L’ultimo rapporto dell’Istat conferma che siamo in pieno inverno demografico. Il Paese perde abitanti e la piramide demografica man mano che la generazione dei baby boomers diventa anziana si avvia ad una situazione preoccupante ed assomiglia nella forma ad un inquietante fungo atomico.
La tendenza è ormai consolidata sono urgenti politiche di sostegno familiare ma la tendenza nel breve periodo non potrà invertirsi in maniera sostanziale ed il sistema economico e politico dovrà adattarsi alle nuove tendenze della Silver Economy
Un politicante pensa alle prossime elezioni uno statista pensa alle prossime generazioni
La frase è spesso attribuita ad Alcide De Gasperi anche se la sua paternità è di James Freeman Clarke, predicatore e politico statunitense, è un aforisma che rappresenta plasticamente la differenza fondamentale che c’è tra una persona che si butta in politica alla ricerca di potere ed ambizione personale ed una persona che crede nella politica come la forma più alta ed esigente di carità come diceva il santo pontefice Paolo VI.
Se giudicassimo la nostra attuale classe politica sulla base di tale aforisma obiettivamente si salverebbero pochi e sparuti attori
L’inverno demografico dovrebbe essere il problema dei problemi per un politico che si preoccupi delle prossime generazioni invece è pressoché assente dal dibattito pubblico. Il confronto politico è ormai vittima dei continui sondaggi di opinione ed è quindi schiacciato su tematiche populiste e contingenti, spara speso cifre a casaccio senza avere strategie di lungo termine.
Il recente rapporto Istat del 22 settembre 2022 Previsioni della popolazione e delle famiglie in alcuni punti fa davvero riflettere, eppure anche se è stato emanato in piena campagna elettorale, è passato nel più assoluto silenzio e disinteresse della politica.
Di seguito riassumo alcuni dati demografici relativi al nostro paese che mi hanno oggettivamente colpito e preoccupato.
Nel 2021 il numero delle famiglie singles è pari al 33,2% del totale ed ha sorpassato per la prima volta nella storia del paese la cosiddetta famiglia tradizionale cioè mamma e papà con almeno un figlio che è pari solo al 31,2% delle famiglie e purtroppo è solo l’inizio, nel 2041 quasi un quinto della popolazione pari a 10,2 milioni di persone vivrà da solo.
Nel 2021 gli anziani cioè la popolazione con oltre 65 anni di età rappresentano il 23,5% del totale, i bambini cioè la popolazione con meno di 14 anni di età rappresentano il 12,9%, in pratica il numero delle persone anziane è quasi il doppio dei bambini.
Negli anni Settanta quando io ero bambino era esattamente il contrario per ogni persona anziana c’erano due bambini
La situazione è quindi già oggi abbastanza preoccupante, la popolazione italiana è già ben dentro una fase accentuata e prolungata di invecchiamento, ma il futuro se alcune dinamiche non si invertiranno sarà ancora peggio.
Nel 2050 le persone con più di 65 anni (se sarò ancora vivo sarò fra quelle) rappresenteranno a secondo degli scenari statistici individuati tra il 33% e il 36,7% del totale della popolazione ed il rapporto tra nonni e bambini sarà di 1 a 3 a favore dei primi.
Nei prossimi 30 anni, la cosiddetta forza lavoro cioè la popolazione tra i 15 e i 65 anni in grado di lavorare e quindi di sostenere la famiglia, pagare le tasse ed i contributi pensionistici scenderà dall’attuale 63,6% al 52% con un rapporto quasi di uno ad uno.
Francamente mi sembra veramente paradossale che in uno scenario così delineato la preoccupazione di alcuni politici sia di far andare prima le persone in pensione e non di agevolare le giovani coppie ad avere figli.
Ma quali sono le conseguenze sul piano economico e sociale del progressivo invecchiamento della popolazione?
