Nel 2021, sono in condizione di povertà assoluta poco più di 1,9 milioni di famiglie (7,5% del totale da 7,7% nel 2020) e circa 5,6 milioni di individui (9,4% come l’anno precedente).
Un dato che probabilmente tenderà a peggiorare nell’anno appena trascorso per effetto delle forti dinamiche inflattive che tendono inesorabilmente a pesare sull’anello debole della nostra società, come, con un’allegoria molto efficace, definisce la povertà nel nostro paese, il rapporto della Caritas.
Prima di addentrarci nella complessità del fenomeno del disagio socio-economico in Italia è opportuno chiarire alcuni concenti.
Che cos’è la povertà assoluta?
Sono considerate in povertà assoluta le famiglie e le persone che non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile. La soglia di spesa sotto la quale si è assolutamente poveri è definita dall’ Istat attraverso il paniere di povertà assoluta. Questo comprende l’insieme di beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati essenziali. Ad esempio, le spese per la casa, quelle per la salute e il vestiario. Ovviamente l’entità di queste spese varia in base a dove abita la famiglia, alla sua numerosità e ad altri fattori come l’età dei componenti. Per conoscere la soglia di povertà assoluta nei diversi contesti si può utilizzare l’apposito calcolatore Istat.
Facciamo degli esempi proprio usando il calcolatore messo a disposizione dall’Istat
Secondo l’algoritmo dell’Istat la soglia di povertà per un nucleo familiare di 4 persone di cui due individui in fascia di età 18-59 (i genitori), un individuo in fascia di età 0-3 ed un altro 4-10[1] (i figli), che vive nel centro Italia in una periferia di un’area metropolitana (ad esempio Roma) è in povertà assoluta se il suo reddito mensile è inferiore a 1.436,29 euro
Se dal centro ci spostiamo al nord (ad esempio Milano) la soglia di povertà si sposta in avanti a 1.534,07, se ci spostiamo al sud la soglia scende a 1.212,13
È intuitivo pensare che, se il salario mensile medio in Italia è di 1.550 euro al mese, le giovani famiglie mono reddito, delle grandi città galleggiano pericolosamente sulla soglia di povertà.
Nonostante la sensibile differenza della soglia di povertà tra nord e sud, dovuta al differente costo della vita, nel 2021, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (10,0%, da 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord (6,7% da 7,6%).
Le differenze tra nord e sud, quindi pensano, ma comunque e purtroppo, il fenomeno della povertà è distribuito in tutto il territorio nazionale.
I poveri assoluti residenti nelle regioni del Nord sono 2,2 milioni contro i 2 milioni 455mila nel Mezzogiorno
Il fenomeno immigratorio ci fa purtroppo “importare” povertà visto che gli stranieri in povertà assoluta sono oltre un milione e 600mila, con una incidenza sul totale pari al 32,4%, oltre quattro volte superiore a quella degli italiani (7,2%).
Un paese che importa povertà ed esporta cervelli, vista l’alta immigrazione giovanile con istruzione qualificata verso nazioni più meritocratiche dell’Italia, è necessariamente esposto ad un’involuzione della propria situazione sociale
Il rapporto Caritas “L’anello debole” si concentra invece trai più poveri tra i poveri cioè gli individui che sono stati accolti nei vari centri di ascolto, che nel 2021 sono stati 227.556 (una popolazione pari ad un capoluogo di provincia) di cui 50,9% uomini e 49,1% donne.
Anche in questo sotto campione dei più poveri tra i poveri è evidente il peso delle persone straniere che si attesta al 55% del totale con sensibili differenze territoriali. Se infatti al Nord i cittadini stranieri rappresentano la netta maggioranza degli assistiti Caritas (65,7% e al 61,2% rispettivamente nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est) al Sud e nelle isole prevalgono gli assistiti di cittadinanza italiana con un’incidenza pari al 68,3% e al 74,2% dell’utenza.
Un fattore fondamentale per la povertà è la casa.
Le famiglie più povere, infatti, risultano per lo più locatarie (64,0%) di abitazione private (48,3%) o di case popolari (15,7%); molto più contenuta invece la quota di chi può contare su un’abitazione di proprietà, con o senza mutuo (12,3%). Esiste quindi una forte correlazione tra la povertà ed il titolo di godimento della propria abitazione. I più poveri tra i poveri vivono in affitto e spesso non riescono a far fronte ai costi della pigione e quindi finiscono per alimentare le file dei cosiddetti “homeless”, cioè le persone che vivono per strada senza una fissa dimora che rappresentano circa il 16,2% dei poveri fra i poveri (23.976).
La povertà delle famiglie ha frequenti e pesanti conseguenze sulla vita dei minori, anche in termini di povertà educativa; spesso le due forme di privazione sono fortemente correlate e tendono a trasmettersi di generazione in generazione.
