È di qualche giorno fa la notizia che una nota galleria d’arte milanese ha acquistato un’opera d’arte davvero singolare: uno straccio sporco d’olio motore. Avete presente quando si controlla l’olio al motore dell’auto? Ecco. Ma chi è l’autore di un tale opera? E, soprattutto, cosa significa?

Artista e Direttore Artistico ferrarese ma romano d’adozione da 13 anni, Mario Tarroni è poliedrico, trasversale, cangiante… Si occupa di arte a 360°: molti ricorderanno le mostre da lui curate presso il Palazzo Della Cancelleria Apostolica; altri le sue “incursioni” nel teatro, soprattutto con l’amico regista Nino Campisi, o nella moda, le sue collaborazioni con Roberto Capucci; qualcuno lo avrà visto in qualche film di Pupi Avati, altra <<amicizia e collaborazione ventennale>> – ci confida… E poi chi lo conosce come allestitore di gallerie d’arte, chi come cantante… Mario è questo e molto altro. Nel 2020 FINECO gli dedicò una mostra personale, alla quale ebbi il piacere di assistere; un’esposizione che, alla fine, causa successo clamoroso, durò ben 18 mesi a suon di proroghe: nata da un’idea di Philippe Daverio, “Le stanze dell’inconscio” narra un percorso <<esteriore-ma-interiore>> articolato in una serie di 50 opere; 50 tappe fra dipinti, sculture e installazioni. Da quell’esperienza si arriva ai giorni nostri e al suo recente ingresso in galleria, stavolta in veste d’artista. In questa lunga intervista che ho voluto dedicargli per introdurre, doverosamente, i nostri soci, amici, collaboratori al suo mondo e ai perché della sua arte, ci racconta il successo del suo ultimo lavoro che gli è valso un contratto a dir poco straordinario e l’ingresso in uno dei sancta sanctorum dell’arte a livello europeo: la prestigiosa M77 Gallery di Milano.

Sono indeciso se comprare un appartamento a Montecarlo o un “#Oliosutela” di Tarroni… coi prezzi al m2 siamo lì…

Se prendi l’appartamento lo vorrai arredare… e allora un olio su tela potrebbe fare al caso… Se vuoi vedere com’è la combinazione, perchè non ci vieni a trovare alla sede di Tota Pulchra a Monaco?”

Di recente è stata consegnata la prima opera della tua nuova serie ad una fra le più prestigiose gallerie europee. Di cosa si tratta precisamente?

Si tratta di un olio su tela, 30×40, e si intitola “Marco è un bravo ragazzo ma nessuno lo sa”. Marco, a cui è dedicata l’opera, è un giovane tassista romano con cui ho avuto l’occasione di trascorrere fuggevoli ma emozionanti attimi di pura arte istintiva; sebbene sappia ben poco di lui, sono rimasto affascinato dalla sua figura al punto di dedicargli questa prima opera del mio nuovo ciclo, “#Oliosutela”.

Parlami della genesi… com’è nata quest’opera? E quali tematiche hai voluto affrontare alla soglia di questo tuo nuovo ciclo?

