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La Sacra Sindone, un volto di dolore e luce

Il significato intrinseco della sacra Sindone di Torino: ossia il disvelamento del volto sofferente di Gesù Cristo misericordioso.

Introduzione

Un conforto inaspettato raggiunge tutto il mondo afflitto dal coronavirus: nel pomeriggio del Sabato Santo ci sarà un’ostensione televisiva straordinaria della Sacra Sindone. Il venerato lenzuolo raggiungerà virtualmente i nostri occhi e i nostri cuori per portarci una luce di speranza. È necessario allora conoscere di più questa preziosa reliquia.

La Sindone (dal greco sindon, lenzuolo) è un lungo telo di lino (442 cm per 113 cm) che ha certamente avvolto il cadavere di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi e  trapassato da una lancia al costato. Un’antica tradizione la ritiene il lenzuolo funebre di Gesù Cristo, tramandato nei secoli fra mille peripezie e infine giunto nelle mani dei Savoia, che lo custodirono dal 1453 fino al 1983, quando Umberto II lo donò al Papa. Dal 1578 la Sindone è conservata a Torino.

Qualche cenno storico

Le prime notizie storiche certe dell’esistenza di questa reliquia risalgono a metà del XIV secolo, quando Geoffroy de Charny consegnò la Sindone ai canonici di Lirey, presso Troyes, in Francia. Sua moglie, Jeanne de Vergy, era una pronipote di Othon de la Roche, un cavaliere crociato che molto probabilmente la portò via da Costantinopoli durante il saccheggio della IV crociata (1204).

La Sindone potrebbe essere giunta a Costantinopoli il 16 agosto del 944 proveniente da Edessa con il nome di Mandylion, un panno su cui si riteneva miracolosamente impressa l’immagine di Gesù. Le copie del Mandylion, e in generale tutte le raffigurazioni di Cristo dal IV secolo in poi, sono ispirate alla Sindone. Un’antica tradizione attribuisce a San Giuda Taddeo Apostolo il trasporto da Gerusalemme a Edessa della stoffa con l’impronta di Cristo.

Il corpo di Gesù
Il corpo di Gesù.

Il Carbonio -14

Nel 1988 la Sindone fu datata con il metodo del Carbonio 14, che la farebbe risalire a un periodo compreso tra il 1260 ed il 1390 d.C. Però le modalità dell’operazione di prelievo, la zona del campionamento e l’attendibilità del metodo per tessuti sono ritenute insoddisfacenti da un numero rilevante di studiosi. Nel 2013 tre nuove analisi hanno datato la Sindone all’epoca di Cristo. Si tratta di due datazioni chimiche, basate sulla spettroscopia vibrazionale, e un metodo di datazione meccanico.

Una recente indagine statistica, basata sui dati ufficiali e sui dati grezzi della datazione del 1988, ha dimostrato che quella conclusione non è affidabile a causa della disomogeneità dei campioni utilizzati (rivista dell’Università di Oxford, Archaeometry, 2019).

Molte altre analisi scientifiche avvalorano l’autenticità della Sindone: la grande abbondanza di pollini di provenienza mediorientale e di aloe e mirra; la manifattura rudimentale della stoffa; la presenza di aragonite simile a quella trovata nelle grotte di Gerusalemme; una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo; cospicue tracce di DNA mediorientale.

Le analisi effettuate sulla Sindone

Sulla Sindone è visibile l’impronta in negativo del corpo che vi fu avvolto, oltre alle macchie del suo sangue, che è risultato vero sangue umano di gruppo AB, decalcatosi dalle ferite del cadavere in un tempo valutato attorno alle 36-40 ore. L’impronta, dovuta a disidratazione e ossidazione delle fibrille superficiali del lino, si può spiegare solo ammettendo che il corpo abbia emesso una radiazione luminosa. La Sindone ci porta dunque fin sulla soglia del mistero della Resurrezione.

