2020, della mia permanenza in Armenia, ricorderò per sempre l’odore delle pelli bruciate, degli arti lacerati, della carne annerita dalle bombe al fosforo e lo sguardo lontano, assente e già morto di giovani soldati appena diciottenni.
Nel 2020 ricorderò che la vita è andata lì, che ha lasciato il posto a una follia collettiva di cui nessuno vuole sentir parlare. Lì filmo bambini i cui gesti e parole sono diventati brutali, convulsi, incoerenti perché la guerra spezza le anime per sempre.
Nel 2020 ricorderò il silenzio straziante di città e villaggi deserti che sono diventati fantasmi che solo pochi cani vagano freneticamente.
Nel 2020, non riesco ancora a immaginare che il mondo rimarrà in silenzio su ciò che ho filmato.
Nel 2020 ricorderò che nel 2014 non volevamo sapere che era in corso l’orrore dei corpi straziati. Altrove, in Ucraina. Filmerò anche. E nessuno vorrà evocare il dramma di vite umane sconvolte dalla hybris degli uomini.
Nel 2023, concluderò che all’alba della Terza Guerra Mondiale, lavorare per il dialogo e la pace diventerà forse per la prima volta nella storia sospetto e riprovevole.
Quanti corpi spezzati dovremo accettare perché qualcuno osi parlare dell’urgenza di un piano di pace internazionale? Immaginare insieme il mondo di domani sarebbe diventato impensabile?
Il mondo deve cambiare. Tutto ciò che è stato fatto può essere annullato. Abbiamo perso la speranza, la determinazione e la convinzione che insieme possiamo ancora rendere questa realtà un mondo migliore?
Dal 2014 guardo e filmo faccia a faccia la morte e la sofferenza umana. La barbarie è ovunque. Solo gli uomini di saggezza cambieranno il gioco. Qualità più che quantità.
Invertire la macabra storia che sta prendendo forma, offrire prospettive internazionali di dialogo. Lottare e dialogare per la pace è un dovere collettivo. Dove sono le voci di pace e di speranza di cui abbiamo tanto bisogno adesso?
Chi oserà diventare strumento di pace, unione e speranza?