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L’Insigne criminologo Giovanni de Ficchy ci parla della sua nuova opera e dei suoi progetti

”Giovanni De Ficchy, criminologo di fama, presenta il suo nuovo libro “Roma Criminale”, dove esplora gli intrecci tra frange della tifoseria laziale, la criminalità camorristica e albanese. Attraverso la storia del capo ultras Diabolik, l’autore svela come passioni sportive e attività illecite si mescolino in un contesto drammatico. Con uno stile incisivo, De Ficchy ci guida nel cuore oscuro della capitale, rivelando le forze che agitano Roma e il loro impatto sulla società”

 

 

Dottor Giovanni De Ficchy, buonasera. Lei è criminologo e antropologo. Ci parli della sua ultima opera in modo sintetico.

“Roma città criminale due” non è il primo volume; parte dalla morte di Diabolik, il capo tifoso della curva nord della Lazio. Con il suo assassinio si è squarciato un velo, rivelando una realtà inquietante. Attraverso le indagini, è emerso che quest’uomo conduceva una vita doppia, riciclando proventi del narcotraffico a Roma tramite una rete di professionisti, aziende, ristoranti e bar, utilizzati per il riciclaggio di denaro. È stato ucciso perché stava lavorando sia per la camorra che per i clan albanesi, commettendo un grave errore ai loro occhi.

 

Dottor De Ficchy, lei è romano. Che ne pensa di Roma da un punto di vista criminale?

C’è stato un cambiamento negli ultimi trent’anni? Sicuramente sì, ma il cambiamento è in peggio. Spiego il perché: se un criminale, un camorrista o un affiliato ‘ndrangheta parla con un esponente dello Stato a Napoli o a Reggio Calabria, viene subito considerato un delatore. A Roma, invece, se la stessa persona parla con un politico, viene visto come qualcuno che sta facendo politica. Qui, quindi, tutto si intreccia con il discorso politico. Mi fermo qui, perché credo di aver chiarito il concetto.

Dottor De Ficchy, la professione di criminologo in Italia è valorizzata come negli altri paesi dell’Unione Europea, in Inghilterra o negli Stati Uniti?

No, in Italia la figura del criminologo non è regolamentata per legge. Ci iscriviamo all’albo dei tribunali come periti, CTU o CT di parte, presentando le nostre specializzazioni e venendo chiamati dall’autorità giudiziaria o da avvocati per svolgere indagini o fornire pareri. Inoltre, sono un detective criminologo, riconosciuto come investigatore privato. Mi occupo di criminologia investigativa, basandomi su antropologia criminale, psicologia e sociologia.

 

Dottor De Ficchy, secondo lei, per quanto riguarda la psicologia criminale, l’influenza dell’ambiente è fondamentale o c’è anche un determinismo dovuto a fattori ancestrali?

Sì, questa è la visione di Lombroso, e sebbene io riconosca alcuni tratti, non mi baso completamente sulle sue teorie. C’è anche la teoria che sostiene che l’ambiente circostante determina il comportamento dell’individuo. Anche questa non può essere completamente scartata, ma non è la mia principale riferimento. Io mi baso sulla teoria delle “finestre rotte” (broken windows), molto diffusa negli Stati Uniti, che afferma che quando lo Stato non mostra la propria presenza e abbandona i territori, la criminalità tende ad aumentare. Al contrario, dove lo Stato è più presente, il tasso di criminalità diminuisce. Un esempio pratico di questo è stato l’ex sindaco Rudolf Giuliani con la sua politica di tolleranza zero a New York, dove il tasso di criminalità è sceso drasticamente.

 

Dottor De Ficchy, lei ha scritto un libro intitolato “La colonna sonora della criminalità”. Un titolo molto interessante. Ce ne parli.

Ho scritto questo libro perché la musica è uno dei canali attraverso cui possiamo trasmettere messaggi positivi. Ho individuato tre aree in cui non solo la musica è contigua alla criminalità, ma dove gli artisti stessi sono spesso coinvolti in attività illecite. In Italia, ad esempio, abbiamo la musica neomelodica napoletana, che è molto vicina, se non direttamente legata, alla camorra. Negli Stati Uniti, l’hip hop e il rap, che sono arrivati anche qui, rappresentano un fenomeno simile, emerso nelle minoranze emarginate dei ghetti di New York negli anni ’90. Quindi, cosa propone? Abolire questa musica? No, non intendo abolirla. È importante avere una razionalità, perché spesso manca consapevolezza nel seguire i testi. Si dovrebbe essere critici e comprendere che si ascolta una musica che può influenzare comportamenti devianti.

 

Dottor De Ficchy, terminiamo con questa domanda: cosa ne pensa dei centri sportivi a Roma?

Possono sostituire gli oratori, che sono un po’ in disuso? Ho scritto un libro che è un manuale di criminologia, nel quale sostengo che recuperare e riqualificare i centri sportivi può aiutare a fermare la criminalità. Ho presentato queste idee in vari centri sportivi della capitale, dei quali ce ne sono ottantotto da recuperare. Una forza politica potrebbe basare il proprio programma per la sindacatura su queste idee concrete.

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