La resilienza come capacità di adattamento
Così è stato in pochi minuti e con poche parole che la nostra realtà, la nostra vita è cambiata.
Tutto d’un tratto la quotidianità si è trasformata e il conforto dato dai gesti di tutti i giorni è venuto a mancare.
Tutti noi, ognuno a modo proprio, siamo stati costretti ad un cambiamento improvviso e totalizzante volto ad affrontare questa nuova situazione ed adattarci ad essa.
Il cambiamento, la sostituzione o l’avvicendamento che riguarda in tutto o in parte la sostanza o l’aspetto di qualcosa o di qualcuno. Esso è un qualcosa a cui siamo soggetti tutti e da sempre, ch’è chiave dell’evoluzione di ogni specie vivente. Se c’è una cosa che impari studiando la Storia è quanto l’essere umano sia capace di crescere, quindi, di evolversi.
Questo grazie alla nostra capacità innata di immaginare le cose. Del resto, seguendo il pensiero dello studioso e scrittore Harari, il segreto del nostro successo come Homo Sapiens è l’immaginazione. Siamo gli unici animali capaci di parlare di cose che esistono solo nelle nostre fantasie: come le divinità, le nazioni, le leggi e i soldi.
La mente stessa non è altro che una teoria: storie pensate, raccontate, esperite, che costruiamo, rinegoziamo, adattiamo giorno dopo giorno, che si alimentano di conoscenze e scambi relazionali. Questa naturale ed unica capacità ha reso l’essere umano ricco di quella che si chiama resilienza. Letteralmente: la capacità di reagire a traumi e difficoltà, recuperando l’equilibrio psicologico attraverso la mobilitazione delle risorse interiori e la riorganizzazione in chiave positiva della struttura della personalità.
Resilienza. Questa parola meravigliosa che racchiude in sé un piccolo cosmo di concetti e ideali.
La resilienza degli esseri umani è ciò che ci ha permesso di arrivare dove siamo ed è ciò che ci spinge oggi ad uno sforzo, individuale e collettivo, per affrontare una situazione critica come molti di noi non hanno mai conosciuto. Le persone della mia generazione, infatti, non hanno mai vissuto una realtà di crisi nazionale. Per noi fortunati nati lontani dalla guerra, le uniche crisi sono state di natura economica. Non che non siano importanti, diciamo però che non si ha l’impressione di avere un nemico vicino.
Un nemico chiamato Covid-19
Covid-19, odiato e temuto.
Un nemico che non possiamo vedere e che va al di là della nostra capacità di reagire (per ora!).
Ci ha chiuso in casa, ci ha fatto smettere di andare a lavoro, ci ha fatto allontanare dai nostri amici, dai nostri familiari e dalla vita di tutti i giorni.
Chi se lo sarebbe aspettato? Nessuno. E per nessuno di noi è stato facile da accettare. Ci è voluto un po’ a capire che davvero stava succedendo. C’è stato un momento di stop, un momento di smarrimento.
All’inizio ci siamo spaventati tutti e sì, lo siamo ancora.
Ci siamo andati ad informare vedendo cosa dicessero i medici, abbiamo letto ogni articolo possibile, chiamato ogni “amico dello zio che ha il cugino che lavora in ospedale” per capire se loro, i medici, avessero una qualche risposta magica che ci aiutasse ad inquadrare la situazione. Tuttavia sta diventando sempre più chiaro per tutti noi che il sapere medico non è sufficiente da solo per fronteggiare un problema che sta diventando sempre più di carattere sociale.
Ed ecco che viene fuori la resilienza dell’uomo.
Non ho fatto in tempo a formulare nella mente questo pensiero, a chiarire a me stessa che il problema sociale sta diventando tanto grave quanto quello sanitario, che già ho trovato che ci siamo dati, in quanto esseri umani, una risposta.
E considerato che il cambiamento per propria definizione è sempre promosso da una qualche forma di relazione ed interazione, non stupisce vedere come ci siamo avvalsi di un mezzo che non cessa mai di mostrarci la sua potenza e la sua crescente importanza nella realtà attuale, internet, per riscoprire ancora una volta il valore dell’arte.
Il valore dell’arte come esperienza dello spirito
L’arte è da sempre un’arma fondamentale nella storia del genere umano.
L’arte intesa in ogni sua forma, che sia la musica che con le sue vibrazioni ci tocca nel profondo, che sia la letteratura che ci trasporta in luoghi e realtà lontane come non saprebbe fare neanche la più potente magia di Albus Silente, o che sia l’arte visiva, come un quadro, un balletto o un qualunque altro tipo di perfomance.
Ho iniziato a realizzare cosa stesse succedendo qualche sera fa, guardando il telegiornale.
Devo dire la verità, ultimamente ho un rapporto di amore/odio con le notizie, qualunque sia la forma in cui esse arrivano: sembrano un po’ prendersi gioco di me quando sono di buonumore e girare il coltello nella piaga nei giorni in cui sono giù di tono.
Se l’alternativa però è rimanere nell’ignoranza, uno lo sforzo si fa. E quella sera il mio sforzo è stato ripagato con una buona notizia: mi è capitato infatti di vedere un servizio sull’ultima opera di Bansky.