Osservando in particolare il volto, impresso nella stoffa, si notano i segni e le tumefazioni dei maltrattamenti, delle percosse e delle cadute. Ma l’espressione maestosa e serena irradia una luce di pace e serenità. Questo volto nei secoli ha ispirato gli artisti che si sono cimentati nella riproduzione delle sembianze di Gesù. Infatti la somiglianza tra il volto sindonico e la maggior parte delle raffigurazioni di Cristo conosciute nell’arte, sia orientale che occidentale, è evidente e non può essere attribuita a un puro caso; deve essere il risultato di una dipendenza, mediata o immediata, di un’immagine dall’altra e di tutte da una fonte comune.

È lecito pensare che nei primi tempi della Chiesa la Sindone sia stata tenuta nascosta per diversi motivi. In questo periodo per la raffigurazione di Cristo furono usati soltanto simboli o furono applicate alla figura di Cristo sembianze derivate da altre religioni. Dopo la vittoria del Cristianesimo, sancita da Costantino nel 313 con l’editto di Milano, cominciò a diffondersi un’immagine nuova del volto di Gesù, che viene caratterizzato dalla barba non troppo lunga, dai baffi, dal volto stretto, alto e maestoso, dai capelli lunghi, che cadono sulle spalle e talvolta mostrano una riga centrale che li divide.

Altri particolari emersi dalle analisi

Sulla Sindone elementi non regolari, difficilmente attribuibili alla fantasia degli artisti, fanno capire come le antiche raffigurazioni del volto di Cristo dipendano dalla venerata reliquia: i capelli sono lunghi e bipartiti; molti volti mostrano due o tre ciocche di capelli nel mezzo della fronte: può essere una maniera artistica di raffigurare il rivolo di sangue a forma di epsilon presente sulla fronte del volto sindonico; le arcate sopracciliari sono pronunciate; molti volti hanno un sopracciglio più alto dell’altro, come il volto sindonico; alla radice del naso alcuni volti hanno un segno come di un quadrato mancante del lato superiore e sotto di esso c’è un segno a V.

Inoltre il naso è lungo e diritto; gli occhi sono grandi e profondi, spalancati, con iridi enormi e grandi occhiaie; gli zigomi sono molto pronunciati, talvolta con macchie; una zona abbastanza larga tra le gote del volto sindonico e i suoi capelli è senza impronta; le bande dei capelli appaiono distaccate dal viso; una guancia gonfia a causa di un forte trauma, rende il volto asimmetrico; i baffi, spesso spioventi, sono disposti asimmetricamente e scendono oltre le labbra  con un’angolatura diversa; la bocca è piccola, non nascosta dai baffi; c’è una zona senza barba sotto il labbro inferiore; la barba, non troppo lunga, bipartita e talora tripartita, è leggermente spostata da un lato.

Numerose testimonianze, sia scritte che iconografiche, confermano che a Edessa esisteva un’impronta lasciata da Gesù su una stoffa con il suo sudore e il suo sangue. Questo sacro telo, nascosto per secoli e ritrovato nel VI secolo, divenne il modello ispiratore per l’iconografia di Cristo. Tutte le leggende, le tradizioni, gli accenni all’esistenza di una tale immagine sono preziosi per ricostruire un itinerario della Sindone nei secoli oscuri che precedono la sua comparsa in Europa.

Ricostruzione del volto della Sindone.

Aspetto di Gesù Cristo

Per quanto riguarda l’aspetto di Gesù, è necessario tenere presente che la Sacra Scrittura non tramanda alcuna descrizione della persona fisica del Salvatore; le proibizioni dell’antica legge (Es 20,4; Dt 5,8) impedirono certamente ai primi discepoli di fissarne la fisionomia in quadri o statue, benché la leggenda ne attribuisca alcune a S. Luca o a Nicodemo. Ireneo (II secolo) e Origene (III secolo) ritengono lecita la rappresentazione di Dio in un’immagine. Nei primi tempi del Cristianesimo, comunque, furono usati soltanto simboli, come l’agnello, il pane e il pesce, il cui nome greco ichthùs è formato dalle iniziali delle parole: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore. L’immagine del pesce eucaristico si può osservare, ad esempio, a Roma nella cripta di Lucina delle catacombe di S. Callisto (II secolo).