Un taxi può essere una buona metafora della vita; in un andirivieni generale, tempi di attesa, più brevi, meno brevi, osservando gli altri andare e venire; poi un incontro, o una chiamata; una nuova destinazione; il traffico, i semafori, i lavori in corso, cambi di rotta, accelerazioni e rallentamenti… quattro chiacchiere; un po’ di distensione; respirare e sfruttare ogni attimo della corsa; e poi l’arrivo, come una promessa, come una certezza; il pagamento, i ringraziamenti, un saluto, augurandosi di rivedersi; e poi un nuovo inizio; per tutti. Pochi, salendo sul taxi, pregheranno di arrivare sani e salvi; nei più c’è come una “fede” naturale nell’infallibilità del tassista che ci guida; si compie qualcosa di molto religioso, e il più delle volte, distrattamente; qualcosa che, nella vita “fuori dai taxi”, sembriamo aver dimenticato, dimostrandoci meno inclini ad affidarci con slancio, confidando nell’arrivo. In difetto di fede (e in alcuni casi in eccesso, “al tempo de li dèi falsi e bugiardi”) ciascuno, in questa corsa che è la vita, si trova ad attraversare momenti di difficoltà, piccoli e grandi “problemi” (li chiamiamo così quando li sentiamo più grandi di noi, ma lo ritengo un termine poco vantaggioso, perchè l’etimo – dal greco “proballein”, letteralmente “proporre, mettere innanzi”- ci rappresenta dinanzi ad un promontorio, un ostacolo, e preferisco sostituirlo con “difficoltà”, che significa, invece, che qualcosa sfida le nostre attitudini, e quindi possiamo vincerla superando noi stessi: i problemi sono paralizzanti, le difficoltà sono stimolanti). Piccole e grandi difficoltà, quindi, tuttavia non sta a noi giudicare la dimensione delle difficoltà altrui: occorre rispetto per l’altro, perché ciò che qualcuno percepisce come insignificante, per qualcun altro può apparire insormontabile…

Quindi, una prima chiave di lettura, riguarda le difficoltà che si incontrano durante IL viaggio…

Inevitabilmente, ma procediamo per gradi. Marco ha un “problema” con il suo taxi: il motore gli consuma un litro di olio ogni 500 km. A questo problema immanente se ne aggiunge un altro, contingente: qualcuno ha richiesto un taxi; Marco si è precipitato ma, colui che ha chiamato non si fa trovare, e il contesto suggerirebbe che il richiedente si sia dileguato con un altro taxi appena partito, e così Marco è bloccato. Deve star fermo ad attendere qualcuno che molto probabilmente ha già preso il primo taxi che ha trovato, e quindi non può offrire il suo servizio ad alcuni turisti che glielo richiedono. C’è da immaginare che in quella situazione, la combinazione di “mare assai pescoso” e “divieto di pesca” possa avergli creato una certa frustrazione. Per di più c’è quel problema dell’olio…

Certo, una situazione, a suo modo, “drammatica” alla quale tu, da artista, hai voluto porre rimedio…

Credo in un’arte al servizio dell’uomo, capace di stare al contempo dentro e fuori i musei; un’arte come modo di essere: immediata, risolutiva, illuminante. Estatica. Un’arte rivolta al prossimo, che dia la spinta per superare le difficoltà della vita. Così è nato il mio ultimo lavoro…

Ecco, ora che abbiamo la cornice generale… passiamo al quadro specifico: parlami meglio di quest’opera.

È un’opera molto complessa e densa di significati, viscosa direi: in un rapido gesto, in apparenza banale (e che a tanti potrà apparire fatuo, assolutamente antiartistico o, peggio ancora, provocatorio…), un gesto semplice, come un controllo all’olio del motore, avviene qualcosa di magico: Marco, dall’animo artistico, viene travolto dalla proposta spiazzante di uno sconosciuto (<<Sono un artista anch’io. Aprimi il cofano: ti controllerò l’olio!>>) e viaggia alcuni istanti con lo spirito verso regioni inesplorate dell’essere, sognando, non comprendendo cosa sta accadendo ma scoprendo, in una situazione apparentemente assurda, la fede. Nel lasso di tempo della piccola ispezione, è sconvolto, divertito, attonito, non sa che pensare, ha già fatto 360 giri di Roma stando sul posto. <<Ora realizzerò un leggendario olio su tela ed entreremo insieme nella Storia dell’Arte. Apri il cofano e vedrai.>>; e l’arte arriva come un uragano nella vita di Marco. Si scorda del cliente che gli ha dato buca. Si scorda, forse, addirittura chi è e cosa ci fa lì. <<L’olio è a posto>>: l’arte è compiuta; <<Marco, divideremo i frutti di quest’opera>>.

Ma cosa hai cercato di significare con questa tua azione?