A parità di produttività il reddito pro-capite cresce se cresce la forza lavoro sul totale della popolazione e viceversa; in teoria economica tale effetto si chiama dividendo demografico.
Il dividendo demografico ha avuto un effetto positivo sull’ economia italiana fino alla fine degli anni 80 del secolo scorso da allora l’effetto è iniziato lentamente ad influire negativamente sulla crescita del PIL ed è stato solo parzialmente compensato dal significativo flusso migratorio in entrata.
Per compensare l’effetto negativo del dividendo demografico necessariamente bisognerà aumentare la produttività, cioè la forza lavoro dovrà produrre maggior valore aggiunto per compensare chi non lavora, e questo significa aumentare i livelli di istruzione e competenza, bisognerà inoltre aumentare il tasso di occupazione specie quello femminile che rimane in Italia ancora inferiore a quello degli altri paesi europei[1] e purtroppo, probabilmente, aumentare ancora l’età pensionabile.
Tutti rimedi che ancora una volta sembrano sostanzialmente assenti dall’orizzonte politico, tranne l’ultimo, che è il più semplice, ma anche il più doloroso per i cittadini che dopo una vita di lavoro spesso usurante vorrebbero riposarsi e ripensano con rabbia, ai baby pensionati dello scorso secolo che a 39 anni sei mesi e un giorno sono andati in pensione, ovviamente con il carico contributivo quasi completamente pagato dalla collettività.
L’invecchiamento della popolazione incide inoltre negativamente sulla tendenza all’innovazione tecnologica che rappresenta e rappresenterà un fondamentale volano per lo sviluppo.
Le conseguenze sociali dell’invecchiamento della popolazione sono altrettanto preoccupanti. L’onere socioeconomico correlato alla cura, all’assistenza e alle spese previdenziali destinate agli anziani sta già aumentando e continuerà ad aumentare in misura esponenziale causando il cosiddetto longevity shock, recentemente sottolineato anche dal Fondo Monetario Internazionale. La dinamica demografica incrementerà inevitabilmente l’incidenza di numerose patologie neurodegenerative che si caratterizzano per il deficit cognitivo age associated, prima tra tutte la malattia di Alzheimer.
Che fare?
Politiche familiari attive
Altri paesi europei hanno già conseguito dei significativi risultati in termini di inversione del tasso di fertilità, i risultati migliori si sono conseguiti in Francia. Basti pensare che il tasso di fertilità che in Europa ha una media di 1,5 figli per donna in Italia è pari a 1,24 mentre in Francia è pari a 1,83.
La Francia a partire dagli anni Ottanta dello scorso secolo ha deciso di sostenere la famiglia, considerandola un fattore di sviluppo e di crescita. Il 3% del PIL francese viene destinato agli aiuti alle famiglie stanziando un assegno di 750 € mensili per le madri che hanno scelto un congedo di maternità di un anno, inoltre una serie di misure legislative hanno dato solide garanzie alle madri lavoratrici che non rischiano di vedere interrotta o rallentata la loro carriera a causa dei figli. Le scuole materne sono gratuite dal 2001 il congedo di paternità può durare fino a 14 giorni e dal 2004 per ogni figlio c’è un premio alla nascita di 800€.
Il sistema fiscale francese è inoltre basato sul cosiddetto quoziente familiare cioè le aliquote fiscali si applicano sul reddito complessivo diviso per un quoziente che cresce al numero dei figli. Ad esempio, una famiglia composta da una coppia con un figlio avrà quoziente pari a 2,5. Una famiglia in cui sono presenti 3 figli a carico avrà quoziente pari a 4.
L’assegno unico ed universale varato nella scorsa legislatura dal governo italiano che presenta un contributo mensile per ogni figlio fino ai 21 anni di età con un importo mensile compreso tra i 175 e i 50 euro è un primo importante ma insufficiente segnale di cambiamento.