Un’alternativa era quella di applicare alla figura di Cristo sembianze derivate da altre religioni non cristiane. Fra le immagini più antiche ricordiamo il Christus Sol Invictus del Mausoleo dei Giulii nella necropoli vaticana (III secolo), in cui Gesù è rappresentato come il dio Sole, in contrapposizione all’Helios pagano. In questo periodo furono introdotte anche le figure umane del buon pastore, del taumaturgo e del maestro. Di questo tipo è il Cristo che risana l’emorroissa delle catacombe dei SS. Marcellino e Pietro a Roma (III secolo). Gesù viene rappresentato imberbe per sottolineare la sua natura divina.

Le prime raffigurazioni

Una delle prime raffigurazioni del Cristo barbato appare a Roma nell’Ipogeo degli Aurelii (III secolo). Fra le opere che lo mostrano con la barba sono da ricordare alcuni sarcofagi di epoca teodosiana (IV secolo) ancora conservati, ad esempio, nell’ex Museo Lateranense in Vaticano, a S. Sebastiano fuori le Mura a Roma, a S. Ambrogio a Milano e al Museo Lapidario di Arles.

Gesù con la barba si trova a Roma anche nell’abside della basilica di S. Pudenziana (IV secolo); dello stesso tipo sono il Cristo docente del cubicolo di Leone nelle catacombe di Commodilla (IV secolo) e il Cristo in trono tra Pietro e Paolo delle catacombe dei SS. Marcellino e Pietro (IV-V secolo). In tutte le raffigurazioni del Salvatore la somiglianza con il volto sindonico è sempre marcata: si osservi, ad esempio, l’antica immagine del SS. Salvatore venerata nell’oratorio di S. Lorenzo in Palatio, chiamato Sancta Sanctorum, a Roma, la cui icona originale risale al V-VI secolo; il mosaico (VII secolo) della cappella di S. Venanzio presso il battistero di S. Giovanni in Laterano; il Cristo della cattedrale di Tarquinia (XII secolo); il Salvatore della cattedrale di Sutri (XIII secolo); e il mosaico (XIII secolo) dell’abside della basilica di S. Giovanni in Laterano.

Il Cristo raffigurato in un mosaico
Il Cristo raffigurato in un mosaico.

Pantocrator: il Cristo maestoso

A partire dal VI secolo anche in Oriente si diffonde un particolare tipo di ritratto di Gesù ispirato alla Sindone: è il Cristo maestoso, con barba e baffi, chiamato Pantocrator (Onnipotente), di cui esistono splendidi esempi in Cappadocia. È evidente l’ispirazione alla Sindone nel volto di Cristo del vaso d’argento del VI secolo trovato a Homs, in Siria, oggi conservato al Louvre di Parigi, e in quello del reliquiario d’argento del 550, proveniente da Chersonesus in Crimea, che si trova all’Ermitage di San Pietroburgo.

Il Pantocrator è presente anche nell’era post-bizantina e rimarrà sostanzialmente invariato fino a oggi. In Oriente questa immagine diventerà l’unica per tutta l’arte figurativa e anche in Occidente prevarrà sempre. Nel Pantocrator (XIII secolo) di S. Sofia (Istanbul) e nel Pantocrator (XIV secolo) di S. Salvatore in Chora (Istanbul) troviamo guance concave e zigomi sporgenti e asimmetrici. Riguardo al dettaglio in mezzo alla fronte, che può essere una ciocca o una doppia ciocca di capelli, o qualche linea o macchia di colore rosso o bianco, talvolta anche una ruga verticale, esso è sempre dipinto nella regione mediana e cambia non la forma essenziale, ma il suo contenuto nelle varie immagini dei diversi secoli. Ciò rivela il caratteristico rivolo di sangue sulla fronte del volto sindonico.

Si può notare la ciocca di capelli, semplice o doppia, ad esempio nel Pantocrator (IX secolo) dell’oratorio di S. Lorenzo in Palatio a Roma, nel Pantocrator (XII secolo) di Cefalù (Palermo), nel Pantocrator (XII secolo) di Monreale (Palermo), nel Pantocrator (XII secolo) di Sant’Angelo in Formis a Capua (Caserta) e nel Pantocrator (XII secolo) della chiesa del monastero di Dafni, nei dintorni di Atene, mentre appare come rivolo di sangue sulla fronte di Cristo nel pannello della crocifissione nella cattedrale di Chartres (XII secolo).