Come ho detto, è un’opera che ha molti significati: c’è l’unione, l’incontro fra due artisti nell’anima, uno dei quali lo fa anche per lavoro mentre l’altro lo vive intensamente e con spontaneità dentro di sè… Poi c’è un aspetto più autobiografico: da ragazzo, in un lontano passato, controllare l’olio ai motori rappresentava una pratica quotidiana del lavoro che svolgevo presso l’attività di mio padre e dei miei zii, una stazione di servizio, “Service Car Center dei F.lli Tarroni” era la ragione sociale. Era un gesto dunque che conoscevo molto bene, ma al quale ho voluto cambiare di significato. L’Arte è trasformazione. E ora quello straccio ha nuova vita e diviene il simbolo di un cammino; di una promessa mantenuta a sè stessi; dell’impegno a trasformarsi e trasformare il mondo. Oggi sono artista, art director, event manager… svolgo molte attività, tutte accomunate dalla mia passione per l’arte. Da un anno ho aperto una società di servizi per il mondo dell’arte, chiamandola “Service Art Center” (nome mutuato dalla storia familiare); è un progetto nato per coprire aree specifiche (Centro e Sud America), nelle quali ho sviluppato contatti significativi che necessitano di una struttura; ora abbiamo 8 specialist residenti, uno per ciascuno dei settori attualmente coperti, come musei, gallerie, collezionisti, artisti, art-advisor, art-broker, event manager, case d’asta. Per esigenze di consolidamento, e anche dettate dalla vastità dell’area, investiremo ancora nella formazione nei prossimi anni. Ma non siamo in guerra con nessuno; non siamo in lotta per la conquista del mondo: si tratta di terreni pressoché vergini ai servizi che stiamo introducendo, e l’obiettivo è fare bene il nostro lavoro e offrire ai nostri partner proposte di qualità. È un’attività che nasce per dare supporto a una pluralità di attori del mondo dell’arte, nella quale sviluppiamo progetti per conto di terzi, diamo consulenze, ci offriamo per risolvere le difficoltà che i nostri partner possono incontrare… siamo più artigiani (e un po’ meno artefici) che artisti, ammesso che vi sia una differenza. Controlliamo l’olio, insomma: verifichiamo che il motore sia ben lubrificato e non si inceppi. Se occorre il carburante, facciamo il pieno. E se qualcuno desidera solo fermarsi un momento, riflettere, recuperare le energie, prendere un caffè, siamo lì per esaudirlo, a regola d’Arte.

Se ho ben capito, questa prima opera del tuo nuovo ciclo: “#Oliosutela”, nata da una situazione improvvisa, diremmo una performance, vuole lanciare un messaggio positivo: e questo rimanda a quella che è la funzione sociale dell’arte…

Esatto. Insomma, l’esperienza con Marco va filtrata con la corretta chiave di lettura: c’è un aspetto personale, biografico e c’è l’aspetto transpersonale, rivolto all’altro; a Marco, che nel frattempo ha trovato un nuovo cliente e corre verso la prossima destinazione, ed alla comunità. In questa mia ultima opera trova spazio, infatti, anche un profondo, disperato, messaggio di speranza, mi crederanno o no: è un messaggio per coloro che vedono nero, ed è <<NO, ragazzi: non è tutto nero!>>. I più ostinati crederanno ancora che è un bluff: ma no. Con quel gesto ho voluto fare qualcosa di magico, di sociale, di terapeutico, addirittura, benché a prima vista assurdo: ho voluto migliorare la giornata mia e di Marco. L’ho vista come una tesi di laurea: se gli miglioro il morale, allora sì, sono un artista. E a chi avrà la sensibilità per comprendere, dico che è stato un momento molto emozionante, e sia a me che a Marco brillavano gli occhi, quando ci siamo salutati.

Bene. E se vogliamo, veniamo pure agli aspetti commerciali di quest’ ”#Oliosutela #1”.

