L’artista e fotografo francese in collaborazione con Marisa Zattini, art director, architetto e curatrice del progetto, concepisce un itinerario sinestetico ed epifanico che si snoda attraverso tre tappe nella città cesenate, con opere collocate all’interno della Chiesa neoclassica di Santa Cristina, nella settecentesca Chiesa di San Zenone e in una stanza de Il Vicolo Interior Design.
Diverse sono le direttrici poetiche su cui si articola il percorso intimo ideato da Michel Rosenfelder: l’intento dell’artista è quello di far cogliere l’intangibile senso di stupore e di introspezione che si manifesta entrando nei due luoghi di culto, dove “abitano” oggi le due installazioni “Gli spettri nascosti” e “Abbattere i muri”.
Una volta entrati in questi suggestivi contenitori architettonici si viene accolti dalla sacralità degli ambienti e da un’aura mistica generata dalle 19 opere fotografiche, colte e immortalate da Michel Rosenfelder durante i suoi innumerevoli viaggi (Vietnam, India, Messico). L’artista ritrae frammenti di “muri” urbani per rappresentare metaforicamente lo scorrere del tempo, in quanto l’istantanea fotografica rivela anche la loro storia ed il loro passato.
Si tratta di muri ripresi ad una distanza ravvicinata. In un raffinato processo di astrazione il muro diventa oggetto di «trama di vita, riflessione sociale, reperto estrapolato dall’inquinamento visivo che ci circonda e destinato a nuova metamorfosi», come sottolinea l’architetto Zattini. E ancora l’artista sottolinea: «Il fascino che provo per le mura che contemplo a lungo nel corso dei miei viaggi, delle mie peregrinazioni è di ordine fisico, spirituale e simbolico». Perché «Se il muro chiude… io apro».
La materialità delle superfici e le loro cromie assumono infatti un significato “altro” che conducono il fruitore ad avere uno sguardo inedito su di esse. La fotografia diviene perciò il catalizzatore dell’hic et nunc vissuto da Rosenfelder al momento dello scatto. Così l’opera ci restituisce non solo il suo personale punto di vista ma anche l’esperienza trascendentale esperita davanti al muro.
Le opere (14 + 5) sono state stampate con la tecnica “Lambda”: in primo luogo l’immagine viene esposta ad una sorgente luminosa laser, attraverso un’apparecchiatura di ingrandimento, per poi essere impressa (come avviene nella camera oscura) su carta (opaca o lucida). Questa viene poi fissata su supporto dibond: una superficie di alluminio sottile e rigido. Queste peculiarità tecniche si possono rilevare in modo ‘ravvicinato’ osservando la serie “Abbattere i muri” composta da cinque grandi tavole, posizionate al centro della Chiesa di San Zenone e, in un formato più piccolo, negli spazi de Il Vicolo Interior Design.
L’artista non interviene mai nei processi di post-produzione: al massimo può ruotare l’immagine, per enfatizzare ancor di più le caratteristiche estetico-formali del soggetto fotografato.

Chiesa di Santa Cristina. “Gli spettri nascosti”
Situata in contrada Chiaramonti, la Chiesa di Santa Cristina affascina per il suo stile squisitamente neoclassico. Edificata tra il 1816 e il 1825, ad opera dell’architetto Giuseppe Valadier, su volere di papa Pio VII Chiaramonti, essa si distingue per la sua particolare struttura architettonica caratterizzata, al suo interno, da una pianta circolare, un soffitto a cupola “a cassettoni”, con un’apertura sferica che ricorda quella del Pantheon.
La chiesa, oltre ad essere un luogo di culto, è divenuto anche luogo di memoria storica per la comunità cesenate. Infatti, durante la Seconda Guerra mondiale, duecento sfollati si rifugiarono nella cripta per nascondersi dagli attacchi dei nemici e dalle bombe.
È proprio in questo ambiente intriso di spiritualità e commozione, che Michel Rosenfelder ha deciso di intervenire con l’opera site specific “Gli spettri nascosti”: 14 fotografie che rievocano le anime delle persone che qui trovarono rifugio.
Una sola opera, di grande formato, è stata collocata all’interno della chiesa circolare, posizionata sul pavimento, perpendicolarmente all’oculus della cupola. Le altre tredici tavole fotografiche sono state posizionate nella cripta della chiesa e disposte in maniera circolare.


