Per economia non osservata si intendono tutte quelle attività economiche che per diverse ragioni non risultano direttamente rilevabili. Le Nazioni unite hanno sistematizzato le categorie che possono rientrare all’interno di questa definizione suddividendole in:
- attività non registrate a livello statistico per inefficienza del sistema di rilevazione;
- attività legali ma non dichiarate, soprattutto per fini fiscali, che compongono la cosiddetta economia sommersa;
- economia illegale, cioè quei flussi di reddito generati da una violazione del Codice penale;
- economia informale, che comprende la produzione ad uso domestico e contratti informali in contesti di poco più ampi rispetto a quello familiare.
Si tratta di una zona grigia dell’economia che assume svariate forme ma che è rilevante sia in termini di produzione dei beni che di mercato del lavoro.
L’economia non dichiarata ha ovvi effetti sulla finanza pubblica: la perdita di introiti dalla fiscalità diretta e indiretta e dai contributi previdenziali pregiudica la copertura dei costi dello stato sociale in termini di salute, pensioni, assicurazione contro gli incidenti sul lavoro e più in generale nell’erogazione di tutti i servizi pubblici.
La decisione di alcuni operatori economici di operare al di fuori delle regole fiscali e contributive innesca una spirale perversa, poiché l’uscita dall’economia legale delle imprese determina una riduzione delle entrate dello Stato, il quale a sua volta dovrà decurtare i servizi pubblici oppure aumentare la pressione fiscale, spingendo altri soggetti ad entrare in un sistema di elusione fiscale e contributiva.
Una forte presenza di economia non osservata è inoltre un’ evidente distorsione del mercato in quanto gli operatori che non rispettano le regole fiscali e contributive hanno una struttura di costi nettamente più conveniente rispetto agli operatori rispettosi delle leggi e delle regole e quindi possono permettersi dei prezzi che sbaragliano la concorrenza.
Insomma, l’economia cattiva scaccia ed uccide quella buona.
Il risultato è un impoverimento di tutta la nazione, con lavoratori pagati meno e privi delle tutele salariali e previdenziali, e anche dei presidi di sicurezza sul lavoro. Non è un caso che anche nella triste statistica delle morti bianche sul lavoro, l’Italia è collocata tra i primi posti. I due fenomeni sono evidentemente correlati.
Essere tutti più rispettosi delle regole alla fine converrebbe a tutti: il vantaggio immediato del furbetto di turno, in realtà, danneggia anche lui in quanto parte di un’economia “malata”.
Il fenomeno nel nostro paese è da sempre piuttosto rilevante.
Nel 2020 il valore dell’economia non osservata è stato pari a 174,6 miliardi di euro con un sensibile calo attestandosi al 10,1% rispetto al 14,1% dell’anno precedente. L’economia sommersa si attesta a poco più di 157 miliardi di euro, mentre le attività illegali superano di poco i 17 miliardi. Rispetto al 2019, il valore dell’economia non osservata si è ridotto complessivamente di quasi 30 miliardi.
La pandemia Covid 19 ha colpito alcuni settori come la ristorazione ed il commercio, che tradizionalmente presentano ampie fasce di economia non dichiarata. Inoltre, la misura del Super Bonus fiscale, essendo applicabile solo in caso di fatturazione, ha fatto uscire dal sommerso una quantità sensibile di imprese edili ed il settore delle costruzioni presenta anch’esso storicamente una fetta notevole di sommerso.
Insomma siamo sulla buona strada, ma pensare che in Italia più di 1 euro su dieci dei redditi guadagnati in un anno è nato da una negoziazione economica fuori dalle regole fiscali e contributive fa una certa impressione.
Quali sono i principali motivi che nel nostro paese rendono questo fenomeno così rilevante?
Proviamo a sintetizzarli:
Una pressione fiscale troppo elevata.
Maggiore è l’onere fiscale, maggiore è l’incentivo a operare nel sommerso per il lavoratore e per il datore di lavoro.
Per le imprese marginali, la riduzione degli oneri contributivi con il ricorso al lavoro in nero, e degli oneri fiscali con l’evasione e l’elusione fiscale può essere un tentativo di sopravvivenza sul mercato, specie nei settori in cui il principale fattore di competizione è rappresentato dalla struttura dei costi.