Da diversi anni collaboro con una galleria di Milano, M77, in qualità di mediatore (art-broker). Si tratta di una realtà di primissimo piano nel panorama europeo, che propone opere d’arte moderna e contemporanea di grande carattere, museali, e di artisti storicizzati e di gran grido. Tanti sono i nomi che ho avuto la fortuna di trattare per loro: da De Chirico a Isgrò, passando per Maria Lai e molti molti altri. Con Maria Lai poi ho trattato l’acquisizione di opere per conto della Fondazione Tota Pulchra, in vista della grande mostra monografica in preparazione presso i Musei Vaticani per il prossimo Giubileo… Beh, non avevo mai pensato di vendere le mie opere attraverso un circuito di gallerie: ho sempre preferito esporle e promuoverle diversamente, realizzando degli appositi contest, a volte all’interno di eventi privati, presso le sale espositive di istituti di credito – come FINECO – con cui abbiamo realizzato proficue collaborazioni, o presso locali che strizzano fortemente l’occhio all’arte, come il celebre “Camponeschi” di Piazza Farnese in Roma. Per caso, in un incontro presso il mio studio a Roma con il responsabile delle acquisizioni della galleria milanese, incontro che aveva tutt’altro scopo e oggetto, il responsabile ha notato il catalogo di una mostra di mie opere che avuto particolare successo, “Le stanze dell’inconscio”, ideata insieme al grande Philippe Daverio pochi mesi prima della sua scomparsa: presentata ed ospitata da FINECO, progettata inizialmente per la durata di 30 giorni, è stata poi prorogata, su richiesta del committente, prima di un altro mese, poi di due, di sei, e alla fine, dal mese previsto ne è durata 18. Fino all’ultimo ho temuto non volessero restituirmi le mie opere… Un successo clamoroso ed una soddisfazione senza precedenti: la mia prima mostra, la prima personale. Quando l’abbiamo disallestita, c’era un’impiegata che piangeva: si era commossa perché in quell’anno e mezzo si era così abituata a vedere quelle opere in quei luoghi che ora stavano tornando deserti… e si era affezionata a me, che oramai ero diventato di casa, recandomici spesso, a volte per mostrare le opere a qualcuno, a volte per accompagnare clienti o per interessi personali… altre volte ancora, per aggiungere opere, che, dal primo mese al sesto, sono raddoppiate… insomma, ero spesso là, parlavo e scherzavo con tutti; la mostra è stata apprezzatissima, ha ricevuto molte lodi, e venduto anche diverse opere.

Sì, ma dicevi del responsabile della galleria di Milano…

Ah, sì, il responsabile delle acquisizioni della galleria M77. Beh, rimane molto colpito e mi domanda se sono interessato NON a farmi rappresentare da loro come artista, ma a vendere direttamente a loro alcune delle mie opere. Gli spiego che quelle del catalogo in visione no, non sono in vendita, un po’ perchè una parte ha già trovato casa, e un po’ perchè a quelle rimanenti sono troppo affezionato, e per il momento preferisco tenerle. Sembrava finita lì, ma dopo qualche settimana, nel corso di un altro incontro, sempre per altri motivi, la stessa persona, nuovamente mi chiede se, per caso, non sono intenzionato a vendere loro qualche mia opera, fuori dal ciclo delle “Stanze dell’inconscio”: e mi propone un primo contratto di acquisto dove quotano le mie opere 50.000 € al metro quadrato, non al pubblico, a me…

La quotazione in m2 è un po’ inconsueta…

È vero; c’è stata una lunga riflessione che è scaturita da una domanda: come il mercato dell’arte misura le proprie mercanzie? Le quotazioni seguono generalmente una tale vastità di parametri… a volte, nemmeno gli esperti concordano sulle stime: 10, 100, 1000… Del resto, l’arte è una materia profonda, come sono profondi i concetti che esprime… Con il m2, si taglia corto: normalmente ci si misurano le superfici… Ma nulla è più profondo della superficie. E poi cos’è un dipinto? Puoi immaginarne uno senza superficie? – io ci sto provando… – Forse che la superficie non ha uno stretto legame – e anzi, non concorra apertamente – a formare l’esperienza dell’opera? Molti ritornano delusi dopo aver visto la “Gioconda”: se la immaginavano più grande… Forse che una Cappella Sistina dentro una boule de neige avrà lo stesso effetto dell’originale? La sindrome di Stendhal colpisce anche i collezionisti di francobolli? Speriamo di sì… tuttavia è innegabile: ci sono opere che si esprimono al meglio nel piccolo ed altre nel grande; la dimensione, il coinvolgimento emotivo e la relazione che si stabilisce con l’opera sono interrelate fra loro. La serie a cui sto lavorando ne tiene conto ed accoglierà dimensioni varie e inconsuete. Inoltre, la quotazione al “metro quadro”, oltre a richiamare alla mente la “misurazione di un quadro”, può permettere più livelli di accesso al collezionismo. Credo che oggi, almeno nelle quotazioni artistiche, bisogni essere un po’ più “superficiali”; uno spunto che spero venga colto dalla tappezzeria contemporanea.