La prima opera al piano terra, la più ‘astratta’ della serie, riporta il dettaglio di un muro fotografato a Siracusa. Si tratta di una superficie scalfita dal tempo e dalla mano dell’uomo: la patina è erosa, annerita dall’umidità; sono presenti incisioni e graffiti multipli. L’opera, dal titolo significativo Pensées Noires, raccoglie metaforicamente tutte le preghiere e le suppliche di salvezza degli uomini nascosti nella cripta durante uno dei momenti più tragici della storia del secolo scorso. Tredici piccole candele sono disposte attorno all’opera donandole un’aura di sacralità. Ogni luce idealmente si trasforma e si materializza in affascinanti riproduzioni fotografiche nell’ipogeo sottostante la chiesa.


I sedimenti e le macchie depositate sulle tredici superfici murarie selezionate dall’artista ci restituiscono immagini che propendono maggiormente al ‘figurativo’. Si intravedono, infatti, sagome antropomorfe più o meno riconoscibili. Ogni opera diventa così il simulacro di volti che hanno trovato protezione e riparo in questo luogo. Le anime di questi uomini si aggirano ancora tra queste mura e la loro ‘presenza’ è ancora palpabile. Il silenzio del luogo viene interrotto da vibrazioni sonore ipnotiche, alternate ad una voce femminile che sussurra frasi intrise di speranza e bellezza, rendendo la fruizione dell’installazione ancor più sinestetica e ‘panica’.
Chiesa di San Zenone – Abbattere i muri
Nel cuore del centro storico di Cesena, in prossimità della Porta Cervese (l’odierna ‘Barriera’) si scorge una piccola chiesa, eretta in onore di San Zenone. Le ricerche attestano che, già nella seconda metà del 1300, l’area era già destinata al culto cattolico, ed è proprio su questo sito che sorgeva l’antico convento dei Fraticelli, anche se non vi sono date certe sulla sua fondazione. Nel corso dei secoli, ci furono dei cambiamenti che portarono alla riconversione dell’edificio in una chiesa e l’avvio di modifiche all’impianto architettonico, fino ad arrivare agli anni Sessanta del XVIII secolo in cui don Matteo Malatesta decise di ampliare la struttura preesistente, affidando il progetto all’architetto Pietro Carlo Borboni.

Venne adottato un impianto semplice ed essenziale caratterizzato da un interno a pianta longitudinale composta da un’unica navata con abside e catino, ed esternamente da una facciata sobria a timpano. Dell’antica struttura rimane solo il campanile realizzato nell’XI secolo, divenendo così l’unica testimonianza romanica superstite sul territorio cesenate.
La Chiesa, di piccole dimensioni, conserva al suo interno opere dal grande valore artistico, come i suggestivi affreschi di Giuseppe Milani.
Estremamente interessante, dunque, è il dialogo che si crea fra opere d’arte antica e installazione contemporanea.

Le grandi tavole fotografiche collocate centralmente a terra, immerse fra rovine di sabbia e ghiaia, richiamano in maniera simbolica lo smantellamento delle barriere morali, religiose e sociali di cui l’uomo è spesso ‘schiavo’. Sono i muri che ogni uomo deve costantemente affrontare e ‘demolire’ per liberarsi dai propri pregiudizi. Ma l’esperienza immersiva che si prova contemplando quest’opera non è ancora conclusa. Assistiamo infatti ad un ulteriore scardinamento emozionale: i preziosi affreschi settecenteschi del Milani, dall’alto, interagiscono con i lavori policromi di Rosenfelder creando un’osmosi inedita e multiforme che va oltre l’ineluttabilità spazio-temporale. Una foschia densa si diffonde nell’ambiente e tutto avvolge. È il segno, forse, di un nuovo inizio fra mondo materiale e spirituale: i muri materici e mentali sono stati frantumati lasciando soltanto polvere e macerie, generando nuove e inaspettate visioni su ciò che ci circonda.