Altre osservazioni

L’osservazione del volto sindonico condiziona anche la rappresentazione di Cristo sulle monete bizantine a partire dal VII secolo. Il primo imperatore a far raffigurare sulle monete il volto di Gesù fu Giustiniano II (imperatore bizantino dal 685 al 695 e dal 705 al 711). Sul suo solidus aureo (692-695) compare un Pantocrator che ha lineamenti fortemente simili a quelli sindonici: chioma ondulata cadente dietro le spalle, barba lunga, baffi e caratteristico piccolo ciuffo sulla fronte.

Purtroppo sono pochissime le immagini di Cristo sopravvissute al terribile periodo della furia iconoclasta (730-843), in cui prevalse la negazione delle raffigurazioni sacre. Cessate le lotte iconoclaste, il volto sindonico di Cristo verrà riprodotto di nuovo sulle monete. Un Pantocrator fortemente sindonico, espressivo, dai grandi occhi, lunga capigliatura e barba, appare sul solidus aureo di Michele III (842-867).

Con la tecnica della sovrapposizione in luce polarizzata è stato dimostrato che il volto sindonico combacia in più punti con quello, opportunamente ingrandito, del Pantocrator raffigurato sulle monete: ci sono più di 140 punti di congruenza, cioè punti di sovrapponibilità, con il solidus e con il tremissis del primo regno di Giustiniano II. Ciò soddisfa ampiamente il criterio forense statunitense, per il quale sono sufficienti da 45 a 60 punti di congruenza per stabilire l’identità o la similarità di due immagini. La stessa tecnica è stata applicata a uno degli esempi più belli di Pantocrator, quello del monastero di S. Caterina al monte Sinai (VI secolo), che presenta 250 punti di congruenza. Un’altra comparazione del volto sindonico è stata realizzata con la tecnica dell’elaborazione digitale. È risultato che i tratti e i contorni del volto sindonico sono sovrapponibili a quelli del Cristo del solidus di Giustiniano II e dell’icona del Sinai.

Il Cristo della chiesa di Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna
Il Cristo della chiesa di Sant’Apollinare Nuovo, Ravenna.

Conclusione

Nelle fonti letterarie bizantine l’immagine del Pantocrator viene denominata acheiropoietos – non fatta da mani d’uomo – oppure apomasso – impronta – e secondo la tradizione viene fatta risalire a un panno; perciò è chiamata Mandylion. Questo ritratto canonico di Cristo è considerato fino a oggi l’unica raffigurazione valida, non solo dalla Chiesa Ortodossa, ma anche dalla Chiesa Cattolica.

È interessante notare che le porte lignee della basilica di S. Sabina a Roma (V secolo) presentano il Cristo con la barba nelle scene della Passione, mentre è senza barba in tutte le altre scene della sua vita precedente. Questa distinzione caratterizza anche i mosaici di S. Apollinare Nuovo a Ravenna (VI secolo). Dunque esisteva un motivo per mettere in relazione la raffigurazione del Cristo barbato con la sua Passione; questo motivo può essere un’immagine preesistente, chiaramente legata ai momenti della sofferenza di Gesù. Viene spontaneo pensare alla Sindone, che mostra un’impronta lasciata da Gesù su una stoffa con il suo sudore e il suo sangue.

Questa preziosa reliquia ha dunque ispirato nei secoli gli artisti, impegnati a raffigurare il volto di Gesù per rispondere all’antico desiderio dell’uomo: contemplare il volto di Dio. E la Sindone ce lo mostra maestoso e solenne, pur sfigurato dai traumi subiti, icona eloquente della misericordia divina.

Per chi volesse, può seguire la conferenza n.37 del 22 gennaio 2010 sulla Sacra Sindone:

  1. www.amicideltimone-staggia.it/it/edizioni.php?id=37
  2. www.amicideltimone-staggia.it/it/articoli.php?id=58
  3. www.amicideltimone-staggia.it/it/articoli.php?id=142
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