Per chi non lo sapesse, Bansky è uno sfuggente artista di strada, considerato tra i maggiori esponenti della street art e la cui identità rimane tutt’ora sconosciuta. Dunque un artista di strada costretto a starsene chiuso in casa. Sembra a dir poco un paradosso. E cosa può fare questo artista rinchiuso? Un’opera d’arte ovviamente! Solo che, date le circostanze, non può certo andarsene in giro per le strade a scegliersi un muro su cui disegnare, quindi la scelta della tela è ricaduta su un luogo poco sospetto, forse il più umile degli ambienti domestici: il bagno di casa.
L’importanza del social network
Qui entra in gioco il potente mezzo del web: solo grazie alle pagine social, infatti, attraverso le quali può diffondere l’immagine e il messaggio che essa contiene, possiamo tutti vedere di cosa si tratta.
L’opera in questione rappresenta un gruppetto di topi scatenati che mette a soqquadro il bagno, quasi a voler raffigurare la personalità dell’artista che scalpita a causa di questa clausura obbligata; eppure se lo guardiamo attentamente ognuno di noi può riconoscersi in uno di questi topi, o meglio ancora, ogni topo può essere la rappresentazione di una diversa parte della nostra sfera emotiva che scalpita per la voglia di uscire e di tornare alla vita.
Questo servizio mi ha colpita molto, e così ho deciso di dedicare una parte del mio tempo ad indagare la questione. Mi sono, dunque, preparata il quinto caffè della mattinata e ho acceso il portatile. Ed ecco qualche esempio degno di nota.
La “street art” senegalese
Restando in tema di “street art”, ma cambiando continente, a Dakar in Senegal un collettivo di artisti di strada ha messo le proprie bombolette spray al servizio della sanità pubblica.
Tra i vari murali sparsi per la capitale, ne troviamo uno nella zona del lungo mare: un murales che copre un muro lungo più di 10 metri che rappresenta un paio di mani protese verso un flacone di igienizzante e una donna con la mascherina.
Questo enorme affresco è opera di un gruppo di artisti di strada senegalesi, i “RBS crew”, che nasce nel 2012 con lo scopo, come scritto nel loro sito web, di far risuonare i messaggi “like blusts of gunfire”, cioè come colpi di arma da fuoco. Volendo riassumere un po’ la filosofia del collettivo, in quanto artisti e in quanto senegalesi si sono imposti il dovere e la responsabilità di aumentare la consapevolezza popolare attraverso l’uso delle immagini. Del resto le immagini colpiscono più delle parole, soprattutto in un contesto come quello del loro Paese dove purtroppo il livello di alfabetizzazione rimane ancora basso. Con questa ed altre opere sparse per la città, i ragazzi della “RBS crew” hanno quindi voluto farsi carico della diffusione di informazioni attraverso le immagini per incoraggiare la prevenzione e combattere l’ignoranza diffusa, riconoscibile in voci come quella che girava fino a poco tempo fa secondo la quale solo i bianchi potessero contrarre la malattia.
Il caso di Nikita ed Egor Zigura
Un altro caso interessante lo troviamo in Ucraina con il lavoro di Nikita ed Egor Zigura.
Si tratta di due fratelli scultori di fama crescente, che da sempre hanno mostrato un forte interesse per il tema della protezione ambientale e con essa del cambiamento della coscienza ambientale dell’umanità, trasponendo questo interesse in ogni singolo lavoro fatto fino ad oggi. Tra le altre cose nel 2017 sono stati ospiti in Italia nella città di Pavia presso la galleria “Alphacentauri”. Dato l’impegno sociale che li ha sempre guidati, non sorprende affatto vederli in prima linea anche nel contesto attuale. I due artisti scelgono, infatti, di mostrarsi all’opera in live stream in modo da permettere agli appassionati non solo di poter osservare le loro opere, ma anche di seguirli lungo tutto il percorso di creazione.
Questa iniziativa insieme a molte altre, si va ad inserire in un contesto di raccolta fondi per gli ospedali ucraini. Molti tra artisti, musicisti, pittori e scultori hanno aderito infatti al progetto “Stay Art Home” al fine di tenere alti gli spiriti degli spettatori e al contempo contribuire a sostenere gli sforzi delle strutture sanitarie e di tutti gli operatori.
Un altro esempio di lockdown russo
Un altro divertente esempio di come l’arte ci viene offerta, seppur chiusi nelle nostre case, lo troviamo in Russia, dove alcuni membri del corpo di ballo del teatro Mikhailovsky di San Pietroburgo hanno scelto di esibirsi in diretta dalle loro abitazioni.
Hanno iniziato quando i teatri del paese sono stati chiusi a causa del coronavirus e si impegnano regalando divertenti coreografie ai loro fans: c’è chi armeggia in cucina, chi si fa la doccia, chi spazza a terra, insomma ci mostrano il loro modo di vivere il lockdown.
