forma in cui viene esercitata a dover cambiare.

Il presidente Obama in persona ha espresso tale idea nel suo discorso sulla Syria. In seguito all’uso di armi chimiche da parte del regime dittatoriale di Assad, ha affermato quanto segue.

L’America non è il poliziotto del mondo. Cose terribili accadono in tutto il mondo, ed è oltre i nostri mezzi riparare ogni torto.”

Obama ha voluto sottolineare con uguale convinzione il ruolo storico assolto dal paese quale “ancora della sicurezza globale”. Ruolo ricoperto sin dal termine della seconda guerra mondiale. Un supremazia che inevitabilmente porta con sè un senso di dovere. Il senso di responsabilità morale senza cui l’essenza stessa della leadership viene meno.

Droni leggeri

Le conclusioni di Obama

Obama concluse proprio interrogando su questo il popolo americano. 

In che mondo vivremmo se gli USA, vedendo un dittatore violare sfaccia- tamente il diritto internazionale, scegliessero di guardare da un’altra parte?”

Onorare il proprio passato essendo all’altezza delle sfide del presente è il messaggio che vuole trasmettere. Risultano chiare le intenzioni di cambiamento verso il controverso passato. Mantenendo tuttavia il proprio carattere immutato di leader ma che va manifestato in modi diversi. Era soprattutto il lascito più gravoso dell’era Bush ad essere finalmente superato. Quello di un’America contro il terrore senza ulteriori specificazioni.

Una nuova retorica ha preso il suo posto rendendo il nemico definito e dichiarato. Questo rappresenta una fondamentale differenza rispetto al passato che cambia completamente la percezione della politica estera americana nella sua dimensione anti-terrorista.

Gli Stati Uniti non sono in guerra con l’Islam

Lo ha affermato con la massima chiarezza il presidente Obama nel summit internazionale “Countering Violent Extremism” tenutosi a Washington nel febbraio 2015. Il focus del summit era incentrato sull’ascesa di ISIS. Anche il direttore della CIA John Brennan si dimostrò molto rappresentativo del nuovo corso politico. Riprendendo la questione dello scontro di civiltà durante un intervista fece una importate riflessione. “Ci troviamo davanti ad un interpretazione molto contorta e perversa di una religione che essi pretendono di rappresentare ma in nessun modo rappresentano. Si tratta di una ideologia di violenza, ecco cosa è, non è una ideologia religiosa”.

Tutta la base dottrinale degli islamisti deve quindi essere considerata nient’altro che un insieme disomogeneo di precetti fanatisti. Parole realmente significative, conseguenti il diverso approccio del presidente Obama. Qeust’ultimo ha sempre infatti parlato di corruzione, distorsione della fede islamica escludendo ogni titolo di rappresentatività della comunità musulmana. Qualificando l’attività dei terroristi dell’ISIS con l’appellativo di “violenti estremisti”.

Droni lungo raggio

Il terrorismo non ha legittimazione religiosa

Brennan, rimarcando il carattere distintivo dell’attuale amministrazione democratica rispetto al passato, parla degli uomini dell’autoproclamato califfato guidato da Al baghdadi. Di questi dice che vanno considerati come di finti mussulmani. Così facendo ribadisce un punto essenziale di svolta nella dialettica sull’argomento. La stragrande maggioranza degli individui di fede islamica sparsi per il mondo denuncia e condanno le loro azioni. Proprio per questo non bisogna dare loro nessun tipo di legittimazione religiosa.

Animare una inconcludente polemica politica (tendenzialmete islamofobica) sul termine più appropiato da utilizzare non porta a nulla. Si crea solo confusione crescente nell’opinione pubblica facendo spesso leva sugli istinti più bassi.

La risposta governativa più efficace è dare centralità ai servizi di sicurezza ed intelligence, rendendoli sempre più affidabili ed idonei a fronteggiare le minacce contemporanee. Risultando questa come la scelta che meglio permette di contrastare il fenomeno terrorista. Il tutto con una mirata azione preventiva su larga scala, la più ragionevole ed adeguata delle scelte.

Affari militari e politica estera

Volgendo lo sguardo agli affari militari, più rilevanti ai fini del presente articolo, la situazione è ben diversa da quella della politica estera. Nei fatti è impossibile non riscontrare una sostanziale continuità nella scelte delle politiche di difesa tra le due presidenze. Fatte alcune eccezioni propagandistiche, l’azione del neo-eletto Obama si è configurata come un crescente ampliamento dei poteri presidenziali. Questa tendenza espansiva risale a molto tempo prima ed è comune a diverse amministrazioni, ma oggi particolarmente evidente.