Le politiche in questo senso sono urgenti e richiedono investimenti ben più corposi, ma è chiaro che nel medio periodo la tendenza all’invecchiamento della popolazione italiana, comunque, si potrà attenuare ma non invertire.
Le Opportunità della Silver Economy
L’obiettivo dei prossimi anni dovrà essere potenziare e finanziare la ricerca sull’invecchiamento come entità indipendente e complessa, riconoscendo l’enorme ritorno che gli investimenti in tal senso potrebbero assicurare all’intera società, attraverso l’individuazione dei fattori, non solo sanitari, ma anche di carattere assistenziale, sociale, economico e ambientale, che favoriscono l’invecchiamento attivo e in buona salute.
Il profilo dell’anziano italiano è già oggi profondamente cambiato rispetto al passato e rappresenta una risorsa economica piuttosto che un costo per la comunità. La popolazione over 65 ha generalmente un buon reddito vive in una casa di proprietà ha una vita sociale più ricca rispetto agli anziani del passato; esce a cena con gli amici, fa sport, attività di volontariato, va in vacanza e nel 30% dei casi aiuta economicamente i figli già adulti.
La popolazione anziana ha un consumo pari a oltre 180 miliardi che rappresenta il 25% del totale ed ovviamente continua a crescere. I consumi degli anziani presentano caratterizzazioni molto precise: salute, assistenza, farmaci ma anche turismo, tempo libero, cultura e tecnologia specie nella domotica che rende più confortevole una casa per una persona anziana.
Anche dal punto di vista finanziario i bisogni sono molto ben individuabili come una corretta gestione del risparmio che abbia l’obiettivo di integrare i redditi pensionistici ma anche di programmare la successione dei risparmi e delle quote aziendali. La piccola e media impresa italiana è tipicamente a gestione familiare ed il passaggio generazionale rappresenta un punto delicato ed a volte fatale nella vita di imprese piccole, medie e grandi.
Anche dal punto di vista assicurativo e previdenziale i bisogni sono molto ben definiti e influiranno ad esempio sulla domanda delle polizze assicurative Long term Care che salvaguardano adeguati livelli di assistenza in caso di non autosufficienza.
Insomma, vivere in un mondo con più capelli argentati presenta dei rischi ma anche delle opportunità di crescita economica se il sistema sociale e produttivo riesce ad adattarsi
Le opportunità comunque non compensano i rischi e rimane urgente una gestione attiva da parte della collettività del problema demografico.
I figli non rappresentano solo una delle cose più belle che possano accaderti nella vita ma sono un bene pubblico e quindi vanno tutelati dalla Stato con aiuti finanziari e con flessibilità lavorative che permettano un maggiore equilibrio tra lavoro e famiglia.
Ad esempio, un utilizzo esteso e istituzionalizzato del lavoro agile reso obbligatorio per legge o fortemente incentivato con un peso crescente a seconda del numero dei figli, aiuterebbe sicuramente l’incremento del tasso di fertilità in Italia senza influire sulla produttività, anzi a mio avviso aumenterebbe l’efficienza delle imprese in termini di prestazioni professionali e di costi, basti pensare ai minori oneri per le aziende in termini di locazione, energia, mensa eccetera
Una società con un numero adeguato di bambini non è solo economicamente più efficiente ma è soprattutto più giusta e più allegra.
Per approfondimenti
Sito Istat:
PREVISIONI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE E DELLE FAMIGLIE – BASE 1/1/2021
https://www.istat.it/it/files//2022/09/REPORT-PREVISIONI-DEMOGRAFICHE-2021.pdf
Per i ricercatori nel sito dedicato alla demografia dell’Istituto Nazionale di Statica sono disponibili i dati ufficiali più recenti sulla popolazione residente nei Comuni italiani.
https://demo.istat.it/previsionifamiliari/index.php?lingua=ita
L’assegno unico e universale per saperne di più
https://assegnounicoitalia.it/
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