Una everyday routine dove i protagonisti si muovono in una maniera che possiamo definire abbastanza peculiare portando avanti le faccende domestiche tra pliés, arabesques e rond de jambe, con tanto di inchini alla fine della performance. Non sarà la stessa cosa che andare a teatro ben vestiti e godersi tutte le parti de “Il lago dei cigni” o “Giselle”, ma la bravura dei ballerini rimane e del resto in tempo di necessità si fa quel che si può.
Il caso italiano: Jacopo Mastrangelo
Rientrando nei nostri confini e guardando proprio nel cuore del nostro Paese, per l’esattezza nel centro della capitale, abbiamo il giovane musicista di piazza Navona: Jacopo Mastrangelo.
Il video di questo 18enne che ogni giorno imbraccia la chitarra elettrica e suona per una piazza vuota, è ormai diventato virale. Ogni giorno al tramonto regala la sua musica alla città e a chiunque voglia prestargli ascolto. Suona dalla terrazza temi tratti da colonne sonore di film o brani di musicisti famosi. Il suono della chitarra risuona forte e chiaro nella piazza vuota che sin dalla prima nota viene inondata, non più di acqua come in antichità, ma di suoni e vibrazioni musicali che ci accarezzano e ci rincuorano, seppure a distanza. Il tema è diverso ogni volta, ma il messaggio rimane sempre costante: la speranza. Un messaggio di cui abbiamo tutti un grande bisogno e che, a giudicare dal numero di visualizzazioni dei video pubblicati online, arriva forte e chiaro. La piazza sarà pure vuota, per ora, ma il pubblico c’è ed è all’ascolto.
Ecco quindi un bellissimo esempio del cambiamento di cui parlavamo prima
Se è vero che la necessità fa virtù, possiamo dire con orgoglio e soddisfazione che la necessità data da ciò che ci sta capitando, ci ha resi più ricchi di iniziativa e che il bisogno di cambiare gli equilibri sociali si è tradotto in una spinta innovativa. Infatti, non avendo la possibilità di interagire nel modo tradizionale con l’audience, gli artisti in tutto il mondo stanno trovando modi alternativi per esprimere se stessi. Ecco come il balcone, la cucina, perfino il bagno, tutto diventa un palcoscenico, improvvisato certo, ma non per questo meno ricco di carica creativa. E se è vero che ogni luogo è divenuto un potenziale palcoscenico si può altresì sostenere che, grazie alla tecnologia, ogni persona al mondo è divenuta un potenziale spettatore.
Provando invece ad adottare un punto di vista diverso, possiamo forse immaginare che si stia creando una catena che spinge lo stesso spettatore ad un cambio di ruolo cercando di esprimersi lui stesso attraverso l’arte? Ebbene si, non solo possiamo immaginarlo, ma è esattamente ciò che si sta verificando. Del resto, supponendo che Newton abbia detto il vero e che quindi la terza legge della dinamica non menta, pare proprio che ad ogni azione corrisponda una reazione uguale o contraria. Infatti questa spinta artistica si sta traducendo, al di là delle opere di artisti famosi, in un’attività in cui gli spettatori stessi diventano protagonisti.
Scorrendo le immagini e le stories su Instagram, infatti, sempre più persone mostrano al mondo le proprie soddisfazioni artistiche: il quadro che hanno appena finito, il nuovo assetto della wall gallery della camera da letto, oppure come hanno pitturato quel vecchio vaso che ormai era passato di moda. Alcune persone addirittura, che siano gruppi di amici, sorelle, parenti, si danno appuntamento per disegnare in diretta durante la videochiamata quotidiana e condividere così l’estro artistico che improvvisamente sembra possedere tutti noi. Che si tratti di una semplice scelta musicale, di fare uno schizzo dell’albero di fronte casa o mettere per iscritto i propri pensieri, stiamo tutti sperimentando nuovi modi di esprimerci e di comunicare con gli altri e con noi stessi.
Conclusione
Ebbene se è vero ciò che abbiamo detto prima, cioè che il cambiamento è sempre promosso da una qualche forma di relazione ed interazione, va da sé che più relazioni abbiamo, più ruoli sociali occupiamo, più parti di noi emergono e i pensieri cambiano.
Quindi, se ognuno coltiva in modo legittimo la propria complessità, i tanti ruoli che ognuno abita, imparando ad esprimerli tutti, ci sono più probabilità di entrare in relazione con qualcuno o qualcosa che ci faccia stare bene. Questo è quello che stiamo facendo attraverso l’immaginazione, rappresentata artisticamente e diffusa tramite la tecnologia. Ho letto che le misure restrittive adottate per fronteggiare l’emergenza covid-19 che ci hanno spinto a rimanere chiusi nelle nostre case e a non affollare le strade e i luoghi pubblici, e a limitare fortemente tutto ciò che di solito è tipico delle attività antropiche, ha contribuito a far “rinascere” la natura. Dunque, potrebbe essere altrettanto giusto affermare che queste stesse cause stanno facendo “rinascere” l’arte. L’arte intesa in questo caso come la natura profonda dell’uomo, che si sta riprendendo il suo spazio nel mondo, nelle nostre case e nelle nostre menti.
Flavia Caruso