La decisione di mettere ufficialmente al bando le tecniche di “interrogazione estensiva” ha spostato l’attenzione sulla vera questione. In passato le tecniche usate negli anni di Bush dalla CIA avevano gettando molte ombre ed un senso di profonda diffidenza su tutta l’intelligence americana. Si parla ancora di “preemption”,ossia neutralizzare il potenziale rischio prima che il danno si manifesti. Tale azione sicuritaria rimane però inalterata anche nei suoi punti più controversi.

Il ritiro delle truppe americane dall’Iraq istituzionalizza l’uso dei droni

I sostenitori democratici enfatizzeranno certamente il ritiro delle truppe americane dall’Iraq. Quel risultato è incontestabile, ma ha portato i droni ad un altro livello, istituzionalizzandone l’uso. Vengono definite procedure operative che dando alla Casa Bianca un ruolo centrale nella selezione degli obiettivi. Questo per rendere la catena di comando più efficiente e meno soggetta ai numerosi conflitti interni. Questi problemi palpabili di attribuzione avvenuti del passato avvenivano tra servizi di intelligence e forze armate.

L’immagine che ne esce, per utilizzare la descrizione dello storico Lloyd C Garner, è un nuovo volto dello stesso potere presidenziale americano. Altamente tecnologico, reticente, globale e letale.

Un volto che forse potrà cambiare espressione, mai i cui tratti distintivi sono destinati a rimanere invariati a lungo termine.

Obama e Trump

Il profilo di Barak Obama

Barak Barack Hussein Obama II, classe ’61 è stato presidente degli Stati Uniti dal 2009 al 2017. Avvocato e uomo di politica fu prima senatore dello stato dell’Illinois, dunque senatore per il governo centrale. L’ultimo ruolo che ricoprì fino al 2008 gli conferì la visibilità necessaria per la scalata alla Casa Bianca.

Nato ad Honolulu nelle Hawaii, è sicuramente frequentando Harvard che eleva il suo status sociale. Presso la Harvard Law School fu la prima persona di colore a presiedere la Harvard law review. La sua carriera politica, e dunque elettiva, inizia in Illinois nel 1997.

Fu sempre considerato un “Nuovo Democratico di Centro“, è poco dopo la sua nomina a presidente fu persino insignito del Nobel per la pace. Decisione non poco discussa specie se andassimo a raffrontare la visione elettorale con la pratica militare del quarantaquattresimo presidente americano.

Obamacare

Sicuramente il preludio della sua presidenza fecero sperare ad una svolta definitiva su temi caldi per il popolo. Obamacare mira a stravolgere l’assistenza medica pubblica del paese, ma non tutti gli obbiettivi vennero raggiunti.

Il secondo mandato

Dopo aver battuto Mitt Romney alle urne, giurò nuovamente alla Casa Bianca nel 2013. Questo secondo mandato, nella politica interna, fu incentrato sull’inclusione delle minoranze come LGBT. La lotta ai cambiamenti climatici fu anch’essa un argomento di primaria importanza. Tuttavia, mentre continuava il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, ordinò l’intervento militare in Iraq.

Sono questi gli anni di cui abbiamo voluto parlare in questo articolo. Fu principalmente il secondo dei mandati di Obama a vedere una escalation nell’uso dei droni. Tuttavia l’incipit era stato dato con la decisione di ritirare le truppe dall’Afghanistan nel mandato precedente. 

Altri importanti risultati storici fuorono sicuramente il negoziato sulle armi nucleari con l’Iran. Sul fronte ambientale la firma statunitense dei trattati di Parigi marca un cambiamento epocale. 

L’elezione di Donald Trump

L’america che ha scelto Trump sembra ripudiare tutto quanto di buono avesse fatto l’amministrazione Obama. Non è affatto un caso che il neo eletto Donald Trump si affretti ad attaccare i cavalli di battaglia del predecessore. L’inversione di tendenza sembra totale, massacrante, dissacrante, mostruosa. Da Obamacare ai rapporti con l’Iran, ai trattati di Parigi, alle relazioni internazionali; tutto verrà messo in discussione. 

L’elettorato represso delle periferie, con la propria rabbia ed ignoranza sembra guidare il paese. La grossa sorpresa è però quella di una economia che vola inarrestabile. Donald Trump sembra trascinare l’america verso nuove vette. E’ ancora presto per capire se da queste vette si ammireranno nuovi orizzonti o ci si preparerà solamente ad una rovinosa caduta.

Il lascito culturale di Obama

Obama passerà alla storia come uno fra i presidenti del paese che occupa un ruolo di prominenza per contributo storico. Considerato favorevolmente da storici e politici per il suo operato ha sicuramente ricevuto un numero di elogi superiore a quello delle critiche.

Luigi Amoroso e Marco Nannini

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