Un sistema fiscale e contributivo troppo complesso.
La complessità del sistema fiscale e contributivo, in termini di numerosità degli adempimenti e di difficoltà nell’interpretazione delle leggi, rappresentano degli incentivi impliciti all’evasione. Di contro, deduzioni ed esenzioni, pur rendendo la legge più complessa, costituiscono uno stimolo per gli operatori economici a rimanere nella legalità.
Un sistema di controlli inefficiente e permissivo.
Molto sommerso viene alimentato dalla inefficienza o permissività nell’esercizio dell’attività di controllo da parte delle autorità preposte, ovvero dalla discrezionalità nell’applicazione delle norme.
Ogni condono fiscale è, in quanto tale, un incentivo a ripetere un atto di evasione fiscale e risulta iniquo nei confronti di chi ha rispettato le regole, pagando di più, il quale sarà spinto ad adeguarsi ad un sistema irregolare.
Eccesso di regolamentazione e di burocrazia.
Se fare impresa in regola diventa un’impresa titanica, si spinge ad aggirare le regole, favorendo l’ingresso ad un’economia sommersa da cui difficilmente si uscirà sia per motivi di costi che di conseguenze legali.
Una struttura industriale caratterizzata da tante piccole e piccolissime imprese.
Esiste una forte correlazione tra la dimensione delle imprese e l’incidenza del sommerso. Per le imprese più piccole è infatti più semplice mimetizzarsi; inoltre un elevato numero di partite iva da controllare, rende il controllo più oneroso e complesso. Le imprese che operano in un mercato sommerso sono, inoltre, destinate per loro natura a rimanere piccole, in quanto un passaggio dimensionale o un accesso al mercato dei capitali rende necessariamente più evidente la quota di fatturato sommerso.
La tecnologia ed i nuovi mercati.
L’uso degli strumenti informatici e della comunicazione facilita lo svolgimento e la fornitura di servizi a distanza, rendendo queste attività più facilmente occultabili.
Quando un fenomeno è così esteso in una nazione, è evidente che il solo efficientamento nel sistema dei controlli ( sorvegliare e punire) non può essere l’unica risposta. Un incremento repentino e non mirato dei controlli potrebbe addirittura avere effetti perversi. Si rischierebbe di far uscire dal mercato alcune imprese marginali e questo, specialmente nel meridione italiano, significherebbe passare da un’economia sommersa ad un’economia illegale, vista la presenza incombente delle grandi organizzazioni criminali.
La problematica, quindi, non è di facile risoluzione e non si presta a populistici rimedi magici, e probabilmente va affrontata con più armi.
Ad esempio:
Rendere conveniente “mettersi in regola”, in quanto la mancata fatturazione rende impossibile l’accesso a determinati incentivi da parte delle imprese (Bonus fiscali, Appalti pubblici ecc.) oppure dei consumatori finali (cashback, spese detraibili ecc)
Diminuire la pressione fiscale attraverso una mirata lotta all’evasione, ogni euro recuperato dalla lotta all’evasione non deve trasformarsi in un maggiore gettito ma in una minore pressione fiscale, con sistema trasparente e condiviso con i cittadini.
Semplificare le norme, poche regole, chiare e non interpretabili in mille modi diversi.
Incentivare la crescita dimensionale delle imprese, attraverso incentivi fiscali e contributivi che agevolino le imprese, che da piccole diventano medie, almeno per i primi anni del passaggio dimensionale, facilitando inoltre un accesso al mercato dei capitali, che per sua natura rende le imprese più trasparenti.
Investire in cultura delle regole, chi non rispetta le regole fiscali e contributive alla fine danneggia anche sé stesso, perché si condanna ad un modello imprenditoriale debole che può essere messo in crisi da un improvviso controllo di un ente regolatore ed usufruisce di servizi pubblici di scarsa qualità perché non contribuisce al suo costo.
Per approfondimenti
Commissione per la redazione della Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva
https://www.mef.gov.it/ministero/commissioni/rel_ev/index.html
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