Capisco, quindi è un lavoro creativo che coinvolge anche gli aspetti “spaziali” dell’opera… Mi stavi parlando del tuo contratto: quindi, dopo la quotazione in m2 cos’è successo?

Sì, ti dicevo, il responsabile mi firma il contratto, dicendo di fare una prova, lasciandomi libero di scegliere l’opera e la misura; firmare il contratto e attendere l’arrivo del bonifico. Assurdo, incredibile, spiazzante. <<Prova!>> Sbalordito, incredulo, accetto. Gli propongo una misura, <<30×40?>>, e Alessandro (il responsabile) annuisce, dicendomi <<Fai tu la misura>>. A comprova della serietà (che ben conoscevo) arriva come un lampo il bonifico, e nel giro di poco anche i documenti elaborati dai legali della galleria: che mi confermano una quotazione davvero preziosa, riconosciutami da una galleria più che autorevole. Scioccato, come Marco, più di Marco. E inutile dire quanto sono rimasti sbalorditi loro stessi di fronte a questo #Oliosutela che inaugura una nuova stagione della mia produzione; una felice collaborazione che ci auguriamo tutti possa essere foriera di un lungo cammino insieme.

Cosa che ti auguriamo volentieri…

So che i proprietari della galleria sono in primis dei collezionisti; non ho ancora avuto la possibilità di conoscerli di persona perchè, nonostante i numerosi inviti da parte loro, non frequentando più Milano come in passato, le possibilità sono veramente poche; i miei interessi sono da tempo a Roma e non si è ancora presentata l’occasione. Ma credo che, visti gli ultimi sviluppi, e anche avendoli sentiti telefonicamente di recente, ci si vedrà molto presto. Considerando che sono collezionisti, se sono come me, non credo si separeranno facilmente da quest’opera (che ho amato stupendamente e sono già pentito di aver venduto… ma quello accade ogni volta!) ma, se volete provare a chiedere, la galleria è appunto la M77 di Milano. Per il momento possiede solo questa mia opera, ma l’augurio da parte mia, come pure l’intenzione da parte loro, è che da questa prima esperienza con la mia produzione si possano moltiplicare ulteriormente i fronti di collaborazione. Un grazie ai proprietari che hanno creduto ed investito in me, al bravo Alessandro e, ultimo ma non ultimo, a Marco, che ci ha creduto più di tutti, e senza il quale questo nuovo ciclo non avrebbe mai visto la luce.

E quali altre opere pensi di realizzare, per la serie concordata con M77?

“#Oliosutela” è una serie completamente differente da quanto ho fatto sinora: è più propriamente una non-serie; le opere non avranno nulla in comune fra loro se non il solo fatto di essere olii su tela ma, come si può vedere dalla #1, già vengono ampliate le accezioni di “olio su tela”… Perchè con questo ciclo svolgerò soprattutto un lavoro sui termini stessi dell’arte, sui parametri con cui si classificano, le opere, come appunto la tecnica… e poi la misurazione in m2 e il discorso fatto sulle dimensioni. Su questo ho deciso di indagare. Ma per gradi. L’arte è un fulmine che arriva furioso e improvviso. Non produco e non produrrò per una catena di montaggio dettata dal mercato. Quando decido su una mia opera è solo perchè la sento nascere dentro.

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