La povertà in Italia assomiglia ormai da qualche lustro, ad una sorta di malattia ereditaria, per cui occorrono almeno cinque generazioni a una persona che nasce in una famiglia povera per raggiungere un livello medio di reddito.
Sei assistiti Caritas su dieci sono poveri intergenerazionali, rimasti invischiati nei “pavimenti appiccicosi” di contesti familiari disagiati.
Per i nati in famiglie poste in fondo alla scala sociale (nell’ultimo quintile di reddito) diminuiscono le chance di salire i gradini della scala sociale. Tra loro il 28,9% resterà proprio nella stessa posizione sociale dei genitori.
L’Italia, infatti, è all’ultimo posto per mobilità sociale tra i Paesi europei più industrializzati (Word Economic Forum).
I più poveri tra i poveri non accennano a diminuire ed esiste una fascia borderline di famiglie che oscillano frequentemente tra il dentro e il fuori lo stato di bisogno per le quali un piccolo cambiamento imprevisto può essere rischioso. Insomma, una piccola spesa imprevista, dovuta magari a problemi di salute rischia di far scivolare una famiglia normale, che abita nel nostro stesso condominio, in una situazione di profondo disagio socio-economico.
La condizione di coloro che, pur lavorando, sono poveri (working poor) è aumentata dal 2006 in Italia e oggi riguarda più del 13% della forza lavoro.
Altro fattore determinate che spesso fa scivolare verso la miseria è la salute mentale, visto che oltre una persona su dieci di chi si rivolge ai centri Caritas, ha problemi di depressione e malattie mentali.
La misura di contrasto alla povertà esistente nel nostro Paese, il Reddito di Cittadinanza, è stata finora percepita da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%). Sarebbe quindi opportuno assicurarsi che fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti. Accanto alla componente economica dell’aiuto vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale. Ma al momento una serie di vincoli amministrativi e di gestione ostacolano tale aspetto.
Che fare di fronte a tale scenario?
La semplice analisi dei dati sopra descritti ci offre vari spunti di riflessione:
La casa; l’Italia deve tornare ad avere una forte politica sociale di costruzione di alloggi popolari o ad affitti calmierati. Specie nelle grandi città la contraddizione è evidente, con un numero non trascurabile di appartamenti sfitti ed una forte pressione abitativa. Un sistema di sgravi fiscali e di garanzie di pagamento della pigione per i conduttori permetterebbe di attenuare quello che abbiamo visto essere uno dei fattori più forti di povertà
La gestione dell’accoglienza degli stranieri; so di toccare un argomento divisivo e personalmente penso che sia necessaria un’attenta politica di gestione dei flussi migratori, perché importare povertà è sicuramente un fattore di disagio per tutta la popolazione italiana, specie nelle periferie delle grandi città. Penso però che sia altrettanto vero che l’obiettivo prioritario deve essere quello di una crescita inclusiva e di un’assistenza di primo livello che assicuri la sopravvivenza. Raramente mi vergogno di essere italiano, quando però un ragazzo di 19 anni Mostafa Abdelaziz Aboulela (citare queste persone per nome ci aiuta a ricordare che sono esseri umani esattamente come noi) muore di freddo nella stazione della ricca Bolzano, ecco allora mi vergogno di essere italiano.
La mobilità sociale vanno attuate politiche di sostegno per i minori di famiglie disagiate per evitare la correlazione tra povertà economica e educativa. Studiare, per un ragazzo che ha la sfortuna di nascere in una famiglia povera è ancora il miglior modo per non “ereditare” la povertà.
Un salario dignitoso abbiamo già parlato in un precedente articolo della tematica del salario minimo. Esistono pro e contro, sicuramente la percentuale crescente dei working poor in Italia fa riflettere
Una rete di accoglienza è inaccettabile che per problemi di tipo burocratico ed operativo il reddito di cittadinanza non raggiunga la maggioranza dei cittadini in povertà assoluta. Probabilmente una gestione delle misure di assistenza che coinvolga maggiormente i comuni e le strutture di assistenza locale raggiungerebbe risultati migliori
Il disagio mentale una politica attiva di assistenza e prevenzione che non lasci le famiglie da sole a gestire tali problematiche, influirebbe in maniera importante anche sul disagio economico
La gestione dell’evento che fa scivolare nella povertà, un problema di salute, un periodo di cassa integrazione, una spesa imprevista, la separazione, ecc
Se aiutiamo le famiglie a superare quel singolo evento avremmo tanti poveri di meno
Per approfondimenti
Rapporto Istat sulla povertà
https://www.istat.it/it/files/2022/06/Report_Povert%C3%A0_2021_14-06.pdf
Rapporto Caritas Italiana su povertà ed esclusione sociale in Italia L’anello debole
https://www.caritas.it/wp-content/uploads/sites/2/2022/10/rapportopoverta2022b.pdf
Il calcolo della soglia per la povertà assoluta
https://www.istat.it/it/dati-analisi-e-prodotti/contenuti-interattivi/soglia-di-povert%C3%A0
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